Viaggio su due ruote tra Emirati Arabi e Oman, tra i grattacieli di Dubai e i villaggi di fango nei dintorni di Nizwa, alla scoperta di paesaggi straordinari e di una cultura diversa dalla nostra e sotto molti aspetti davvero affascinante.
E' fine giugno quando decidiamo di trascorrere un Natale diverso, rigorosamente su due ruote. Così si concretizza l'idea di visitare quell'angolo di mondo così lontano chiamato Oman. Un posto tranquillo, da visitare senza ansie ed allarmismi, con un clima invernale che assomiglia alla nostra estate migliore e paesaggi da favola.
Il biglietto aereo è per Dubai, metropoli moderna e all'avanguardia, ottima base di partenza per l'Oman e città dove si può facilmente noleggiare una motocicletta. Grazie all'amico Luciano (Brag) abbiamo dei contatti con i Dubai Riders, che da subito si mettono a nostra completa disposizione e ci danno una mano a pianificare il viaggio nel modo migliore.
I giorni a disposizione per girare in moto sono otto, tolti quelli dei trasferimenti aerei: non sono tanti, ma riusciamo a costruire un itinerario abbastanza variegato, che spazia dal mare alla montagna, dalle città ai piccoli villaggi costruiti col fango.
Prenotiamo tutti gli alberghi con un certo anticipo: due notti a Dubai, due a Nizwa, altre due a Muscat, capitale dell'Oman, e poi due notti a Ras Al Khaiman e l'ultima di nuovo a Dubai. Troviamo ottime sistemazioni e, grazie ad Internet e all'anticipo con cui fissiamo le stanze, riusciamo a spuntare prezzi più che ragionevoli.
Inizialmente siamo in tre: Andrea (Frush), Giovanni (Bazu) ed io (Miciamoto), trio collaudato da numerosi viaggi e da una bella amicizia ormai datata. Poi si aggiunge Luciano, colui che ci ha messo in testa questa amena destinazione non ancora di moda tra motociclisti, con il quale fino ad ora abbiamo condiviso solo gite giornaliere, qualche raduno e tante risate. Siamo un bel quartetto, di quelli ben assortiti e che non riservano incognite e brutte sorprese.
Man mano che si avvicina il 21 dicembre, data della partenza, il buonumore cresce. I viaggi in moto invernali hanno un gusto speciale, sono come dei meravigliosi regali da prendere al volo per scaldarsi nelle giornate piovose e fredde che verranno. E questo è ancora più speciale perchè da subito ha il sapore di una piccola gioiosa avventura.
Tre giorni prima della partenza il primo inconveniente: ho l'influenza. Il naso è chiuso e gonfio, la testa fa male come se fosse stata passata in una centrifuga, spesso ho i brividi e starnutisco a più non posso. Pazienza, in fondo vado in posti caldi e dunque posso solo migliorare. Faccio una buona scorta di tachipirina e di fazzolettini di carta e via!
A differenza degli altri viaggi extraeuropei sia Andrea che io non abbiamo ansia, anzi siamo perfettamente tranquilli, probabilmente grazie anche al fatto che stavolta non partiamo soli.
E arriva il fatidico 21 dicembre. Con Bazu ci vediamo all'aeroporto, mentre Brag è già a destinazione da un paio di giorni, con i Dubai Riders che gli fanno scoprire i posti più belli della loro festosa città.
Arriviamo nel cuore della notte e facciamo l'alba all'aeroporto a causa dello smarrimento del bagaglio che doveva trovare posto sul portapacchi della moto. Nonostante questo inconveniente, l'umore resta alto e, dopo appena quattro ore di sonno, saliamo sulla nostra cavalcatura, una BMW F800 GS con gomme tassellate e bauletti laterali in alluminio, e ci dedichiamo alla scoperta di Dubai seguendo Brag che oramai è diventato esperto di questa città.
Percorrere le immense strade di Dubai in moto è un'esperienza esaltante. Ci sono circa 22 gradi ed il cielo è piuttosto nuvoloso, cosa che con Bazu (alias Bagnato Zuppo) è normale anche a queste latitudini! Ci rechiamo dapprima a vedere la famosa "vela" o Burj al-Arab, edificio simbolo di Dubai, e poi al Dubai Mall (il centro commerciale più grande del mondo con circa 1200 negozi e numerose attrazioni), non prima però di aver attraversato il cuore della città in moto, viaggiando spensierati tra grattacieli altissimi e super tecnologici. Mi aspettavo una città più pacchiana e opaca, invece tutto è ordinato, moderno, armonioso e godibile. Il Burj Khalifa, l'edificio più alto del mondo, sfiora le nuvole con i suoi 828 metri!
Il biglietto aereo è per Dubai, metropoli moderna e all'avanguardia, ottima base di partenza per l'Oman e città dove si può facilmente noleggiare una motocicletta. Grazie all'amico Luciano (Brag) abbiamo dei contatti con i Dubai Riders, che da subito si mettono a nostra completa disposizione e ci danno una mano a pianificare il viaggio nel modo migliore.
I giorni a disposizione per girare in moto sono otto, tolti quelli dei trasferimenti aerei: non sono tanti, ma riusciamo a costruire un itinerario abbastanza variegato, che spazia dal mare alla montagna, dalle città ai piccoli villaggi costruiti col fango.
Prenotiamo tutti gli alberghi con un certo anticipo: due notti a Dubai, due a Nizwa, altre due a Muscat, capitale dell'Oman, e poi due notti a Ras Al Khaiman e l'ultima di nuovo a Dubai. Troviamo ottime sistemazioni e, grazie ad Internet e all'anticipo con cui fissiamo le stanze, riusciamo a spuntare prezzi più che ragionevoli.
Inizialmente siamo in tre: Andrea (Frush), Giovanni (Bazu) ed io (Miciamoto), trio collaudato da numerosi viaggi e da una bella amicizia ormai datata. Poi si aggiunge Luciano, colui che ci ha messo in testa questa amena destinazione non ancora di moda tra motociclisti, con il quale fino ad ora abbiamo condiviso solo gite giornaliere, qualche raduno e tante risate. Siamo un bel quartetto, di quelli ben assortiti e che non riservano incognite e brutte sorprese.
Man mano che si avvicina il 21 dicembre, data della partenza, il buonumore cresce. I viaggi in moto invernali hanno un gusto speciale, sono come dei meravigliosi regali da prendere al volo per scaldarsi nelle giornate piovose e fredde che verranno. E questo è ancora più speciale perchè da subito ha il sapore di una piccola gioiosa avventura.
Tre giorni prima della partenza il primo inconveniente: ho l'influenza. Il naso è chiuso e gonfio, la testa fa male come se fosse stata passata in una centrifuga, spesso ho i brividi e starnutisco a più non posso. Pazienza, in fondo vado in posti caldi e dunque posso solo migliorare. Faccio una buona scorta di tachipirina e di fazzolettini di carta e via!
A differenza degli altri viaggi extraeuropei sia Andrea che io non abbiamo ansia, anzi siamo perfettamente tranquilli, probabilmente grazie anche al fatto che stavolta non partiamo soli.
E arriva il fatidico 21 dicembre. Con Bazu ci vediamo all'aeroporto, mentre Brag è già a destinazione da un paio di giorni, con i Dubai Riders che gli fanno scoprire i posti più belli della loro festosa città.
Arriviamo nel cuore della notte e facciamo l'alba all'aeroporto a causa dello smarrimento del bagaglio che doveva trovare posto sul portapacchi della moto. Nonostante questo inconveniente, l'umore resta alto e, dopo appena quattro ore di sonno, saliamo sulla nostra cavalcatura, una BMW F800 GS con gomme tassellate e bauletti laterali in alluminio, e ci dedichiamo alla scoperta di Dubai seguendo Brag che oramai è diventato esperto di questa città.
Percorrere le immense strade di Dubai in moto è un'esperienza esaltante. Ci sono circa 22 gradi ed il cielo è piuttosto nuvoloso, cosa che con Bazu (alias Bagnato Zuppo) è normale anche a queste latitudini! Ci rechiamo dapprima a vedere la famosa "vela" o Burj al-Arab, edificio simbolo di Dubai, e poi al Dubai Mall (il centro commerciale più grande del mondo con circa 1200 negozi e numerose attrazioni), non prima però di aver attraversato il cuore della città in moto, viaggiando spensierati tra grattacieli altissimi e super tecnologici. Mi aspettavo una città più pacchiana e opaca, invece tutto è ordinato, moderno, armonioso e godibile. Il Burj Khalifa, l'edificio più alto del mondo, sfiora le nuvole con i suoi 828 metri!
La sera finalmente anche noi tre facciamo la conoscenza di Saleh e dei suoi amici del motoclub. Ci sono anche due tedeschi (una giovane coppia), da tre mesi in giro in sella a delle Honda CB500. Mangiamo al Rider's Caffè, in un clima piacevole e divertito. Quando cade dal cielo qualche gocciolina di pioggia sveliamo ai nostri ospiti la vera identità di Bazu. Purtroppo le notizie sulla valigia smarrita sono poco rassicuranti: sappiamo che dovrebbe arrivare col volo del primo mattino da Istanbul e che dovrebbero consegnarcela in hotel. Ma noi dobbiamo arrivare fino a Nizwa, ad oltre 400 chilometri e le giornate invernali sono corte. Decidiamo pertanto di aspettare al massimo fino alle 11, anche se verso le 10, mentre Brag continua a tentare di chiamare il call center dell'aeroporto per avere notizie fresche sul bagaglio smarrito, Andrea ed io ci rechiamo al vicino centro commerciale per comprare il cd. "minimo indispensabile", ovvero mutande, calzini, un paio di magliette di ricambio, spazzolino da denti, deodorante e -soprattutto- un caricatore per le mie attrezzature fotografiche. Faccio anche una rapida visitina ad una profumeria.
Per fortuna la valigia che si è smarrita non è quella con i caschi e le attrezzature della moto. Dovremo però fare a meno di tutto il vestiario, del beauty, della moka elettrica e di parecchie altre comodità. Rimpiango di non aver fatto il viaggio in aereo con indosso i jeans, prediligendo pantaloni più morbidi e leggeri, perchè so bene che questo significherà "bolle" sul culetto!
Quando torniamo in albergo e Brag ci dice che ha provato tutto il tempo a contattare il call center senza però ricevere alcuna risposta, capiamo che non possiamo indugiare oltre e così il nostro viaggio in moto ha veramente inizio. Senza valigia. Saleh si occuperà di ritirarla in albergo non appena arriverà, visto che l'hotel non accetta bagagli in deposito.
La giornata è magnifica, il cielo è tornato turchese ed il sole è caldo. Le strade degli Emirati Arabi Uniti che percorriamo usciti da Dubai sono tenute perfettamente ma un pò noiose a causa dei lunghi rettilinei e del traffico che impone velocità elevate ed attenzione. Ai margini della strada c'è il deserto e vediamo numerosissimi cammelli, soprattutto quando passiamo davanti al circuito dove fanno le famose corse di cammelli, attrazione che mi sarebbe piaciuto vedere se avessimo avuto più tempo. Impossibile fermarsi a scattare foto, c'è un gran traffico e accostare sarebbe molto azzardato.
Dopo circa un'oretta di rettilineo veloce ci concediamo una divagazione imboccando la sinuosa strada che conduce al Jabel Hafeet, una montagna di roccia calcarea alta 1240 metri da cui si gode una magnifica vista sulla desertica pianura sottostante. La strada è lunga 12 chilometri e va percorsa sia in salita che in discesa. Qui ci concediamo un veloce pranzo nello squallido ma caratteristico bar situato on the top.
Per fortuna la valigia che si è smarrita non è quella con i caschi e le attrezzature della moto. Dovremo però fare a meno di tutto il vestiario, del beauty, della moka elettrica e di parecchie altre comodità. Rimpiango di non aver fatto il viaggio in aereo con indosso i jeans, prediligendo pantaloni più morbidi e leggeri, perchè so bene che questo significherà "bolle" sul culetto!
Quando torniamo in albergo e Brag ci dice che ha provato tutto il tempo a contattare il call center senza però ricevere alcuna risposta, capiamo che non possiamo indugiare oltre e così il nostro viaggio in moto ha veramente inizio. Senza valigia. Saleh si occuperà di ritirarla in albergo non appena arriverà, visto che l'hotel non accetta bagagli in deposito.
La giornata è magnifica, il cielo è tornato turchese ed il sole è caldo. Le strade degli Emirati Arabi Uniti che percorriamo usciti da Dubai sono tenute perfettamente ma un pò noiose a causa dei lunghi rettilinei e del traffico che impone velocità elevate ed attenzione. Ai margini della strada c'è il deserto e vediamo numerosissimi cammelli, soprattutto quando passiamo davanti al circuito dove fanno le famose corse di cammelli, attrazione che mi sarebbe piaciuto vedere se avessimo avuto più tempo. Impossibile fermarsi a scattare foto, c'è un gran traffico e accostare sarebbe molto azzardato.
Dopo circa un'oretta di rettilineo veloce ci concediamo una divagazione imboccando la sinuosa strada che conduce al Jabel Hafeet, una montagna di roccia calcarea alta 1240 metri da cui si gode una magnifica vista sulla desertica pianura sottostante. La strada è lunga 12 chilometri e va percorsa sia in salita che in discesa. Qui ci concediamo un veloce pranzo nello squallido ma caratteristico bar situato on the top.
Dopo le foto di rito, riprendiamo il nostro itinerario. La sosta successiva è alla frontiera, dove impieghiamo meno di un'ora per sbrigare le varie formalità doganali. Infatti dobbiamo pagare 35 dh a testa per uscire dagli UAE, 50 dh per entrare in Oman con il visto turistico e l'equivalente di una ventina di euro per l'assicurazione temporanea della moto. La sensazione è che ci troviamo in posti molto tranquilli, civilissimi e dove la vita viaggia a ritmi più che umani, almeno a giudicare dalla rilassata lentezza di doganieri e impiegati. Gli uomini indossano la tipica veste di colore chiaro, bianca o grigia, e sono immacolati e profumati; i copricapi sono diversi rispetto a quelli che abbiamo visto a Dubai, in quanto al posto del velo gli omaniti indossano quasi sempre un berretto preziosamente ricamato. Le donne invece sono blindate nelle loro orrende vesti nere, alcune impreziosite da orli di pajettes o ricami ma comunque funeree ed informi.
Siamo molto attenti ad ogni particolare, più per curiosità che per altro.
Notiamo inoltre che anche noi destiamo una certa curiosità tra la gente, soprattutto perchè siamo in moto. Le donne mi fissano spesso con insistenza, sembra che stiano passando allo scanner ogni particolare della mia figura.
Varcato l'ultimo controllo di confine, ci accoglie un grosso cartello con sopra scritto "Peace be with you", splendido messaggio augurale per noi ed il nostro viaggio. Poi scende la sera, lungo le veloci strade omanite rallentate dal traffico e da lunghi tratti di lavori in corso.
Siamo molto attenti ad ogni particolare, più per curiosità che per altro.
Notiamo inoltre che anche noi destiamo una certa curiosità tra la gente, soprattutto perchè siamo in moto. Le donne mi fissano spesso con insistenza, sembra che stiano passando allo scanner ogni particolare della mia figura.
Varcato l'ultimo controllo di confine, ci accoglie un grosso cartello con sopra scritto "Peace be with you", splendido messaggio augurale per noi ed il nostro viaggio. Poi scende la sera, lungo le veloci strade omanite rallentate dal traffico e da lunghi tratti di lavori in corso.
Arriviamo a Nizwa verso le 19:30 dopo 420 chilometri. Siamo contenti, sereni e rilassati anche se un pochino stanchi. L'albergatore è un omone alto e robusto vestito di bianco e ci accoglie con grande simpatia e senza formalismi. Il nostro hotel è nuovo (ha aperto da soli tre mesi) e piuttosto essenziale, e a pochi metri uscendo sulla sinistra c'è un ottimo ristorante indiano dove, con circa due euro a testa, gustiamo cibo ottimamente cucinato. Ci divertiamo parecchio grazie alla simpatia del cameriere e alla nostra prima "saletta per famiglie"!
L'indomani Frush ed io usciamo prima degli altri per cercare un dolcino per la colazione. Preliminare al pasto è un prelievo di contante, che però non riusciamo a fare dagli ATM della Banca Islamica. Così entriamo nel bellissimo palazzo che la ospita, privo di entrata di sicurezza e dove numerosi uomini dai modi gentili e dall'abito immacolato stanno agli sportelli privi di fila. Ci spiegano che i nostri bancomat non funzionano con gli ATM delle banche islamiche e ci invitano a prendere un tè od un caffè insieme a loro. Alla fine riusciremo a cambiare presso il Money Change situato al Centro Commerciale Lulù, parecchio diffuso in Oman, dove ci attrezziamo anche di una scheda telefonica omanita per chiamare casa low cost.
Fatte le varie commissioni, siamo pronti per affrontare l'itinerario di oggi, che prevede un giro in quota tra le montagne intorno a Nizwa. Percorriamo dapprima la favolosa strada panoramica di Hatt, che attraversa i monti Hajar occidentali. Non facciamo l'itinerario circolare in quanto sappiamo che la ripidissima discesa è sterrata, però ci concediamo foto polverose on the top.
L'indomani Frush ed io usciamo prima degli altri per cercare un dolcino per la colazione. Preliminare al pasto è un prelievo di contante, che però non riusciamo a fare dagli ATM della Banca Islamica. Così entriamo nel bellissimo palazzo che la ospita, privo di entrata di sicurezza e dove numerosi uomini dai modi gentili e dall'abito immacolato stanno agli sportelli privi di fila. Ci spiegano che i nostri bancomat non funzionano con gli ATM delle banche islamiche e ci invitano a prendere un tè od un caffè insieme a loro. Alla fine riusciremo a cambiare presso il Money Change situato al Centro Commerciale Lulù, parecchio diffuso in Oman, dove ci attrezziamo anche di una scheda telefonica omanita per chiamare casa low cost.
Fatte le varie commissioni, siamo pronti per affrontare l'itinerario di oggi, che prevede un giro in quota tra le montagne intorno a Nizwa. Percorriamo dapprima la favolosa strada panoramica di Hatt, che attraversa i monti Hajar occidentali. Non facciamo l'itinerario circolare in quanto sappiamo che la ripidissima discesa è sterrata, però ci concediamo foto polverose on the top.
Lungo il percorso ci fermiamo in un piccolo villaggio per scattare qualche fotografia e ci viene incontro l'anziano del villaggio urlando "Halan wa salan!" ossia "Benvenuti!". Gli stringiamo la mano chinando il capo e l'uomo accetta di fare alcune foto con noi. Ci nega però di fotografare i bambini che, incuriositi e sorridenti, fanno capolino dietro finestre e cancelli. L'unico linguaggio è quello dei gesti perchè il capovillaggio non parla inglese, così ci congediamo abbastanza velocemente e riprendiamo la strada fermandoci spesso per delle memorabili soste fotografiche.
La giornata in quota non è del tutto limpida, Bazu continua a portarsi dietro la sua nuvoletta densa e la temperatura oscilla tra i 22 ed i 6 gradi incontrati on the top a quota 2000 metri insieme alla nebbia.
Ci concediamo un pranzetto veloce ad Al Hamra per poi salire al Jebel Shams o Montagna del Sole, la più alta vetta dell'Oman con i suoi 3075 metri, attraverso lo spettacolare Wadi Ghul definito dalla gente del posto "Grand Canyon d'Arabia". La strada è invitante ed offre scorci mozzafiato. Rinunciamo però a percorrere l'ultimo tratto in quanto sterrato. Ben due fuoristrada ci offrono un passaggio gratuito per il tratto finale, ma l'ora tarda ci costringe a rifiutare le gentili proposte e a intraprendere la ripidissima discesa su due ruote.
Ci fermiamo a Bahla, attratti dalla sua poderosa fortezza, chiusa al pubblico a causa dei lavori di restauro ma dichiarata già ventisei anni fa patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO. Non appena parcheggiamo la moto i bimbi impegnati in una partita di calcio ci passano la loro logora palla di spugna e tentano di coinvolgerci nei loro giochi: mi sembra un'accoglienza ottima, ma nessuno di noi è un buon calciatore, e così preferiamo dedicarci ad esplorare i ruderi ed i vicoli attorno alla fortezza. Ci imbattiamo così in un gruppo di donne locali che sono intente a chiacchierare sull'uscio di casa insieme ai loro bambini: al saluto in inglese segue una conversazione allegra che per me -donna occidentale- è quasi un interrogatorio. Mi scattano un sacco di foto col cellulare, mi chiedono come si chiamano i miei bambini (Pippo e Olivia, guai a dichiarare di non avere figli!) e scambiano il Bazu per il mio babbo. Ci offrono inoltre il tipico caffè omanita, una brodaglia chiara molto speziata, che sorseggiamo prima di osare di chiedere loro una "foto tra donne": alcune accettano, altre no, ma intanto continuano a farmi la scansione con i loro cellulari, impertinenti e curiose più che mai...Che pettegole queste signore!
Ripresa la strada torniamo a Nizwa dove visitiamo la città vecchia e il suq quando oramai è calato il sole. E' la vigilia di Natale, così chiamiamo casa per gli auguri di rito prima di chiuderci in un ristorantino suggeritoci da una graziosa ma poco affidabile marocchina che vive in Olanda incontrata in un negozio. Compro una tortina in una pasticceria dove c'è una lunga fila di soli uomini che mi fissano curiosi, il Bazu invece fa grandi compere perchè si porta via un souvenir molto speciale: il tradizionale abito omanita (grigio chiaro) e il tipico copricapo maschile. Inoltre chiacchieriamo con un giovane libraio, il quale ci mostra un video che documenta l'inondazione dei wadi, davvero impressionante. Ci regala un cd con interessanti foto e video dell'Oman scattati da un suo amico.
Rientriamo in albergo solo dopo aver cenato (seduti sul pavimento, come usano loro) e crolliamo in un sonno profondo, decisi a partire per Muscat di buonora per dedicarle l'intera giornata. Abbiamo percorso circa 250 chilometri.
Così l'indomani, verso le 10 siamo nella capitale omanita, distante da Nizwa circa 200 chilometri. Lasciamo i bagagli alla reception dell'hotel e ci dedichiamo subito alla visita della Grande Moschea, aperta ai turisti solo dalle 8 alle 11. Che dire? L'imponente moschea mi lascia letteralmente senza fiato, aivoglia il Bazu a dire che questi edifici sotto tutti uguali, per me hanno una grazia ed una raffinatezza incantevoli. Non avendo dietro lo scialle mi copro i capelli con il buff e per foruna nessuno fa obiezioni all'ingresso. Visitiamo la moschea a piedi scalzi. Al suo interno vi è un immenso tappeto persiano che misura 70 per 60 metri (il più grande del mondo, fabbricato in quattro anni con il lavoro di oltre 600 tessitrici) e le volte sono finemente decorate da affreschi e mosaici. Ma l'esterno, per quanto essenziale, attrae la mia attenzione più dell'interno, per le bellissime aiuole e le fioriture colorate. Sarei voluta restare più a lungo, dedicando alle foto più tempo e più attenzione, ma si è fatta rapidissimamente l'ora della preghiera e dunque dobbiamo andar via.
Così l'indomani, verso le 10 siamo nella capitale omanita, distante da Nizwa circa 200 chilometri. Lasciamo i bagagli alla reception dell'hotel e ci dedichiamo subito alla visita della Grande Moschea, aperta ai turisti solo dalle 8 alle 11. Che dire? L'imponente moschea mi lascia letteralmente senza fiato, aivoglia il Bazu a dire che questi edifici sotto tutti uguali, per me hanno una grazia ed una raffinatezza incantevoli. Non avendo dietro lo scialle mi copro i capelli con il buff e per foruna nessuno fa obiezioni all'ingresso. Visitiamo la moschea a piedi scalzi. Al suo interno vi è un immenso tappeto persiano che misura 70 per 60 metri (il più grande del mondo, fabbricato in quattro anni con il lavoro di oltre 600 tessitrici) e le volte sono finemente decorate da affreschi e mosaici. Ma l'esterno, per quanto essenziale, attrae la mia attenzione più dell'interno, per le bellissime aiuole e le fioriture colorate. Sarei voluta restare più a lungo, dedicando alle foto più tempo e più attenzione, ma si è fatta rapidissimamente l'ora della preghiera e dunque dobbiamo andar via.
Ripartiamo in moto per le fioritissime vie di Muscat. Bazu fa un commento molto azzeccato quando dice che il sultano tratta questa città come fosse il giardino di casa sua. In effetti ci sono numerosissimi indiani e pakistani che si occupano della manutenzione delle aiuole, presenti praticamente ovunque. La città è stupenda, con delle infrastrutture modernissime e palazzi di marmo bianco che le danno una luce splendida. D'altronde il cielo è di un turchese profondo, dopo che la nuvoletta di Bazu si è finalmente diradata.
Una rapida inversione ad U ci porta da Costa, nota catena di caffè, dove ci concediamo una pausa gustosa. Il Micio, non trovando quello per i gents, fa pipì nel bagno delle donne, realizzando solo a posteriori che questo in un paese conservatore e mussulmano come l'Oman potrebbe avere gravi conseguenze.
Rifocillati, ci dedichiamo alla visita della Città Vecchia, e facciamo una piacevole passeggiata a piedi tra le strade piene di palazzi, fiori e panorami marini sull'antica fortezza e la torre di guardia. Qui hanno sede l'imponente palazzo del sultano, le cui foto abbondano lungo le vie della capitale omanita, e il "diwan"alias il luogo riservato all'amministrazione ed alle udienze.
Una rapida inversione ad U ci porta da Costa, nota catena di caffè, dove ci concediamo una pausa gustosa. Il Micio, non trovando quello per i gents, fa pipì nel bagno delle donne, realizzando solo a posteriori che questo in un paese conservatore e mussulmano come l'Oman potrebbe avere gravi conseguenze.
Rifocillati, ci dedichiamo alla visita della Città Vecchia, e facciamo una piacevole passeggiata a piedi tra le strade piene di palazzi, fiori e panorami marini sull'antica fortezza e la torre di guardia. Qui hanno sede l'imponente palazzo del sultano, le cui foto abbondano lungo le vie della capitale omanita, e il "diwan"alias il luogo riservato all'amministrazione ed alle udienze.
Poi visitiamo anche la zona denominata Mutrah, che si estende lungo una corniche orlata da eleganti edifici e moschee. Mangiamo male in un localetto alla moda. Poi ci intrufoliamo all'interno del quartiere passando per un portone che un uomo vistosamente in stato confusionale tiene aperto, ma, prima che la nostra esplorazione si concluda, veniamo "scoperti" da alcune donne del posto che ci fanno animatamente capire che dobbiamo tornare all'esterno. Così ci dedichiamo alla visita del suq, molto caratteristico e piuttosto affollato. Diamo un'occhiata all'artigianato locale, ma non ne siamo attratti. Ci sono gioielli in argento molto belli, ma sono gli stessi che si trovano anche qui a prezzi più ragionevoli. L'odore delle essenze è piacevole, tutti i mercanti vogliono vendermi delle pashmine ma non sono troppo insistenti e così non mi costringono alla fuga. Acquisito delle borsine ricamate per un rial e faccio scorta di pinoli e noci da portare alla mia nipotina che ne è ghiotta.
E' ormai sera quando mettiamo piede in hotel, stanchi e più che soddisfatti. Ceniamo in una pizzeria situata nei pressi dell'albergo, dove ci facciamo delle rumorose risate.
L'indomani alle 8 siamo in sella per la gita al celeberrimo Wadi Tiwi.
Usciti da Muscat, ci concediamo una divagazione di una ventina di chilometri lungo una stradina che ci regala scorci molto suggestivi sul mare e su alcuni tipici villaggi omaniti. Purtroppo impieghiamo poco a capire che è una strada senza uscita e che se vogliamo raggiungere il Wadi Tiwi l'unica strada percorribile è la veloce highway costiera. Le mappe del navigatore non coprono l'Oman e dunque utilizziamo delle mappe non ufficiali scaricate da Internet che sono piuttosto approssimative, soprattutto in questo tratto di strada, non consentendoci di calcolare in maniera chiara le distanze da percorrere.
L'indomani alle 8 siamo in sella per la gita al celeberrimo Wadi Tiwi.
Usciti da Muscat, ci concediamo una divagazione di una ventina di chilometri lungo una stradina che ci regala scorci molto suggestivi sul mare e su alcuni tipici villaggi omaniti. Purtroppo impieghiamo poco a capire che è una strada senza uscita e che se vogliamo raggiungere il Wadi Tiwi l'unica strada percorribile è la veloce highway costiera. Le mappe del navigatore non coprono l'Oman e dunque utilizziamo delle mappe non ufficiali scaricate da Internet che sono piuttosto approssimative, soprattutto in questo tratto di strada, non consentendoci di calcolare in maniera chiara le distanze da percorrere.
Il Wadi Tiwi ci regala scorci molto belli, con un benvenuto da parte degli aironi che lo abitano. Riusciamo a percorrerlo in moto, con un piccolissimo guado che però ci fornisce l'occasione di fare foto adventure. La strada sale ripidamente fino al villaggio ma, stretta e tortuosa com'è, ci costringe a fare dietro front tra piantagioni di banane e coltivazioni varie. Tornati al livello del mare ci avventuriamo lungo la vecchia strada costiera per quei tratti della stessa ancora percorribili, così da godere di panorami sull'Oceano Indiano e sulla costa frastagliata e schiaffeggiata dal vento.
Ci fermiamo anche al Wadi Shab, che però non è percorribile in moto ed anzi impone un attraversamento in barca. Infine sostiamo a Qurayat, un villaggio di pescatori a poco più di un'ora di strada veloce da Muscat.
Rientrati nella capitale, dopo una doccia rigenerante, ceniamo all'Automatic Restaurant, dove si mangia una squisita cucina libanese. Bazu è voracissimo, lui adora queste tipiche pappette, salsine ed intingoli vari!
L'indomani ci attende un tappone di circa 500 chilometri fino a Ras Al Khaimah, di nuovo negli Emirati. Da qui il giorno successivo visitiamo la Musandam Peninsula, dopo aver oltrepassato di nuovo la frontiera omanita ripagando il visto. Nonostante la penisola sia molto bella, ci sono tanti cantieri, la maggior parte dei quali per la costruzione di resort di lusso che renderanno appannaggio di pochi eletti i panorami più suggestivi sul mare. Veniamo fermati da alcuni poliziotti per un controllo proprio all'imbocco della bellissima strada costiera Tibat - Khasab, che offre vedute spettacolari sullo Stretto di Hormuz. Le soste fotografiche sono frequenti, così il gruppo si sfalda. Ci ritroviamo alla fine della strada, davanti ad un'agenzia dove prenotiamo una gita in barca di quattro ore per vedere i delfini e la Telegraph Island.
L'indomani ci attende un tappone di circa 500 chilometri fino a Ras Al Khaimah, di nuovo negli Emirati. Da qui il giorno successivo visitiamo la Musandam Peninsula, dopo aver oltrepassato di nuovo la frontiera omanita ripagando il visto. Nonostante la penisola sia molto bella, ci sono tanti cantieri, la maggior parte dei quali per la costruzione di resort di lusso che renderanno appannaggio di pochi eletti i panorami più suggestivi sul mare. Veniamo fermati da alcuni poliziotti per un controllo proprio all'imbocco della bellissima strada costiera Tibat - Khasab, che offre vedute spettacolari sullo Stretto di Hormuz. Le soste fotografiche sono frequenti, così il gruppo si sfalda. Ci ritroviamo alla fine della strada, davanti ad un'agenzia dove prenotiamo una gita in barca di quattro ore per vedere i delfini e la Telegraph Island.
Abbiamo appena il tempo di un dolcetto ed un caffè prima di partire per la nostra escursione in "dhow". Con noi gente di varia nazionalità.
Che Bazu non ami molto le gite in barca e che Brag non sia un tipo da meditazioni oceaniche lo sapevo già, però l'accanimento del nostro capitano di vascello nel rincorrere un branco di poveri delfini che "devono pur uscire a respirare" e il puzzo del gasolio, per loro sono davvero troppo. Il risultato è una radiocronaca della gita in chiave ironica e delirante. Nel tratto finale invece ci divertiamo ad osservare i contrabbandieri che, a tutto gas, ci sfilano davanti con le loro piccole imbarcazioni cariche di ogni tipo di merce. Scambiano con l'Iran soprattutto capre e sigarette, ed hanno un aspetto davvero poco rassicurante.
Che Bazu non ami molto le gite in barca e che Brag non sia un tipo da meditazioni oceaniche lo sapevo già, però l'accanimento del nostro capitano di vascello nel rincorrere un branco di poveri delfini che "devono pur uscire a respirare" e il puzzo del gasolio, per loro sono davvero troppo. Il risultato è una radiocronaca della gita in chiave ironica e delirante. Nel tratto finale invece ci divertiamo ad osservare i contrabbandieri che, a tutto gas, ci sfilano davanti con le loro piccole imbarcazioni cariche di ogni tipo di merce. Scambiano con l'Iran soprattutto capre e sigarette, ed hanno un aspetto davvero poco rassicurante.
Sbarchiamo a fine tramonto e, recuperate le nostre cavalcature, andiamo a fare pipì da Lulù (unico posto dove siamo sicuri di trovare un bagno per signore) prima di tornare a Ras Al Khaimah. Ci rifermano al posto di polizia e ci vuole un pò anche in dogana per il disbrigo delle formalità solite: timbro sul passaporto, fogliettino da esibire ai vari posti di controllo finchè all'ultimo check non lo ritirano..... Mi domando perchè fare una procedura così complicata ma non trovo una risposta intelligente!
Rientrati in hotel ci regaliamo una luculliana cena da Caesar's. Stasera si fanno le cose in grande perchè di fatto si può dire che è la nostra ultima sera. Oramai il viaggio è finito, la giornata di domani a Dubai è solo una sosta tecnica.
L'ultima giornata negli Emirati la dedichiamo ad andare a naso. Siamo talmenti vicini a Dubai che qualche divagazione per passare il tempo ci può solo stare bene, e così ci imbattiamo prima nel deserto, poi in un gigantesco relitto di aereo, poi in delle zone paludose piene di volatili, infine in una spiaggia strapiena di conchiglie alcune delle quali le porterò in Italia con me.
Rientrati in hotel ci regaliamo una luculliana cena da Caesar's. Stasera si fanno le cose in grande perchè di fatto si può dire che è la nostra ultima sera. Oramai il viaggio è finito, la giornata di domani a Dubai è solo una sosta tecnica.
L'ultima giornata negli Emirati la dedichiamo ad andare a naso. Siamo talmenti vicini a Dubai che qualche divagazione per passare il tempo ci può solo stare bene, e così ci imbattiamo prima nel deserto, poi in un gigantesco relitto di aereo, poi in delle zone paludose piene di volatili, infine in una spiaggia strapiena di conchiglie alcune delle quali le porterò in Italia con me.
Nel primo pomeriggio rientriamo a Dubai. Smontiamo dalle moto i navigatori e, nel togliere le nostre cose, ci rendiamo conto che il bauletto trovato aperto al mattino nel parking dell'albergo di Ras Al Khaimah non è stata una nostra dimenticanza dato che mancano un borsello contenente alcuni accessori di abbigliamento e la piletta del proprietario della moto.
Dopo una passeggiata nel quartiere di Deira, dove si trova il nostro hotel, riprendiamo le moto per andare a cena con Saleh ed i Dubai Riders. La serata è piacevole e, giocando d'anticipo, riusciamo a pagare noi la cena.
Recuperiamo la valigia smarrita solo a fine serata, dopo aver lasciato le moto nel cortile della casa di Saleh, che ci riaccompagna in auto all'albergo.
Salutiamo anche Luciano, che partirà all'alba per imbarcarsi ad Abu Dhabi. Poi quattro ore di sonno e il volo con scalo ad Istanbul. Alle 18 siamo a Roma e alle 22 a casa a Pescara, cotti e felici per quest'altra bellissima esperienza su due ruote. Abbiamo lasciato i nostri compagni di viaggio da poche ore ma già ci mancano.
Dopo una passeggiata nel quartiere di Deira, dove si trova il nostro hotel, riprendiamo le moto per andare a cena con Saleh ed i Dubai Riders. La serata è piacevole e, giocando d'anticipo, riusciamo a pagare noi la cena.
Recuperiamo la valigia smarrita solo a fine serata, dopo aver lasciato le moto nel cortile della casa di Saleh, che ci riaccompagna in auto all'albergo.
Salutiamo anche Luciano, che partirà all'alba per imbarcarsi ad Abu Dhabi. Poi quattro ore di sonno e il volo con scalo ad Istanbul. Alle 18 siamo a Roma e alle 22 a casa a Pescara, cotti e felici per quest'altra bellissima esperienza su due ruote. Abbiamo lasciato i nostri compagni di viaggio da poche ore ma già ci mancano.