Scrivo che siamo rientrati da due settimane… Sono ancora frastornata, tornare alla mia quotidianità fatta di traffico, spazi ristretti e duro lavoro non è facile, soprattutto dopo aver assaporato per tre settimane una dimensione spazio temporale assolutamente diversa, laggiù in Patagonia…
Non so dire come immaginavo questo luogo dai confini geografici così incerti… Il nome “Patagonia” evocava in me fin da quand’ero bambina una sorta di richiamo speciale, come se in sé avesse qualcosa di fiabesco e di magico…
Certo è un luogo “lontano”, che la bassa densità di popolazione e le connotazioni geografiche contribuiscono a far sembrare ancora più lontano…
Percorrere 3500 km, in buona parte su desolati sterrati, in sella ad un GS650 preso a noleggio, da Oshorno a Punta Arenas per me e Andrea è un qualcosa che ha il gusto adrenalinico ed avventuroso di una grande impresa…
E’ la prima volta che usciamo dall’Europa in autonomia, senza il sostegno di un’agenzia e di una guida, e questo dà ancora più gusto alla nostra avventura… Con noi c’è Bazu, compagno di giochi ed amico speciale che tre anni fa lanciò la sfida e pronunciò la magica frase: “Mici, vi va di andare in Cile?”
Da allora di strada ne abbiamo fatta tanta, tutta su due ruote, migliaia e migliaia di chilometri, senza che questo sogno potesse concretizzarsi: ogni anno c’era un ostacolo o magari un’occasione od un progetto differente da cogliere al volo (come il viaggio in Nepal dell’anno scorso)…o, più semplicemente, una scusa perché non ci sentivamo ancora pronti! Poi finalmente abbiamo colto l’attimo e fissato il volo…
Sette mesi dopo eccoci su quel volo, destinazione Santiago via Buenos Aires e poi Oshorno dove le ci attendono le nostre cavalcature…
Arriviamo che naturalmente piove, nonostante sia estate… Sonia e Roberto, proprietari di Motoavventura, ci accolgono prodighi di consigli ed aggiornamenti sullo stato delle strade che percorreremo con le loro moto… E’ il 21 mattina che saliamo in sella alla nostra motina e puntiamo il manubrio verso le magiche Ande… Siamo in tre ed ognuno di noi ha un desiderio principale: Andrea vuol percorrere la Carrettera Austral, nonostante la sua proverbiale paura del ripio (lo sterrato) e nonostante le pessime condizioni in cui attualmente questa strada di montagna versa; Bazu è a caccia di facce, vuol godersi le piccole cittadine e soprattutto gli sperduti villaggi andini che ci daranno ristoro a fine giornata; io, invece, sogno le gite in barca tra pinguini, delfini, leoni di mare ed elefanti marini… Tutti e tre realizzeremo i nostri desideri, in totale condivisione ed armonia…
La prima parte del nostro viaggio è molto accidentata: freddo, pioggia, sterrato pieno di buche e reso più difficoltoso dal fango dovuto alle abbondanti precipitazioni, doganieri cileni rompiballe in nome della tutela della biodiversità, i miei stivali della moto che decidono di crepare proprio sulle Ande… Ma prendiamo tutto a ridere, siamo felici di essere lì, sperduti tra le montagne, sulla mitica Carretera Austral, sigillati nel nostro sacco a pelo in un villaggio sperduto tra le montagne a casa di un signore che si chiama Isidro e che è davvero buffo…
Godersi un thermos di caffè italiano fatto con la moka e bollente tra queste meravigliose montagne ci dà la carica e ci aiuta a combattere il freddo, insieme ad un raggio di sole improvviso che per un attimo dà al verde dei prati ed all’azzurro dei laghi una luce speciale, dalla dominante bianca, che rende il paesaggio meraviglioso e fa risaltare ogni fiore, ogni animale, ogni cosa su cui il nostro sguardo si posa…
Andrea sembra aver vinto la paura dello sterrato, è concentratissimo ma anche gasato, guida con brio e decisione, tra buche, polvere e urla di gioia…Ricorderò per sempre la felicità di quei momenti, sperduti tra le Ande, con i cuori che battevano all’unisono e la consapevolezza che un sogno cullato a lungo prendeva meravigliosamente forma… La strada è pazzesca: è un continuo sali e scendi sterrato e cieco, tra laghi, alberi semisommersi dalle abbondanti piogge e cascate…Nei tratti meno impegnativi, quando ho licenza di muovermi anziché essere un tutt’uno con mezzo e conducente, allargo le braccia ed alzo il casco come a respirare profondo in simbiosi con la natura che ci circonda…
Ho sacrificato la macchina fotografica in nome delle riprese: voglio rivedere il movimento della moto, del vento, degli alberi…il sobbalzare del GS sulle buche…le gocce di pioggia che dispettose si fermano sull’obiettivo, gli animali che corrono liberi nella natura, i fenicotteri che volano abbagliandoti di rosa… Voglio sentire le nostre urla di gioia quando lo sterrato finisce per darci 30 km di asfalto e di respiro…Mi sento libera, davvero e profondamente libera…
Bariloche, Esquel, Villa Santa Lucia, Cohyaque…Arriva il 25 dicembre, il giorno di Natale, e ci trova bagnati e “arruffati” dal vento in quel di Puerto Ingegner Ibanez, villaggio da dove parte il traghetto per Chile Chico… Non ci sono alberghi, l’unico bar è chiuso, le strade sono deserte a parte qualche cane, piove e fa un freddo tremendo; Bazu - ribattezzato Don Pedro dalla locandiera di Villa Santa Lucia di cui ha apprezzato il cheso casareccio, il pane fatto in casa e l’abbondante cordero assado- bussa senza esitazioni all’Hospitaie Maria, che per circa 15 dollari a cranio ci darà letto, colazione e pranzo di Natale… Fa davvero molto freddo…
Parcheggiamo le moto sotto una tettoia, accanto ad una folta pelliccia di agnello appena scuoiato; deposti i panni bagnati davanti alla stufa, facciamo qualche foto nel soggiorno accanto all’albero di Natale… Una bambina di circa 10 anni ci regala un lecca lecca colorato in segno di amicizia, due bimbe più piccole, dalle guance rosa e paffute giocano con i doni che ha portato Babbo Natale appena qualche ora prima, la tv manda dediche e canzoni melense e poi una rubrica di cucina che la padrona di casa segue con molta attenzione… Vedo tante facce di età diverse, tutte ci sorridono…solo a pranzo però potrò contare gli effettivi membri di questa affiatata famigliola che ci ha accolto in casa la mattina di Natale: sono in undici!
Fuori, sulla brace, infilzato in un ferro dopo essere stato aperto, c’è l’agnello… Una volta cotto viene portato in casa e tagliato disordinatamente su un tavolino messo al centro della stanza… Sul tavolo del pranzo compaiono patate lesse, insalata, un trito piccante di erbe, una specie di insalata russa, del pane fatto in casa ed una bottiglia di vino… Vedo la padrona di casa tirare fuori da un mobile una scatola con dei bicchieri nuovi: sono per noi…
Il tempo di mangiare e di sorseggiare un tè ed il padrone di casa ci invita ad una gita col suo pulmino: prima ci porta a visitare una cascata imponente affrontando lo sterrato per raggiungerla come fosse un’autostrada, poi ci fa fare il giro turistico del paese…Ci racconta di lui, che fa il bomberos (vigile del fuoco) e mille altre cose; si ferma a parlare con dei compaesani che gli chiedono un po’ di benzina, il tempo per lui ha un significato differente da quello a cui siamo abituati noi, per fortuna!
I bimbi più piccoli sono venuti con noi: loro sono a maniche corte, noi siamo tutti incappucciati dato che al massimo ci saranno 5-6 gradi… Poi un raggio di sole e una lunga passeggiata a piedi a caccia di immagini insolite e di auto truccate (in Cile ce ne sono un’infinità, ed osservarle è sorprendentemente gustoso)… Riusciamo a comprare un paio di bottiglie di coca cola e del cioccolato e andiamo fino al molo dove –ubriachi di felicità e buonumore- ci esibiamo in una gara di rutti di cui neppure oggi provo vergogna…Che magico Natale! E che splendida famiglia! Non importa che il nostro letto sia scomodo e la nostra stanza fredda e sporca, con l’unica presa elettrica rotta, né che il bagno sia trai peggiori finora incontrati, siamo grati a questa gente di averci regalato questo Natale così vero, semplice e gioioso…
Il ferry per Chile Chico è un’altra esperienza unica! Tutti ci guardano strani, due tizie mi fanno addirittura delle foto…sembra che non abbiano mai visto dei centauri! La traversata è spettacolare nonostante la barca si muova molto a causa del lago agitato dal forte vento…
Da Chile Chico il nostro viaggio incontra una nuova protagonista, che ci accompagnerà fino alla fine del mondo: la pampa! Non so se definirla steppa, deserto, prateria…Camminarci sopra è un’esperienza strana, divertente e soffice…Il sole le dà un riflesso d’oro e piano piano comincia a popolarsi di animali: cavalli, mucche, pecore, lepri…ma soprattutto nandù e guanachi… Mi affascinano gli animaletti della pampa, hanno una grazia particolare nel muoversi col vento, hanno paura di noi ma al tempo stesso sono incuriositi e dunque –dopo la fuga iniziale- si fermano a debita distanza per osservarci…Bazu fuma e intanto fa la radiocronaca alle mie riprese, parla di stufato di guanaco e di altre oscenità, l’unico modo che ho per azzittirlo è un buon thermos di caffè bollente!
A parte noi, passa giusto qualche camion, tutti salutano come se ci si conoscesse da sempre… Le pompe di benzina –tutte segnate su un’apposita mappa-sono delle vere e proprie oasi nel deserto, addirittura segnalate sui rarissimi cartelli stradali che incontriamo…Le nuvole sono dense e basse, rendono il cielo ancora più immenso…
Cominciano i pozzi di petrolio e le orrende baraccopoli che li circondano… Dopo svariate ore di ferry e circa 400 km di pampa, siamo costretti a fermarci per la notte a Pino Truncado e per la prima e ultima volta avvertiamo ansia e un po’ di paura per le moto parcheggiate davanti allo squallido hotel Namastè che ci ospita, nonostante il portiere di notte ce le abbia fatte mettere sotto la videocamera di sicurezza…
L’indomani facciamo tappa a Puerto San Julien, decadente cittadina sul mare piena di fascino e di storia: vi trascorreremo due giorni, così da poter andare in barca a visitare un’isola piena di pinguini di Magellano e soprattutto per riposarci un po’ in un hotel accogliente e caldo situato in riva al mare e bellissimo, nonostante costi appena 20 dollari a testa… Abbiamo da fare un po’ di servizietti: sigillare gli squarci dei miei stivali con del silicone, sperando che reggano meglio l’acqua, rifornirci di buste di plastica in cui infilare i miei piedi, trovare delle lampadine per gli stop di Clara, la nostra moto, cambiare un po’ di dollari in pesos, pianificare al meglio i giorni rimanenti…
Che belli i pinguini di Magellano! Osservarli con i loro pulcini nelle tane e in riva al mare è bellissimo! La camminata impacciata, il saltellare fino a riva su una duna di sassi, il tuffarsi in acqua dove ci sono cibo e compagni di giochi, quella pinna che si apre a proteggere un pulcino che già sta perdendo il pelo e mettendo le squame: che infinita tenerezza! La cosa che più mi colpisce è sapere che hanno la stessa compagna per tutta la loro vita, che dura circa 30 anni…Attorno delfini, cormorani, chiassosi gabbiani ed altri grossi uccelli dal becco affilato di cui ignoro il nome…Dopo circa 300 chilometri di pampa (ancora pampa!) arriviamo a El Calafate, una specie di Cortina d’Ampezzo sudamericana, base di partenza per il ghiacciaio del Perito Moreno… Qui trascorreremo il capodanno, in una bellissima cornice, dopo aver ammirato da vicino l’immensità del Perito Moreno e del lago Argentino zeppo di fenicotteri rosa…
Il ghiacciaio da solo già vale il viaggio: è stupefacente guardarlo da un battello che per circa un’ora fluttua leggero tra gli iceberg consentendoci di ammirare ogni crepa del ghiaccio da ogni latitudine…Però c’è un po’ troppa gente rispetto ai giorni scorsi, troppa civiltà moderna, troppi italiani in giro intenti a fare shopping per le vie di El Calafate! Ripenso alle Ande desolate attraversate dalla Carretera Austral e penso che per fortuna i vacanzieri che dall’Italia sono arrivati direttamente a El Calafate e che a fine viaggio avranno due soli nuovi timbri sul passaporto (e non 12 come noi), in realtà si sono persi la parte più bella ed autentica del viaggio…ammesso che a loro la casa di Isidro potesse dare lo stesso buonumore!
Riprendiamo la Ruta 40 e, dopo uno sterrato piuttosto impegnativo che Andrea affronta senza esitazioni, arriviamo a Cerro Castillo, la nostra base di partenza per il bellissimo Parco Torres del Paine, che da solo vale il viaggio…E’ qui che conosceremo la furia del vento della Patagonia, le sue raffiche che arrivano addirittura a spostarti fino a quasi farti cadere: ma siamo prudenti e dunque gli cediamo il passo, parcheggiamo le moto al sicuro e saliamo su un bus turistico guidato da un pazzo scatenato tra laghi, ghiacciai e frotte di guanachi…
Un condor ci regala un lungo spettacolare volo a bassa quota…Ce ne sono ovunque, basta alzare gli occhi al cielo!
Siamo a due passi dalla frontiera e così ci divertiamo a spiare il passaggio degli altri e ci imbattiamo in una simpatica coppia di ciclisti romani che incontreremo per caso svariate altre volte anche a parecchi chilometri di distanza…
L’indomani, pur avendo percorso soli 70 chilometri, desiderosi di un bagno caldo e di un buon letto ci fermiamo a Puerto Natales, prima di arrivare alla tappa finale del viaggio in moto: Punta Arenas, dove sosteremo per tre notti prima di salire sul bus che ci porterà a Ushuaia in Tierra del Fuego, da dove partirà l’aereo del ritorno…
A bordo di una specie di sottomarino da 20 posti (con partenza alle 7 del mattino per evitare il mare mosso!!) visitiamo le spettacolari Isla Maddalena, con la più grande pinguinera d tutto il Cile, e Isla Marta con i suoi giganteschi e tenerissimi leoni
marini….Poi, l’indomani, lo sterrato peggiore del viaggio per raggiungere in giornata un’altra pinguinera, l’unica raggiungibile via terra, Seno Otway…
L’ultima sera, dopo aver deposto i miei stivalacci da moto nella pattumiera, ci diamo un po’ dentro col pisco e con il vino tinto, ma bisogna festeggiare! Purtroppo il viaggio è terminato, ma tutto è andato benissimo, siamo riusciti a compiere il nostro giro nei tempi stabiliti senza rinunciare a niente, siano tutti interi e le moto non hanno dato nessun problema…
Il viaggio di ritorno è un calvario: 12 ore di autobus fino alla bella Ushuaia, tre ore di dogana a causa di uno sciopero dei doganieri cileni, tre aerei e un assurdo overbooking su biglietti presi e pagati con sette mesi di anticipo, un ritardo che rischia di farci restare a terra a Madrid…
Quando arriviamo a casa, i muciaci insistono perché io scenda mentre loro vanno a parcheggiare e a scaricare: okay, ho capito cosa vogliono, e così appena messo piede dentro in un batter d’occhio metto a fare il sugo di pomodoro e olive! Mezzo chilo di pasta in tre, una buona bottiglia di vino, pizza bianca e formaggio fuso, un dolcino e siamo di nuovo in festa!
Che dire di questo viaggio? Lo sto ruminando piano piano, è quasi un miracolo che stasera io sia riuscita a scrivere queste pagine perché ancora non riesco a raccontarlo bene a nessuno…L’unica cosa che so per certo è che non ho più paura di andare lontano, è come se questo viaggio mi avesse aperto le porte del mondo…
Non so dire come immaginavo questo luogo dai confini geografici così incerti… Il nome “Patagonia” evocava in me fin da quand’ero bambina una sorta di richiamo speciale, come se in sé avesse qualcosa di fiabesco e di magico…
Certo è un luogo “lontano”, che la bassa densità di popolazione e le connotazioni geografiche contribuiscono a far sembrare ancora più lontano…
Percorrere 3500 km, in buona parte su desolati sterrati, in sella ad un GS650 preso a noleggio, da Oshorno a Punta Arenas per me e Andrea è un qualcosa che ha il gusto adrenalinico ed avventuroso di una grande impresa…
E’ la prima volta che usciamo dall’Europa in autonomia, senza il sostegno di un’agenzia e di una guida, e questo dà ancora più gusto alla nostra avventura… Con noi c’è Bazu, compagno di giochi ed amico speciale che tre anni fa lanciò la sfida e pronunciò la magica frase: “Mici, vi va di andare in Cile?”
Da allora di strada ne abbiamo fatta tanta, tutta su due ruote, migliaia e migliaia di chilometri, senza che questo sogno potesse concretizzarsi: ogni anno c’era un ostacolo o magari un’occasione od un progetto differente da cogliere al volo (come il viaggio in Nepal dell’anno scorso)…o, più semplicemente, una scusa perché non ci sentivamo ancora pronti! Poi finalmente abbiamo colto l’attimo e fissato il volo…
Sette mesi dopo eccoci su quel volo, destinazione Santiago via Buenos Aires e poi Oshorno dove le ci attendono le nostre cavalcature…
Arriviamo che naturalmente piove, nonostante sia estate… Sonia e Roberto, proprietari di Motoavventura, ci accolgono prodighi di consigli ed aggiornamenti sullo stato delle strade che percorreremo con le loro moto… E’ il 21 mattina che saliamo in sella alla nostra motina e puntiamo il manubrio verso le magiche Ande… Siamo in tre ed ognuno di noi ha un desiderio principale: Andrea vuol percorrere la Carrettera Austral, nonostante la sua proverbiale paura del ripio (lo sterrato) e nonostante le pessime condizioni in cui attualmente questa strada di montagna versa; Bazu è a caccia di facce, vuol godersi le piccole cittadine e soprattutto gli sperduti villaggi andini che ci daranno ristoro a fine giornata; io, invece, sogno le gite in barca tra pinguini, delfini, leoni di mare ed elefanti marini… Tutti e tre realizzeremo i nostri desideri, in totale condivisione ed armonia…
La prima parte del nostro viaggio è molto accidentata: freddo, pioggia, sterrato pieno di buche e reso più difficoltoso dal fango dovuto alle abbondanti precipitazioni, doganieri cileni rompiballe in nome della tutela della biodiversità, i miei stivali della moto che decidono di crepare proprio sulle Ande… Ma prendiamo tutto a ridere, siamo felici di essere lì, sperduti tra le montagne, sulla mitica Carretera Austral, sigillati nel nostro sacco a pelo in un villaggio sperduto tra le montagne a casa di un signore che si chiama Isidro e che è davvero buffo…
Godersi un thermos di caffè italiano fatto con la moka e bollente tra queste meravigliose montagne ci dà la carica e ci aiuta a combattere il freddo, insieme ad un raggio di sole improvviso che per un attimo dà al verde dei prati ed all’azzurro dei laghi una luce speciale, dalla dominante bianca, che rende il paesaggio meraviglioso e fa risaltare ogni fiore, ogni animale, ogni cosa su cui il nostro sguardo si posa…
Andrea sembra aver vinto la paura dello sterrato, è concentratissimo ma anche gasato, guida con brio e decisione, tra buche, polvere e urla di gioia…Ricorderò per sempre la felicità di quei momenti, sperduti tra le Ande, con i cuori che battevano all’unisono e la consapevolezza che un sogno cullato a lungo prendeva meravigliosamente forma… La strada è pazzesca: è un continuo sali e scendi sterrato e cieco, tra laghi, alberi semisommersi dalle abbondanti piogge e cascate…Nei tratti meno impegnativi, quando ho licenza di muovermi anziché essere un tutt’uno con mezzo e conducente, allargo le braccia ed alzo il casco come a respirare profondo in simbiosi con la natura che ci circonda…
Ho sacrificato la macchina fotografica in nome delle riprese: voglio rivedere il movimento della moto, del vento, degli alberi…il sobbalzare del GS sulle buche…le gocce di pioggia che dispettose si fermano sull’obiettivo, gli animali che corrono liberi nella natura, i fenicotteri che volano abbagliandoti di rosa… Voglio sentire le nostre urla di gioia quando lo sterrato finisce per darci 30 km di asfalto e di respiro…Mi sento libera, davvero e profondamente libera…
Bariloche, Esquel, Villa Santa Lucia, Cohyaque…Arriva il 25 dicembre, il giorno di Natale, e ci trova bagnati e “arruffati” dal vento in quel di Puerto Ingegner Ibanez, villaggio da dove parte il traghetto per Chile Chico… Non ci sono alberghi, l’unico bar è chiuso, le strade sono deserte a parte qualche cane, piove e fa un freddo tremendo; Bazu - ribattezzato Don Pedro dalla locandiera di Villa Santa Lucia di cui ha apprezzato il cheso casareccio, il pane fatto in casa e l’abbondante cordero assado- bussa senza esitazioni all’Hospitaie Maria, che per circa 15 dollari a cranio ci darà letto, colazione e pranzo di Natale… Fa davvero molto freddo…
Parcheggiamo le moto sotto una tettoia, accanto ad una folta pelliccia di agnello appena scuoiato; deposti i panni bagnati davanti alla stufa, facciamo qualche foto nel soggiorno accanto all’albero di Natale… Una bambina di circa 10 anni ci regala un lecca lecca colorato in segno di amicizia, due bimbe più piccole, dalle guance rosa e paffute giocano con i doni che ha portato Babbo Natale appena qualche ora prima, la tv manda dediche e canzoni melense e poi una rubrica di cucina che la padrona di casa segue con molta attenzione… Vedo tante facce di età diverse, tutte ci sorridono…solo a pranzo però potrò contare gli effettivi membri di questa affiatata famigliola che ci ha accolto in casa la mattina di Natale: sono in undici!
Fuori, sulla brace, infilzato in un ferro dopo essere stato aperto, c’è l’agnello… Una volta cotto viene portato in casa e tagliato disordinatamente su un tavolino messo al centro della stanza… Sul tavolo del pranzo compaiono patate lesse, insalata, un trito piccante di erbe, una specie di insalata russa, del pane fatto in casa ed una bottiglia di vino… Vedo la padrona di casa tirare fuori da un mobile una scatola con dei bicchieri nuovi: sono per noi…
Il tempo di mangiare e di sorseggiare un tè ed il padrone di casa ci invita ad una gita col suo pulmino: prima ci porta a visitare una cascata imponente affrontando lo sterrato per raggiungerla come fosse un’autostrada, poi ci fa fare il giro turistico del paese…Ci racconta di lui, che fa il bomberos (vigile del fuoco) e mille altre cose; si ferma a parlare con dei compaesani che gli chiedono un po’ di benzina, il tempo per lui ha un significato differente da quello a cui siamo abituati noi, per fortuna!
I bimbi più piccoli sono venuti con noi: loro sono a maniche corte, noi siamo tutti incappucciati dato che al massimo ci saranno 5-6 gradi… Poi un raggio di sole e una lunga passeggiata a piedi a caccia di immagini insolite e di auto truccate (in Cile ce ne sono un’infinità, ed osservarle è sorprendentemente gustoso)… Riusciamo a comprare un paio di bottiglie di coca cola e del cioccolato e andiamo fino al molo dove –ubriachi di felicità e buonumore- ci esibiamo in una gara di rutti di cui neppure oggi provo vergogna…Che magico Natale! E che splendida famiglia! Non importa che il nostro letto sia scomodo e la nostra stanza fredda e sporca, con l’unica presa elettrica rotta, né che il bagno sia trai peggiori finora incontrati, siamo grati a questa gente di averci regalato questo Natale così vero, semplice e gioioso…
Il ferry per Chile Chico è un’altra esperienza unica! Tutti ci guardano strani, due tizie mi fanno addirittura delle foto…sembra che non abbiano mai visto dei centauri! La traversata è spettacolare nonostante la barca si muova molto a causa del lago agitato dal forte vento…
Da Chile Chico il nostro viaggio incontra una nuova protagonista, che ci accompagnerà fino alla fine del mondo: la pampa! Non so se definirla steppa, deserto, prateria…Camminarci sopra è un’esperienza strana, divertente e soffice…Il sole le dà un riflesso d’oro e piano piano comincia a popolarsi di animali: cavalli, mucche, pecore, lepri…ma soprattutto nandù e guanachi… Mi affascinano gli animaletti della pampa, hanno una grazia particolare nel muoversi col vento, hanno paura di noi ma al tempo stesso sono incuriositi e dunque –dopo la fuga iniziale- si fermano a debita distanza per osservarci…Bazu fuma e intanto fa la radiocronaca alle mie riprese, parla di stufato di guanaco e di altre oscenità, l’unico modo che ho per azzittirlo è un buon thermos di caffè bollente!
A parte noi, passa giusto qualche camion, tutti salutano come se ci si conoscesse da sempre… Le pompe di benzina –tutte segnate su un’apposita mappa-sono delle vere e proprie oasi nel deserto, addirittura segnalate sui rarissimi cartelli stradali che incontriamo…Le nuvole sono dense e basse, rendono il cielo ancora più immenso…
Cominciano i pozzi di petrolio e le orrende baraccopoli che li circondano… Dopo svariate ore di ferry e circa 400 km di pampa, siamo costretti a fermarci per la notte a Pino Truncado e per la prima e ultima volta avvertiamo ansia e un po’ di paura per le moto parcheggiate davanti allo squallido hotel Namastè che ci ospita, nonostante il portiere di notte ce le abbia fatte mettere sotto la videocamera di sicurezza…
L’indomani facciamo tappa a Puerto San Julien, decadente cittadina sul mare piena di fascino e di storia: vi trascorreremo due giorni, così da poter andare in barca a visitare un’isola piena di pinguini di Magellano e soprattutto per riposarci un po’ in un hotel accogliente e caldo situato in riva al mare e bellissimo, nonostante costi appena 20 dollari a testa… Abbiamo da fare un po’ di servizietti: sigillare gli squarci dei miei stivali con del silicone, sperando che reggano meglio l’acqua, rifornirci di buste di plastica in cui infilare i miei piedi, trovare delle lampadine per gli stop di Clara, la nostra moto, cambiare un po’ di dollari in pesos, pianificare al meglio i giorni rimanenti…
Che belli i pinguini di Magellano! Osservarli con i loro pulcini nelle tane e in riva al mare è bellissimo! La camminata impacciata, il saltellare fino a riva su una duna di sassi, il tuffarsi in acqua dove ci sono cibo e compagni di giochi, quella pinna che si apre a proteggere un pulcino che già sta perdendo il pelo e mettendo le squame: che infinita tenerezza! La cosa che più mi colpisce è sapere che hanno la stessa compagna per tutta la loro vita, che dura circa 30 anni…Attorno delfini, cormorani, chiassosi gabbiani ed altri grossi uccelli dal becco affilato di cui ignoro il nome…Dopo circa 300 chilometri di pampa (ancora pampa!) arriviamo a El Calafate, una specie di Cortina d’Ampezzo sudamericana, base di partenza per il ghiacciaio del Perito Moreno… Qui trascorreremo il capodanno, in una bellissima cornice, dopo aver ammirato da vicino l’immensità del Perito Moreno e del lago Argentino zeppo di fenicotteri rosa…
Il ghiacciaio da solo già vale il viaggio: è stupefacente guardarlo da un battello che per circa un’ora fluttua leggero tra gli iceberg consentendoci di ammirare ogni crepa del ghiaccio da ogni latitudine…Però c’è un po’ troppa gente rispetto ai giorni scorsi, troppa civiltà moderna, troppi italiani in giro intenti a fare shopping per le vie di El Calafate! Ripenso alle Ande desolate attraversate dalla Carretera Austral e penso che per fortuna i vacanzieri che dall’Italia sono arrivati direttamente a El Calafate e che a fine viaggio avranno due soli nuovi timbri sul passaporto (e non 12 come noi), in realtà si sono persi la parte più bella ed autentica del viaggio…ammesso che a loro la casa di Isidro potesse dare lo stesso buonumore!
Riprendiamo la Ruta 40 e, dopo uno sterrato piuttosto impegnativo che Andrea affronta senza esitazioni, arriviamo a Cerro Castillo, la nostra base di partenza per il bellissimo Parco Torres del Paine, che da solo vale il viaggio…E’ qui che conosceremo la furia del vento della Patagonia, le sue raffiche che arrivano addirittura a spostarti fino a quasi farti cadere: ma siamo prudenti e dunque gli cediamo il passo, parcheggiamo le moto al sicuro e saliamo su un bus turistico guidato da un pazzo scatenato tra laghi, ghiacciai e frotte di guanachi…
Un condor ci regala un lungo spettacolare volo a bassa quota…Ce ne sono ovunque, basta alzare gli occhi al cielo!
Siamo a due passi dalla frontiera e così ci divertiamo a spiare il passaggio degli altri e ci imbattiamo in una simpatica coppia di ciclisti romani che incontreremo per caso svariate altre volte anche a parecchi chilometri di distanza…
L’indomani, pur avendo percorso soli 70 chilometri, desiderosi di un bagno caldo e di un buon letto ci fermiamo a Puerto Natales, prima di arrivare alla tappa finale del viaggio in moto: Punta Arenas, dove sosteremo per tre notti prima di salire sul bus che ci porterà a Ushuaia in Tierra del Fuego, da dove partirà l’aereo del ritorno…
A bordo di una specie di sottomarino da 20 posti (con partenza alle 7 del mattino per evitare il mare mosso!!) visitiamo le spettacolari Isla Maddalena, con la più grande pinguinera d tutto il Cile, e Isla Marta con i suoi giganteschi e tenerissimi leoni
marini….Poi, l’indomani, lo sterrato peggiore del viaggio per raggiungere in giornata un’altra pinguinera, l’unica raggiungibile via terra, Seno Otway…
L’ultima sera, dopo aver deposto i miei stivalacci da moto nella pattumiera, ci diamo un po’ dentro col pisco e con il vino tinto, ma bisogna festeggiare! Purtroppo il viaggio è terminato, ma tutto è andato benissimo, siamo riusciti a compiere il nostro giro nei tempi stabiliti senza rinunciare a niente, siano tutti interi e le moto non hanno dato nessun problema…
Il viaggio di ritorno è un calvario: 12 ore di autobus fino alla bella Ushuaia, tre ore di dogana a causa di uno sciopero dei doganieri cileni, tre aerei e un assurdo overbooking su biglietti presi e pagati con sette mesi di anticipo, un ritardo che rischia di farci restare a terra a Madrid…
Quando arriviamo a casa, i muciaci insistono perché io scenda mentre loro vanno a parcheggiare e a scaricare: okay, ho capito cosa vogliono, e così appena messo piede dentro in un batter d’occhio metto a fare il sugo di pomodoro e olive! Mezzo chilo di pasta in tre, una buona bottiglia di vino, pizza bianca e formaggio fuso, un dolcino e siamo di nuovo in festa!
Che dire di questo viaggio? Lo sto ruminando piano piano, è quasi un miracolo che stasera io sia riuscita a scrivere queste pagine perché ancora non riesco a raccontarlo bene a nessuno…L’unica cosa che so per certo è che non ho più paura di andare lontano, è come se questo viaggio mi avesse aperto le porte del mondo…