Di seguito il diario di viaggio e le foto del recentissimo giro che, in sella al nostro fidato Pippo (BMW F650 GS), abbiamo fatto in Tunisia.
Siamo rientrati appena tre giorni fa, appagati e con una nuova preziosa esperienza che ci resterà dentro tutta la vita.
Siamo stati fuori complessivi 10 gg. con l'obiettivo di girellare per la parte sud del paese, in quanto ciò che più ci affascinava è rappresentato dai paesaggi desertici intorno a Tozeur, Douz e Matmata. Ma abbiamo curiosato anche lungo la costa.
E' stato un gran bel viaggio, sicuramente più impegnativo di quanto ci aspettavamo.
Abbiamo voluto farlo con la nostra "piccolina" perchè la riteniamo più adatta alle strade tunisine, ed anche a posteriori siamo convinti di aver fatto la scelta giusta.
E poi, alla faccia della crisi, ce la siamo cavata -nave esclusa- con 350 euro a testa all inclusive!
Buona lettura e buona visione!
Siamo rientrati appena tre giorni fa, appagati e con una nuova preziosa esperienza che ci resterà dentro tutta la vita.
Siamo stati fuori complessivi 10 gg. con l'obiettivo di girellare per la parte sud del paese, in quanto ciò che più ci affascinava è rappresentato dai paesaggi desertici intorno a Tozeur, Douz e Matmata. Ma abbiamo curiosato anche lungo la costa.
E' stato un gran bel viaggio, sicuramente più impegnativo di quanto ci aspettavamo.
Abbiamo voluto farlo con la nostra "piccolina" perchè la riteniamo più adatta alle strade tunisine, ed anche a posteriori siamo convinti di aver fatto la scelta giusta.
E poi, alla faccia della crisi, ce la siamo cavata -nave esclusa- con 350 euro a testa all inclusive!
Buona lettura e buona visione!
VENERDI’ 11 OTTOBRE 2013
L’avventura ha inizio intorno alle 15:30. Quando usciamo dal garage in sella a Pippo la pioggerella sottile ha lasciato spazio ad un meraviglioso arcobaleno, ma il cielo non è ancora sereno.
Abbiamo preventivamente indossato l’antipioggia e varchiamo il cancello di casa con papà che ci saluta commosso come se stessimo andando chissà dove.
La tensione di Andrea è palpabile ma già dopo pochi chilometri svanisce.
Abbiamo scelto di arrivare al porto di Salerno dalla strada più diretta, quella che passa per Roccaraso, Venafro e Caianello. L’altopiano delle Cinque Miglia ci regala scorci montani molto belli, e proseguendo i numerosi caseifici di bufala sembrano ammiccare invitanti.
Pippo va che è una bellezza, tant’ è che ci fermiamo soltanto una volta per rifornimento di carburante e pausa culetto.
Quando decidiamo di levarci l’antipioggia, a Venafro, il cielo è azzurro e limpido, ma dopo poco ecco che si fa nuovamente minaccioso.
Arriviamo al porto di Salerno intorno alle 19:15. Ci bloccano all’ingresso e mi invitano a recarmi al check in.
Il Micio resta a guardia di Pippo, dato che è pieno di facce non proprio tranquillizzanti, e io mi addentro nel Porto cercando di capire dove devo ritirare i biglietti, quando vengo abbordata da un furgone bianco pieno di tunisini che insistono affinchè io salga. Mi spiegano che al check si va col pulmino e, fatta una rapida valutazione del pericolo che potrei correre, decido di salire a bordo solo dopo che uno dei passeggeri invita un altro a lasciarmi il posto vicino alla porta spiegandogli che “la signora ha paura”. In realtà il furgone percorre solo pochi metri, la biglietteria era a pochi passi. Scendo fulminea e faccio la fila in mezzo a un discreto numero di tunisini di ritorno a casa. Questa settimana cade la Festa del Sacrificio, festività musulmana molto importante, e forse è per questo che in giro c’è un bel po’ di gente. Inoltre proprio stamattina il Ministero degli Esteri ha diramato un invito alla prudenza legato proprio a questa festività.
Intanto comincia a piovere e troviamo riparo sotto una tettoia. Siamo speranzosi che giungano altre moto, ma ne arriva una soltanto con una coppia di Grosseto che sta andando in Sicilia dopo un giro per la Costiera Amalfitana. Facciamo due chiacchiere e li vedo un po’ perplessi quando gli diciamo che noi invece sbarchiamo a Tunisi per un giro in moto. Ci lasciano il bigliettino del loro B.&B. a Scarlino (GR).
Ci imbarchiamo alle 22:40 sulla Euroferry Brindisi della Grimaldi. Cenetta fai da te in cabina e poi a nanna. A mezzanotte mi accorgo che siamo ancora in porto, e questo ritardo ce lo porteremo inevitabilmente fino a destinazione.
SABATO 12 OTTOBRE 2013
La nottata trascorre veloce e tranquilla. Il mare è calmo e noi abbiamo parecchio sonno arrretrato da recuperare. Ma il pomeriggio si rivela lungo e faticoso. Infatti a Palermo la nave si è riempita fino all’inverosimile: la gente ha occupato ogni metro di pavimento con stracci, coperte, borse frigorifero, bagagli e rifiuti. Il locale del bar è maleodorante e i tavoli sono finiti; la nave non offre altri spazi godibili e così ci ritiriamo in cabina fintanto che non ci invitano ad attendere lo sbarco fuori. Scendiamo dalla nave dopo la mezzanotte. Le pratiche doganali si rivelano veloci e correre con Pippo nella notte fino al centro di Tunisi è molto piacevole dopo essere stati a lungo imbarattolati nella nave con l’aria condizionata rotta. Non altrettanto piacevoli sono i numerosi posti di blocco e le barricate di filo spinato che troviamo arrivando al centro di Tunisi, a due passi dall’hotel: siamo in zona rossa, è evidente.
Arriviamo in hotel verso l’1:40, parcheggiamo Pippo in garage e -docciati e profumati- andiamo di nuovo a nanna.
DOMENICA 13 OTTOBRE 2013
Ci svegliamo piuttosto presto e, fatta colazione, ci dirigiamo verso la vicina Medina per una visita veloce.
Lungo la strada ci affianca un tizio gentile che parla italiano e ci dice di essere il cameriere dell’hotel che la sera prima ci aveva accompagnato in stanza. Poiché abita nella Medina si offre di accompagnarci per un piccolo tratto. In realtà capiremo solo dopo che ci stava aspettando e che l’addescamento è ormai avvenuto. Ci ritroviamo infatti a percorrere strade molto affollate piene di cineserie di ogni tipo, con i sensi bombardati dagli odori e dai rumori della Medina. Il caldo appiccicoso fa il resto e, sudatissimi, ci ritroviamo seduti con una bottiglietta d’acqua in mano in un negozio che vende olii essenziali ad annusare essenze proposte dal nostro sequestratore.
Il tizio prova a spillarci bei soldini in cambio di tre flaconcini di essenze (due di citronella contro le zanzare che secondo lui ci massacreranno), ma io oppongo resistenza ed alla fine ce la caviamo con una spesa di venti euro, parecchio inferiore ai 120 che ci aveva richiesto. Sono talmente nervosa che si dilegua in un attimo e noi ci ritroviamo nel caos della Medina a maledirlo per averci fatto perdere tempo prezioso.
Purtroppo, essendo domenica, la Moschea Zidouna è chiusa, ma altri palazzi e portoni di un certo interesse catturano la nostra attenzione. Visitiamo la Medina con interesse e curiosità prima di rientrare in albergo e ripartire su Pippo in direzione di Mahdia. Sono le 11:30, fa un caldo umido ed appiccicoso ed il cielo non è limpido.
L’avventura ha inizio intorno alle 15:30. Quando usciamo dal garage in sella a Pippo la pioggerella sottile ha lasciato spazio ad un meraviglioso arcobaleno, ma il cielo non è ancora sereno.
Abbiamo preventivamente indossato l’antipioggia e varchiamo il cancello di casa con papà che ci saluta commosso come se stessimo andando chissà dove.
La tensione di Andrea è palpabile ma già dopo pochi chilometri svanisce.
Abbiamo scelto di arrivare al porto di Salerno dalla strada più diretta, quella che passa per Roccaraso, Venafro e Caianello. L’altopiano delle Cinque Miglia ci regala scorci montani molto belli, e proseguendo i numerosi caseifici di bufala sembrano ammiccare invitanti.
Pippo va che è una bellezza, tant’ è che ci fermiamo soltanto una volta per rifornimento di carburante e pausa culetto.
Quando decidiamo di levarci l’antipioggia, a Venafro, il cielo è azzurro e limpido, ma dopo poco ecco che si fa nuovamente minaccioso.
Arriviamo al porto di Salerno intorno alle 19:15. Ci bloccano all’ingresso e mi invitano a recarmi al check in.
Il Micio resta a guardia di Pippo, dato che è pieno di facce non proprio tranquillizzanti, e io mi addentro nel Porto cercando di capire dove devo ritirare i biglietti, quando vengo abbordata da un furgone bianco pieno di tunisini che insistono affinchè io salga. Mi spiegano che al check si va col pulmino e, fatta una rapida valutazione del pericolo che potrei correre, decido di salire a bordo solo dopo che uno dei passeggeri invita un altro a lasciarmi il posto vicino alla porta spiegandogli che “la signora ha paura”. In realtà il furgone percorre solo pochi metri, la biglietteria era a pochi passi. Scendo fulminea e faccio la fila in mezzo a un discreto numero di tunisini di ritorno a casa. Questa settimana cade la Festa del Sacrificio, festività musulmana molto importante, e forse è per questo che in giro c’è un bel po’ di gente. Inoltre proprio stamattina il Ministero degli Esteri ha diramato un invito alla prudenza legato proprio a questa festività.
Intanto comincia a piovere e troviamo riparo sotto una tettoia. Siamo speranzosi che giungano altre moto, ma ne arriva una soltanto con una coppia di Grosseto che sta andando in Sicilia dopo un giro per la Costiera Amalfitana. Facciamo due chiacchiere e li vedo un po’ perplessi quando gli diciamo che noi invece sbarchiamo a Tunisi per un giro in moto. Ci lasciano il bigliettino del loro B.&B. a Scarlino (GR).
Ci imbarchiamo alle 22:40 sulla Euroferry Brindisi della Grimaldi. Cenetta fai da te in cabina e poi a nanna. A mezzanotte mi accorgo che siamo ancora in porto, e questo ritardo ce lo porteremo inevitabilmente fino a destinazione.
SABATO 12 OTTOBRE 2013
La nottata trascorre veloce e tranquilla. Il mare è calmo e noi abbiamo parecchio sonno arrretrato da recuperare. Ma il pomeriggio si rivela lungo e faticoso. Infatti a Palermo la nave si è riempita fino all’inverosimile: la gente ha occupato ogni metro di pavimento con stracci, coperte, borse frigorifero, bagagli e rifiuti. Il locale del bar è maleodorante e i tavoli sono finiti; la nave non offre altri spazi godibili e così ci ritiriamo in cabina fintanto che non ci invitano ad attendere lo sbarco fuori. Scendiamo dalla nave dopo la mezzanotte. Le pratiche doganali si rivelano veloci e correre con Pippo nella notte fino al centro di Tunisi è molto piacevole dopo essere stati a lungo imbarattolati nella nave con l’aria condizionata rotta. Non altrettanto piacevoli sono i numerosi posti di blocco e le barricate di filo spinato che troviamo arrivando al centro di Tunisi, a due passi dall’hotel: siamo in zona rossa, è evidente.
Arriviamo in hotel verso l’1:40, parcheggiamo Pippo in garage e -docciati e profumati- andiamo di nuovo a nanna.
DOMENICA 13 OTTOBRE 2013
Ci svegliamo piuttosto presto e, fatta colazione, ci dirigiamo verso la vicina Medina per una visita veloce.
Lungo la strada ci affianca un tizio gentile che parla italiano e ci dice di essere il cameriere dell’hotel che la sera prima ci aveva accompagnato in stanza. Poiché abita nella Medina si offre di accompagnarci per un piccolo tratto. In realtà capiremo solo dopo che ci stava aspettando e che l’addescamento è ormai avvenuto. Ci ritroviamo infatti a percorrere strade molto affollate piene di cineserie di ogni tipo, con i sensi bombardati dagli odori e dai rumori della Medina. Il caldo appiccicoso fa il resto e, sudatissimi, ci ritroviamo seduti con una bottiglietta d’acqua in mano in un negozio che vende olii essenziali ad annusare essenze proposte dal nostro sequestratore.
Il tizio prova a spillarci bei soldini in cambio di tre flaconcini di essenze (due di citronella contro le zanzare che secondo lui ci massacreranno), ma io oppongo resistenza ed alla fine ce la caviamo con una spesa di venti euro, parecchio inferiore ai 120 che ci aveva richiesto. Sono talmente nervosa che si dilegua in un attimo e noi ci ritroviamo nel caos della Medina a maledirlo per averci fatto perdere tempo prezioso.
Purtroppo, essendo domenica, la Moschea Zidouna è chiusa, ma altri palazzi e portoni di un certo interesse catturano la nostra attenzione. Visitiamo la Medina con interesse e curiosità prima di rientrare in albergo e ripartire su Pippo in direzione di Mahdia. Sono le 11:30, fa un caldo umido ed appiccicoso ed il cielo non è limpido.
Fino a Madhia sono circa 210 chilometri, gran parte dei quali di autostrada.
L’ultima cinquantina di chilometri è attraverso villaggi molto poveri dove tutti ci guardano curiosi. Ci fermiamo a comprare delle banane e le mangiamo per strada, procedendo lentamente tra soste fotografiche e rallentatori assassini. E’ pieno di piante di ulivo e di fichi d’India, e noi cominciamo a renderci conto che forse abbiamo un po’ sottovalutato questa meta.
Difatti pensavamo alla Tunisia come ad un paese africano molto occidentalizzato, e vedere invece così tanta miseria e rifiuti maleodoranti dappertutto ci spiazza un po’.
Arriviamo a Mahdia, dove grazie al fornaio riusciamo a rintracciare la stanza privata prenotata per la notte a 25 euro. Dopo la pessima esperienza di Tunisi, abbiamo deciso di dare meno confidenza
alla gente del posto, ma il fornaio ci spiazza quando più tardi ci regala delle brioches dicendo che è il suo modo di darci il benvenuto.
Posiamo i bagagli e ce ne andiamo in giro alla scoperta del territorio. Mahdia è un tranquillo villaggio di pescatori che occupa una stretta penisola. Ci sono tombe disseminate dappertutto che guardano il mare, il molo dei pescatori che si accende della luce del pomeriggio, una fortezza ed un faro. Ci sono tantissime pecore in giro, e impiegheremo poco a capire che in occasione della Festa del Sacrificio, tutti acquistano l’agnello per mangiarlo. Inoltre ci sono dei bambini che ci vengono incontro e ci chiedono di poter fare un giro su Pippo.
Andrea, presa confidenza, non resiste ai loro occhi grandi e scuri, pieni di fiducia e di speranza, e li carica ad uno ad uno, regalandogli un attimo di felicità. Io intanto scatto e faccio filmati, in un clima rilassato e gioioso.
Poi visitiamo la bella Medina di Mahdia ma in un attimo cala il sole e la luce si spegne.
Torniamo a casa per una doccia e un po’ di relax. La sera, dopo un tentativo di uscire a piedi alla ricerca di un ristorante, saliamo su Pippo senza i caschi e ci dirigiamo verso la zona turistica dove mangiamo un piatto di spaghetti ai frutti di mare e beviamo una birra in un ristorantino per turisti.
Le foto fatte al molo dei pescherecci di Mahdia sono per me tra le più belle dell’intero viaggio.
L’ultima cinquantina di chilometri è attraverso villaggi molto poveri dove tutti ci guardano curiosi. Ci fermiamo a comprare delle banane e le mangiamo per strada, procedendo lentamente tra soste fotografiche e rallentatori assassini. E’ pieno di piante di ulivo e di fichi d’India, e noi cominciamo a renderci conto che forse abbiamo un po’ sottovalutato questa meta.
Difatti pensavamo alla Tunisia come ad un paese africano molto occidentalizzato, e vedere invece così tanta miseria e rifiuti maleodoranti dappertutto ci spiazza un po’.
Arriviamo a Mahdia, dove grazie al fornaio riusciamo a rintracciare la stanza privata prenotata per la notte a 25 euro. Dopo la pessima esperienza di Tunisi, abbiamo deciso di dare meno confidenza
alla gente del posto, ma il fornaio ci spiazza quando più tardi ci regala delle brioches dicendo che è il suo modo di darci il benvenuto.
Posiamo i bagagli e ce ne andiamo in giro alla scoperta del territorio. Mahdia è un tranquillo villaggio di pescatori che occupa una stretta penisola. Ci sono tombe disseminate dappertutto che guardano il mare, il molo dei pescatori che si accende della luce del pomeriggio, una fortezza ed un faro. Ci sono tantissime pecore in giro, e impiegheremo poco a capire che in occasione della Festa del Sacrificio, tutti acquistano l’agnello per mangiarlo. Inoltre ci sono dei bambini che ci vengono incontro e ci chiedono di poter fare un giro su Pippo.
Andrea, presa confidenza, non resiste ai loro occhi grandi e scuri, pieni di fiducia e di speranza, e li carica ad uno ad uno, regalandogli un attimo di felicità. Io intanto scatto e faccio filmati, in un clima rilassato e gioioso.
Poi visitiamo la bella Medina di Mahdia ma in un attimo cala il sole e la luce si spegne.
Torniamo a casa per una doccia e un po’ di relax. La sera, dopo un tentativo di uscire a piedi alla ricerca di un ristorante, saliamo su Pippo senza i caschi e ci dirigiamo verso la zona turistica dove mangiamo un piatto di spaghetti ai frutti di mare e beviamo una birra in un ristorantino per turisti.
Le foto fatte al molo dei pescherecci di Mahdia sono per me tra le più belle dell’intero viaggio.
LUNEDI’ 14 OTTOBRE 2013
Ripartiamo da Madhia di buon’ora perché oggi abbiamo davvero tanta strada da percorrere e le giornate sono piuttosto brevi dato che alle 17:30 è già buio (qui c’è un’ora indietro rispetto all’Italia dato che non si applica l’ora legale). Abbiamo deciso di seguire i consigli del nostro padrone di casa e di arrivare a Tozeur attraverso la strada turistica, che è in buone condizioni.
Ci imbattiamo in molto traffico e in parecchi mercati, il più impegnativo dei quali a Kairouan.
Un po’ ci dispiace non poter visitare questa città tanto famosa per la sua imponente Medina, ma non abbiamo scelta se vogliamo arrivare a Tozeur in tempo per una visita.
L’itinerario misura circa 400 chilometri, tutti di strada normale.
Ci sono tratti più veloci e tratti più lenti, così come in alcuni tratti passiamo per paesi poco rassicuranti mentre in altri tante mani si alzano a salutarci e i bimbi ci corrono dietro. Pippo è una star, a parte lui non vi sono altre moto e tutti lo guardano ammirato e si avvicinano per vederlo più da vicino e stringerci la mano. Naturalmente qualcuno si propone anche per farci da guida, ma oramai abbiamo capito come sono fatti i tunisini, la loro gentilezza è spesso finalizzata solo ad estorcere soldi ai turisti.
Man mano che ci avviciniamo a Tozeur il paesaggio si fa più aspro. Aumentano le palme cariche dei preziosi datteri, che profumano l’aria di dolce. Siamo nella stagione della raccolta e ci sono tantissimi mercati ai bordi delle strade.
Ogni tanto ci fermiamo per acquistare dell’acqua e delle bibite dato che fa parecchio caldo. Per fortuna il caldo da umido si va facendo più secco, e dunque diventa più sopportabile.
Ripartiamo da Madhia di buon’ora perché oggi abbiamo davvero tanta strada da percorrere e le giornate sono piuttosto brevi dato che alle 17:30 è già buio (qui c’è un’ora indietro rispetto all’Italia dato che non si applica l’ora legale). Abbiamo deciso di seguire i consigli del nostro padrone di casa e di arrivare a Tozeur attraverso la strada turistica, che è in buone condizioni.
Ci imbattiamo in molto traffico e in parecchi mercati, il più impegnativo dei quali a Kairouan.
Un po’ ci dispiace non poter visitare questa città tanto famosa per la sua imponente Medina, ma non abbiamo scelta se vogliamo arrivare a Tozeur in tempo per una visita.
L’itinerario misura circa 400 chilometri, tutti di strada normale.
Ci sono tratti più veloci e tratti più lenti, così come in alcuni tratti passiamo per paesi poco rassicuranti mentre in altri tante mani si alzano a salutarci e i bimbi ci corrono dietro. Pippo è una star, a parte lui non vi sono altre moto e tutti lo guardano ammirato e si avvicinano per vederlo più da vicino e stringerci la mano. Naturalmente qualcuno si propone anche per farci da guida, ma oramai abbiamo capito come sono fatti i tunisini, la loro gentilezza è spesso finalizzata solo ad estorcere soldi ai turisti.
Man mano che ci avviciniamo a Tozeur il paesaggio si fa più aspro. Aumentano le palme cariche dei preziosi datteri, che profumano l’aria di dolce. Siamo nella stagione della raccolta e ci sono tantissimi mercati ai bordi delle strade.
Ogni tanto ci fermiamo per acquistare dell’acqua e delle bibite dato che fa parecchio caldo. Per fortuna il caldo da umido si va facendo più secco, e dunque diventa più sopportabile.
Arriviamo a Tozeur nel primo pomeriggio. Trovare la stanza prenotata per la notte senza telefonare si rivela impossibile. Siamo ospiti di una coppia di insegnanti nella loro splendida casa, e per metterci a nostro agio fanno davvero di tutto. Chiacchieriamo in Inglese e la conversazione è molto piacevole ed
interessante. Piuttosto noi andiamo piuttosto di corsa, dato che io vorrei fotografare la città vecchia di Tozeur con la luce calda del pomeriggio, così con Pippo raggiungiamo il centro e, tra bancarelle di datteri e di artigianato, scavalcando venditori appiccicosissimi, varchiamo l’ingresso della Medina.
Qui ci addesca un tipo malvestito e piuttosto anziano che, strascinando i passi, ci porta in giro per le case della Medina facendoci scoprire posti che altrimenti non avremmo mai scovato. Ci rassegnamo ad averlo per guida, sebbene ci sarebbe piaciuto andare in giro da soli guidati dal mio istinto fotografico e con soste più lunghe.
Anche la Medina di Tozeur è piuttosto sporca e maleodorante, piena di immondizia. Ci vivono molte famiglie e in condizioni parecchio disagiate. Vi sono però scorci molto belli, grazie alla delicatezza delle pareti di pietra bianca elegantemente decorata che cattura la luce e crea elaborati disegni geometrici attraverso un gioco di mattoni sporgenti, secondo uno stile architettonico che non vedremo
altrove nel corso di questo nostro viaggio.
Quando scende la sera visitiamo qualche negozio e compriamo dei magneti realizzati in pelle, fermandoci a chiacchierare con un venditore molto gentile e meno appiccicoso degli altri. Ci spiega che hanno subito un calo del turismo italiano di oltre il 60% e che per loro che di turismo vivono questo è un grosso problema. A nostra volta gli spieghiamo che in Italia c’è crisi e che dunque la prima voce che gli italiani tagliano sono proprio le vacanze, ma anche che da noi la Tunisia in questo periodo ha fama di essere una meta poco sicura.
La sera ceniamo in una pizzeria gestita da una coppia di mezza età molto simpatica: lei è italiana, si chiama Roberta, ed ha conosciuto il marito tunisino a Roma. Una signora molto disponibile e simpatica che compensa con la sua gentilezza la scarsa qualità del cibo che ci offre.
A dire il vero siamo un po’ stupiti, pensavamo che in Tunisia si mangiasse meglio.
interessante. Piuttosto noi andiamo piuttosto di corsa, dato che io vorrei fotografare la città vecchia di Tozeur con la luce calda del pomeriggio, così con Pippo raggiungiamo il centro e, tra bancarelle di datteri e di artigianato, scavalcando venditori appiccicosissimi, varchiamo l’ingresso della Medina.
Qui ci addesca un tipo malvestito e piuttosto anziano che, strascinando i passi, ci porta in giro per le case della Medina facendoci scoprire posti che altrimenti non avremmo mai scovato. Ci rassegnamo ad averlo per guida, sebbene ci sarebbe piaciuto andare in giro da soli guidati dal mio istinto fotografico e con soste più lunghe.
Anche la Medina di Tozeur è piuttosto sporca e maleodorante, piena di immondizia. Ci vivono molte famiglie e in condizioni parecchio disagiate. Vi sono però scorci molto belli, grazie alla delicatezza delle pareti di pietra bianca elegantemente decorata che cattura la luce e crea elaborati disegni geometrici attraverso un gioco di mattoni sporgenti, secondo uno stile architettonico che non vedremo
altrove nel corso di questo nostro viaggio.
Quando scende la sera visitiamo qualche negozio e compriamo dei magneti realizzati in pelle, fermandoci a chiacchierare con un venditore molto gentile e meno appiccicoso degli altri. Ci spiega che hanno subito un calo del turismo italiano di oltre il 60% e che per loro che di turismo vivono questo è un grosso problema. A nostra volta gli spieghiamo che in Italia c’è crisi e che dunque la prima voce che gli italiani tagliano sono proprio le vacanze, ma anche che da noi la Tunisia in questo periodo ha fama di essere una meta poco sicura.
La sera ceniamo in una pizzeria gestita da una coppia di mezza età molto simpatica: lei è italiana, si chiama Roberta, ed ha conosciuto il marito tunisino a Roma. Una signora molto disponibile e simpatica che compensa con la sua gentilezza la scarsa qualità del cibo che ci offre.
A dire il vero siamo un po’ stupiti, pensavamo che in Tunisia si mangiasse meglio.
MARTEDI’ 15 OTTOBRE 2013
Per i tunisini oggi è festa nazionale. Noi ci alziamo di buon’ora per la gita alle Oasi di montagna di Chebika, Tamerza e Mides. Lasciamo il bagaglio a Tozeur per viaggiare scarichi e senza preoccupazioni e la scelta si rivela azzeccata.
Siamo a pochi passi dal confine algerino, in un territorio desertico e montuoso che riempie i nostri occhi di meraviglia e stupore.
Inoltre, lungo la polverosa strada, a tratti sterrata, che da Tozeur conduce alle Oasi di montagna, incontriamo i primi dromedari. Non resisto alla tentazione di corteggiarli per far loro delle foto e delle riprese, sono davvero buffi!
Per i tunisini oggi è festa nazionale. Noi ci alziamo di buon’ora per la gita alle Oasi di montagna di Chebika, Tamerza e Mides. Lasciamo il bagaglio a Tozeur per viaggiare scarichi e senza preoccupazioni e la scelta si rivela azzeccata.
Siamo a pochi passi dal confine algerino, in un territorio desertico e montuoso che riempie i nostri occhi di meraviglia e stupore.
Inoltre, lungo la polverosa strada, a tratti sterrata, che da Tozeur conduce alle Oasi di montagna, incontriamo i primi dromedari. Non resisto alla tentazione di corteggiarli per far loro delle foto e delle riprese, sono davvero buffi!
Ci sono parecchi lavori in corso ed ogni tanto mangiamo la polvere perché sorpassati da grosse jeep di agenzie turistiche che viaggiano oltre i cento chilometri orari. Ci accorgiamo che qualcuno ci fa delle foto, niente di più probabile che a bordo vi siano turisti tedeschi che hanno lasciato la moto a casa ed acquistato un pacchetto turistico all inclusive.
Il primo villaggio che visitiamo è Chebika, dove assaporiamo finalmente una spremuta di melograno. Ci creano disagio alcuni turisti che, dopo aver fatto il bagno in costume nella pozza d’acqua alimentata dalla sorgente dell’oasi, si rivestono rimanendo per un momento nudi. Alcuni beduini li fissano insistenti, ma loro non se ne curano. Trovo offensivo nei confronti di un popolo di religione islamica spogliarsi con tanta indecenza per poter sguazzare in una pozza d’acqua nel deserto, e non posso esimermi dal condannare comportamenti così poco rispettosi del popolo che ci ospita.
In lontananza si vede un grosso lago salato scintillare al sole.
Inoltre anche qui Pippo ha molti ammiratori ed un tizio ci offre ben dieci cammelli in cambio del nostro piccolino, spiegandoci che ogni cammello vale circa 3 milioni.
Il primo villaggio che visitiamo è Chebika, dove assaporiamo finalmente una spremuta di melograno. Ci creano disagio alcuni turisti che, dopo aver fatto il bagno in costume nella pozza d’acqua alimentata dalla sorgente dell’oasi, si rivestono rimanendo per un momento nudi. Alcuni beduini li fissano insistenti, ma loro non se ne curano. Trovo offensivo nei confronti di un popolo di religione islamica spogliarsi con tanta indecenza per poter sguazzare in una pozza d’acqua nel deserto, e non posso esimermi dal condannare comportamenti così poco rispettosi del popolo che ci ospita.
In lontananza si vede un grosso lago salato scintillare al sole.
Inoltre anche qui Pippo ha molti ammiratori ed un tizio ci offre ben dieci cammelli in cambio del nostro piccolino, spiegandoci che ogni cammello vale circa 3 milioni.
Ci rechiamo quindi a Tamerza, la cui palmeraie è davvero molto estesa. La strada sale parecchio in un susseguirsi di curve spettacolari e panoramiche.
A parte noi, un tizio col motorino che ci saluta, un po’ come tutte le persone incontrate oggi. Ci sono molte jeep parcheggiate lungo la strada nei pressi dell’ingresso dell’oasi, pieno di fango e impossibile da percorrere con Pippo, ed è qui che un tizio molto garbato ci suggerisce di recarci all’altro ingresso, a suo dire più desolato e suggestivo. Lo ringraziamo convinti ci abbia solo dato un suggerimento ed invece è l’ennesima “guida imposta”, dato che dopo un po’ ci raggiunge e comincia a guidarci lungo il palmeto senza però qualificarsi. Ci conduce in una bellissima gola, io sono già tutta sudata e lo sforzo
dell’escursione con i 37 gradi che ci sono, non avendo per giunta acqua dietro, mi spaventa un po’, memore del malore avuto nella Death Valley durante il viaggio negli Stati Uniti del 2010.
Il paesaggio vale però lo sforzo, almeno fino a quando il Tizio non comincia ad arrampicarsi tra le rocce come una capra di montagna. Ci sono dei passaggi pericolosi e molto al limite, così subentra il panico e da quel momento il tizio diventa il mio peggior nemico. Inoltre ormai è evidente che ci ha raggirato, senza segnalarci né il tipo di itinerario che aveva intenzione di farci fare né la necessità di portarci dietro dell’acqua. Lui sostiene che il paesaggio delle gole è cambiato dopo la piena del fiume (con l’acqua nella gola che ha raggiunto i quattro metri) che c’è stata con la pioggia quattro giorni prima. Ne nascerà al termine dell’escursione una discussione molto spiacevole, soprattutto quando se ne uscirà a posteriori con le sue “tariffe” e mi darà della “tirchia”. Un vero maleducato, insomma, al quale spiego piuttosto in malo modo che se vuol fare la guida ed essere pagato a tariffa fissa deve proporlo prima anzicchè raggirare i turisti ignari. Ci mandiamo reciprocamente a quel paese; credo che lui sia offeso più dal fatto che a tenergli testa sia una donna che dalla circostanza di essersi messo in tasca 10 euro anzicchè 12! Purtroppo il mio malumore dura ancora un po’, soprattutto quando mi rendo conto che l’altra porta dell’oasi era altrettanto interessante e ancora più bella da visitare grazie alla presenza dell’antico villaggio con le sue abitazioni di pietra e la grande cascata.
dell’escursione con i 37 gradi che ci sono, non avendo per giunta acqua dietro, mi spaventa un po’, memore del malore avuto nella Death Valley durante il viaggio negli Stati Uniti del 2010.
Il paesaggio vale però lo sforzo, almeno fino a quando il Tizio non comincia ad arrampicarsi tra le rocce come una capra di montagna. Ci sono dei passaggi pericolosi e molto al limite, così subentra il panico e da quel momento il tizio diventa il mio peggior nemico. Inoltre ormai è evidente che ci ha raggirato, senza segnalarci né il tipo di itinerario che aveva intenzione di farci fare né la necessità di portarci dietro dell’acqua. Lui sostiene che il paesaggio delle gole è cambiato dopo la piena del fiume (con l’acqua nella gola che ha raggiunto i quattro metri) che c’è stata con la pioggia quattro giorni prima. Ne nascerà al termine dell’escursione una discussione molto spiacevole, soprattutto quando se ne uscirà a posteriori con le sue “tariffe” e mi darà della “tirchia”. Un vero maleducato, insomma, al quale spiego piuttosto in malo modo che se vuol fare la guida ed essere pagato a tariffa fissa deve proporlo prima anzicchè raggirare i turisti ignari. Ci mandiamo reciprocamente a quel paese; credo che lui sia offeso più dal fatto che a tenergli testa sia una donna che dalla circostanza di essersi messo in tasca 10 euro anzicchè 12! Purtroppo il mio malumore dura ancora un po’, soprattutto quando mi rendo conto che l’altra porta dell’oasi era altrettanto interessante e ancora più bella da visitare grazie alla presenza dell’antico villaggio con le sue abitazioni di pietra e la grande cascata.
Mides, la terza oasi, si trova ad appena un chilometro dal confine algerino, ed infatti ci sono dei militari con i mitra che chiudono la strada. Passiamo col sorriso il posto di blocco e ci godiamo il paesaggio spettacolare che ci circonda, con lo sguardo che spazia lontano tra montagne e deserto.
Sulla strada del ritorno ci imbattiamo in altri simpatici dromedari e sostiamo a lungo per delle foto insieme a loro. Ho letto da qualche parte che in Tunisia non esistono dromedari selvatici e che tutti appartengono a qualcuno.
Torniamo a Tozeur per ritirare i bagagli. Stasera si dorme a Douz.
Sulla strada del ritorno ci imbattiamo in altri simpatici dromedari e sostiamo a lungo per delle foto insieme a loro. Ho letto da qualche parte che in Tunisia non esistono dromedari selvatici e che tutti appartengono a qualcuno.
Torniamo a Tozeur per ritirare i bagagli. Stasera si dorme a Douz.
La strada che collega le due città attraversa il meraviglioso Chott El-Jerid, un lago salato grande e bellisimo. La pista è interamente asfaltata ed è sopraelevata rispetto al lago di circa due metri. La luce calda del tramonto fa scintillare il sale e sembra di guidare in un campo innevato. La sera è appena scesa quando arriviamo a Douz nell’hotel che ci ospita con trattamento di mezza pensione. Siamo davvero entusiasti di questa spettacolare giornata.
MERCOLEDI’ 16 OTTOBRE 2013
Oggi da Douz ci attende un altro luogo spettacolare: l’oasi di Ksar Ghilane. Vi si arriva attraverso una veloce strada asfaltata che attraversa paesaggi desertici desolati e roventi. A darci conforto abbiamo ancora i deliziosi datteri regalatici dal padrone di casa di Tozeur.
Al bivio per Matmata c’è un vecchio pittoresco bar in mezzo al nulla gestito da una donna berbera che ha un bimbo di pochi mesi bellissimo. Ci fermiamo a lungo per sorseggiare un caffè e lasciare sul muro la nostra firma in bella vista assieme a quelle dei tanti viaggiatori passati di qua.
La signora ci offre un thè alla menta.
Oggi da Douz ci attende un altro luogo spettacolare: l’oasi di Ksar Ghilane. Vi si arriva attraverso una veloce strada asfaltata che attraversa paesaggi desertici desolati e roventi. A darci conforto abbiamo ancora i deliziosi datteri regalatici dal padrone di casa di Tozeur.
Al bivio per Matmata c’è un vecchio pittoresco bar in mezzo al nulla gestito da una donna berbera che ha un bimbo di pochi mesi bellissimo. Ci fermiamo a lungo per sorseggiare un caffè e lasciare sul muro la nostra firma in bella vista assieme a quelle dei tanti viaggiatori passati di qua.
La signora ci offre un thè alla menta.
Sappiamo che la scorsa settimana ha piovuto e questo, apprendiamo poi, ha reso non percorribile in moto il tratto di strada di un paio di chilometri che porta da Ksar Ghilane all’omonima oasi. Ci viene in aiuto un biker del posto, che dopo un tentativo di scavalcare con Pippo la profondissima sabbia che ostruisce il passaggio, ci propone di lasciare Pippo in mezzo al nulla (sotto la custodia di un pastore del luogo) e di andare all’oasi a bordo di un quad a noleggio.
Accettiamo volentieri e con il quad raggiungiamo anche i resti del vecchio forte, dove restiamo per un po’ ad ammirare le bellissime dune del Sahara. C’è una carovana di cammelli che torna verso l’oasi, e il paesaggio è davvero fantastico. Siamo felici e appagati come due monelli, sebbene abbiamo la sottilissima sabbia del Sahara perfino tra i denti!
Accettiamo volentieri e con il quad raggiungiamo anche i resti del vecchio forte, dove restiamo per un po’ ad ammirare le bellissime dune del Sahara. C’è una carovana di cammelli che torna verso l’oasi, e il paesaggio è davvero fantastico. Siamo felici e appagati come due monelli, sebbene abbiamo la sottilissima sabbia del Sahara perfino tra i denti!
Tornati all’oasi pranziamo con una gustosissima omelette, godendocela in piena solitudine dopo che i pochi turisti del mattino sono andati via.
Riprendiamo anche noi la via di casa. Stasera si dorme a Matmata al suggestivo hotel Dier Er Berber, l’unico albergo di categoria media che sorge in superficie. In realtà abbiamo una stanza doppia: dalla stanza moderna, si accede nella grotta dove si trovano due lettini. Possiamo scegliere se dormire nella stanza troglodita o nella stanza più moderna. Optiamo per la seconda. Quasi subito ci rendiamo conto che le camere sono invase dalle zanzare e in pochi minuti ne facciamo fuori una quindicina. Sarà una notte da incubo, in quanto ne uccideremo oltre cinquanta prima di poter riposare un po’. Superfluo dire che nulla ha potuto neppure la citronella “acquistata” a Tunisi il primo giorno! Penso che se ci fossimo coricati senza preoccuparci delle zanzare di Matmata, l’indomani saremmo finiti entrambi in ospedale con un centinaio di pizzichi a testa!
Prima di sera riusciamo a girare un po’ per Matmata, a vedere alcune case troglodite e panorami spettacolari sulle montagne circostanti. Questi scenari sono davvero magici, e pensare che infatti sono stati il set naturale di film storici come “Guerre Stellari” e “Il paziente inglese” li rende ancora più spettacolari ai nostri occhi perché è come vederli una seconda volta.
Riprendiamo anche noi la via di casa. Stasera si dorme a Matmata al suggestivo hotel Dier Er Berber, l’unico albergo di categoria media che sorge in superficie. In realtà abbiamo una stanza doppia: dalla stanza moderna, si accede nella grotta dove si trovano due lettini. Possiamo scegliere se dormire nella stanza troglodita o nella stanza più moderna. Optiamo per la seconda. Quasi subito ci rendiamo conto che le camere sono invase dalle zanzare e in pochi minuti ne facciamo fuori una quindicina. Sarà una notte da incubo, in quanto ne uccideremo oltre cinquanta prima di poter riposare un po’. Superfluo dire che nulla ha potuto neppure la citronella “acquistata” a Tunisi il primo giorno! Penso che se ci fossimo coricati senza preoccuparci delle zanzare di Matmata, l’indomani saremmo finiti entrambi in ospedale con un centinaio di pizzichi a testa!
Prima di sera riusciamo a girare un po’ per Matmata, a vedere alcune case troglodite e panorami spettacolari sulle montagne circostanti. Questi scenari sono davvero magici, e pensare che infatti sono stati il set naturale di film storici come “Guerre Stellari” e “Il paziente inglese” li rende ancora più spettacolari ai nostri occhi perché è come vederli una seconda volta.
GIOVEDI’ 17 OTTOBRE 2013
Ci alziamo piuttosto stanchi dopo la nottata trascorsa a combattere con le fameliche zanzare di Matmata, ma l’aria più ventilata (siamo infatti in montagna) e gli splendidi paesaggi che caratterizzano la tortuosa e desolata strada per Medenine ci restituiscono la forma giusta per affrontare un’altra intensa giornata in moto. Visitiamo i villaggi berberi (o ksour) situati nei dintorni di Tatouine, e precisamente Guermessa, Chenini e Douiret.
Ci alziamo piuttosto stanchi dopo la nottata trascorsa a combattere con le fameliche zanzare di Matmata, ma l’aria più ventilata (siamo infatti in montagna) e gli splendidi paesaggi che caratterizzano la tortuosa e desolata strada per Medenine ci restituiscono la forma giusta per affrontare un’altra intensa giornata in moto. Visitiamo i villaggi berberi (o ksour) situati nei dintorni di Tatouine, e precisamente Guermessa, Chenini e Douiret.
A Chenini veniamo presi in custodia da Mohamed Moussaoui, improvvisata guida locale che si arrampica con noi per le stradine roventi del villaggio, spillandoci venti euro ma regalandoci anche dei momenti divertenti, come il thè alla menta sorseggiato a casa di un suo amico mentre la tv manda in onda un vecchio film nella sua lingua, oppure la mia vestizione con il tipico copricapo dei berberi, e via dicendo.
Mangiamo un gustoso spiedone con patate nel ristorante del villaggio e assaggiamo il tipico corno di Tatouine, un dolce di noci e miele molto gustoso.
Mangiamo un gustoso spiedone con patate nel ristorante del villaggio e assaggiamo il tipico corno di Tatouine, un dolce di noci e miele molto gustoso.
Mentre da Chenini ci dirigiamo a Douiret realizziamo che siamo completamente soli, i turisti dei viaggi organizzati incontrati al ristorante di Chenini sono ormai tutti andati via, e noi siamo una tranquilla coppietta di mototuristi che vaga solitaria tra desolate montagne, in mezzo al nulla.
Douiret è tutta per noi, c’è solo un cane randagio che vaga per il paese deserto.
Douiret è tutta per noi, c’è solo un cane randagio che vaga per il paese deserto.
Per stasera non abbiamo prenotato nulla in quanto l’ambizioso obiettivo è di arrivare a Djerba, ma non siamo sicuri di farcela.
Invece arriviamo con le luci della sera, dopo esserci fermati a fotografare un bel lago salato, attraverso il ponte che collega l’isola alla terra ferma. C’è parecchio traffico e l’isola ci appare subito caotica e trascurata. Anche qui come altrove l’odore dell’immondizia e della fogna è pungente e rende meno bello il paesaggio di case bianche e portoni azzurri che caratterizza l’isola.
Ci fermiamo in un hotel di Houmt Souq, economico e squallido. Purtroppo gli standard alberghieri della Tunisia sono bassissimi e l’igiene è un optional. Ma è tardi per trovare le stanze private che avevo selezionato dall’Italia e noi siamo parecchio stanchi.
Mangiamo una pizza nei pressi dell’hotel e andiamo a nanna decisi a visitare l’isola il mattino successivo.
Invece arriviamo con le luci della sera, dopo esserci fermati a fotografare un bel lago salato, attraverso il ponte che collega l’isola alla terra ferma. C’è parecchio traffico e l’isola ci appare subito caotica e trascurata. Anche qui come altrove l’odore dell’immondizia e della fogna è pungente e rende meno bello il paesaggio di case bianche e portoni azzurri che caratterizza l’isola.
Ci fermiamo in un hotel di Houmt Souq, economico e squallido. Purtroppo gli standard alberghieri della Tunisia sono bassissimi e l’igiene è un optional. Ma è tardi per trovare le stanze private che avevo selezionato dall’Italia e noi siamo parecchio stanchi.
Mangiamo una pizza nei pressi dell’hotel e andiamo a nanna decisi a visitare l’isola il mattino successivo.
VENERDI’ 18 OTTOBRE 2013
Dedichiamo la mattinata a Houmt Souq, tuffandoci nel suo caotico centro pieno di botteghe e venditori assillanti.
Troviamo una meravigliosa pasticceria nella quale fare una ghiotta colazione e qualche provvista per il prosieguo del viaggio.
Per 5 dinari compriamo un cammellino bianco di peluche che ribattezziamo Rashid e che decorerà Pippo nei giri futuri.
Riusciamo anche a trovare gli adesivi per la moto.
Dopo qualche foto ai numerosi uccelli dell’isola e alla bella spiaggia di Sidi Mahres, torniamo sulla terra ferma imbarcandoci sul traghetto che parte da Ajim per Jorf. Durante la traversata abbiamo modo di osservare a lungo la gente del luogo, che si mostra ospitale, e ci imbattiamo anche in un gruppo di saltellanti delfini.
Poi strada calda fino a Sfax, dove trascorriamo la notte dopo esserci concessi una loculliana cena di pesce al ristorante Le Corail. Abbiamo entrambi delle bolle al sedere dovute alla lunga e accidentata permanenza in sella.
Dedichiamo la mattinata a Houmt Souq, tuffandoci nel suo caotico centro pieno di botteghe e venditori assillanti.
Troviamo una meravigliosa pasticceria nella quale fare una ghiotta colazione e qualche provvista per il prosieguo del viaggio.
Per 5 dinari compriamo un cammellino bianco di peluche che ribattezziamo Rashid e che decorerà Pippo nei giri futuri.
Riusciamo anche a trovare gli adesivi per la moto.
Dopo qualche foto ai numerosi uccelli dell’isola e alla bella spiaggia di Sidi Mahres, torniamo sulla terra ferma imbarcandoci sul traghetto che parte da Ajim per Jorf. Durante la traversata abbiamo modo di osservare a lungo la gente del luogo, che si mostra ospitale, e ci imbattiamo anche in un gruppo di saltellanti delfini.
Poi strada calda fino a Sfax, dove trascorriamo la notte dopo esserci concessi una loculliana cena di pesce al ristorante Le Corail. Abbiamo entrambi delle bolle al sedere dovute alla lunga e accidentata permanenza in sella.
SABATO 19 OTTOBRE 2013
Prima di lasciare l’hotel, trascorriamo un paio d’ore a zonzo per Sfax. Visitiamo la sua medina per niente turistica e ci fermiamo a lungo all’interessante Museo Dar Jellouli.
Prima di lasciare l’hotel, trascorriamo un paio d’ore a zonzo per Sfax. Visitiamo la sua medina per niente turistica e ci fermiamo a lungo all’interessante Museo Dar Jellouli.
Poi imbocchiamo la tranquilla autostrada per Tunisi ed usciamo ad El-Jem per visitare il suo famoso Colosseo.
Effettuata la visita, ci fermiamo a mangiare uno spiedone di carne d’agnello al ristorante di fronte al colosseo, che intanto ha fatto da custode a Pippo, ai nostri bagagli e alle nostre giacche da moto.
Qui incontriamo un gruppo di escursionisti recatisi nel deserto. Poco prima inoltre avevamo conosciuto alcuni italiani che avevano fatto in moto la pista fino al forte di Ksar Ghilane.
A parte noi in questo viaggio infatti non abbiamo visto altri bikers, se si fa eccezione per i tre di cui ho detto poc’anzi e per i quattro in viaggio con “Motorizzonti” incontrati all’albergo di Douz.
Alle 18 siamo a Tunisi.
Dobbiamo recuperare lo zainetto pieghevole che all’andata abbiamo dimenticato all’Hotel Charlton. Con l’occasione riusciamo a parcheggiare Pippo a pieno carico nel garage dell’hotel e trascorriamo diverse ore seduti ad un tavolo di
uno dei tanti caffe dell’animatissimo corso principale. Stasera all’1:30 abbiamo la nave che ci riporterà in Italia.
Verso le 22, dopo aver fatto benzina e provvista d’acqua per il viaggio in nave, raggiungiamo il porto di La Goulette. Ci “costringono” a pagare 10 euro per il check in e fin qui okay. Il colmo è quando un doganiere corrotto, dopo aver fatto tanto il carino, ci chiede un regalo. Non riesco a trattenermi e gli rispondo che i regali sono finiti. Fortunatamente ci restituisce il passaporto di Andrea senza ritorsioni ma la sensazione negativa che ci lascia dentro resta forte e -temo- indelebile. Un conto infatti è sentirsi chiedere soldi da guide improvvisate, un conto è che a farlo sia un uomo in divisa.
DOMENICA 20 OTTOBRE 2013
Riusciamo a salire sulla nave solo verso le 2:30, stremati. Andrea non sta bene, un’infezione intestinale lo ha molto debilitato. La nave fa scalo a Palermo e solo verso le 18 riusciamo ad uscire dalla cabina per prendere un po’ d’aria e bere un caffè, dato che fino a quel momento c’era -come per l’andata- gente stesa ovunque. Ripartiamo da Palermo intorno alle 20, probabilmente abbiamo accumulato parecchio ritardo.
LUNEDI’ 21 OTTOBRE 2013
Sbarchiamo a Salerno intorno alle 7:20. Alle 12 siamo a casa. Nel bauletto laterale di Pippo mozzarella di bufala calda.
Abbiamo percorso 2833 km totali.
Qui incontriamo un gruppo di escursionisti recatisi nel deserto. Poco prima inoltre avevamo conosciuto alcuni italiani che avevano fatto in moto la pista fino al forte di Ksar Ghilane.
A parte noi in questo viaggio infatti non abbiamo visto altri bikers, se si fa eccezione per i tre di cui ho detto poc’anzi e per i quattro in viaggio con “Motorizzonti” incontrati all’albergo di Douz.
Alle 18 siamo a Tunisi.
Dobbiamo recuperare lo zainetto pieghevole che all’andata abbiamo dimenticato all’Hotel Charlton. Con l’occasione riusciamo a parcheggiare Pippo a pieno carico nel garage dell’hotel e trascorriamo diverse ore seduti ad un tavolo di
uno dei tanti caffe dell’animatissimo corso principale. Stasera all’1:30 abbiamo la nave che ci riporterà in Italia.
Verso le 22, dopo aver fatto benzina e provvista d’acqua per il viaggio in nave, raggiungiamo il porto di La Goulette. Ci “costringono” a pagare 10 euro per il check in e fin qui okay. Il colmo è quando un doganiere corrotto, dopo aver fatto tanto il carino, ci chiede un regalo. Non riesco a trattenermi e gli rispondo che i regali sono finiti. Fortunatamente ci restituisce il passaporto di Andrea senza ritorsioni ma la sensazione negativa che ci lascia dentro resta forte e -temo- indelebile. Un conto infatti è sentirsi chiedere soldi da guide improvvisate, un conto è che a farlo sia un uomo in divisa.
DOMENICA 20 OTTOBRE 2013
Riusciamo a salire sulla nave solo verso le 2:30, stremati. Andrea non sta bene, un’infezione intestinale lo ha molto debilitato. La nave fa scalo a Palermo e solo verso le 18 riusciamo ad uscire dalla cabina per prendere un po’ d’aria e bere un caffè, dato che fino a quel momento c’era -come per l’andata- gente stesa ovunque. Ripartiamo da Palermo intorno alle 20, probabilmente abbiamo accumulato parecchio ritardo.
LUNEDI’ 21 OTTOBRE 2013
Sbarchiamo a Salerno intorno alle 7:20. Alle 12 siamo a casa. Nel bauletto laterale di Pippo mozzarella di bufala calda.
Abbiamo percorso 2833 km totali.