Acquasanta Terme, Arquata del Tronto, Castel Sant'Angelo sul Nera, Castelluccio di Norcia: sono per noi posti del cuore, mete abituali nei nostri giri giornalieri, luoghi che associamo anche a persone conosciute frequentandoli.
In noi c'è il desiderio di capire quanto siano stati realmente feriti dal terremoto del 24 agosto scorso, c'è la voglia di sentire le testimonianze della gente del posto, c'è la necessità di andarci unita alla consapevolezza che farlo ci riempirà di tristezza.
La giornata è magnifica, il cielo è di un turchese intatto ed uniforme, l'aria è freddina ma non c'è vento. Insomma è proprio una giornata da trascorrere in motocicletta.
Riusciamo a metterci in sella poco prima delle nove. Percorriamo il lungomare di Pescara che ancora sonnecchia ed è avvolto da una luce quieta e bellissima. Poi l'A14 fino a San Benedetto del Tronto, il raccordo per Ascoli e la via Salaria.
La prima tappa la facciamo ad Acquasanta Terme: solito caffè nel solito bar, solite provviste al forno del paese. C'è gente, un po' meno del solito, ma c'è gente: le botteghe sono piene e le ferite del sisma a prima vista non si vedono... A sera però parlando con la nostra spacciatrice di olive ascolane scopriremo che ben il 70% delle case sono state dichiarate inagibili.
Proseguendo notiamo tetti crollati e vistose crepe su alcune case. Poi Arquata del Tronto e la sua maestosa rocca a guardare un paese sventrato. Ancora c'è la tendopoli, i prefabbricati per i servizi essenziali (banca, farmacia, etc.), vigili del fuoco e protezione civile ovunque. La scuola dalle pareti rosa è “spezzata” su se stessa, così come altri palazzi sulla strada che non sono manco stati transennati e messi in sicurezza...sventola una striscia di nastro bianco e rosso, sottile e consumata.
Sebbene le indicazioni stradali diano Forca di Presta aperto, la strada è chiusa già subito dopo Arquata, addirittura c'è un posto di blocco dell'esercito a presidiare la sbarra. Non ci stupisce sia così, visto che la strada si arrampica stretta e tortuosa tra le case, sembra quasi di entrarci dentro ad ogni svolta.
Ripensiamo ai volti degli anziani seduti al sole sui sedili accanto all'uscio: ogni casa di pietra aveva la sua panca, anch'essa di pietra, e col sole la gente del posto si sedeva fuori a vedere i passanti e a ragionare... Spesso abbiamo incontrato sorrisi o mani alzate in segno di saluto, noi che rallentavamo quasi a passo d'uomo per cercare di non dar loro fastidio col rumore del motore.
Ci vengono in mente le parole della guida che tempo prima ci aveva accompagnato per la rocca di Arquata, quando ci spiegò che molte case, interi paesi (Piedilama ad esempio) erano costruite su degli speroni di roccia e fuse con questi. Mi domando se lo sanno quei politici che promettono di ricostruire tutto tale e quale a com'era prima di quella terribile notte...
Torniamo indietro e proviamo a salire a Castelluccio attraverso Forca Canapine. La strada è aperta.
Notiamo subito che il terremoto ha scosso le enormi pareti di roccia alla nostra destra, al punto che le reti contenitive si sono deformate e in qualche punto si sono molto rialzate lasciando cadere pietre anche di una certa grandezza.
Appena saliamo un po' di quota l'autunno ci avvolge con i suoi magnifici colori e lo spettacolo comincia. L'animo si rasserena, la pressione sul pulsante di scatto della mia reflex mi aiuta a scaricare la tensione, sebbene nel cogliere la bellezza di quella natura che mi esplode attorno io continui a farmi domande su come possa essere anche tanto distruttiva. In realtà distrugge per creare, per favorire una rinascita, è l'uomo che è incompatibile con le sue leggi e vuol forzarle costruendo dove non si può o facendolo male.
Perfino un vigile del fuoco si ferma a fare una foto con il cellulare... Come lui stesso sottolinea, dopo averci salutato con un sorriso, lo spettacolo merita di essere immortalato.
Imbocchiamo per Castelluccio e la Piana ci accoglie senza ombre nella luce calda dei colori autunnali. Notiamo subito che si è sciolta la neve caduta di recente lasciando sul gigantesco prato dei laghi in cui si specchiano le montagne circostanti.
Pisoliamo su una panchina in piazza lasciandoci scaldare dal sole, ascoltando le chiacchiere dei pochi bikers presenti che parlano di consumi, velocità massime e gomme più o meno performanti.
Poi decidiamo di scendere di nuovo sul Pian Grande per tentare di raggiungere a piedi uno dei laghi visti dall'alto per fotografarne i colori, la luce e soprattutto i magici riflessi.
Ci riusciamo ed è uno spettacolo per gli occhi e una gioia per l'obiettivo... Peccato che i miei stivaletti in goretex della Alpinestars dopo poco più di un anno abbiano già perso la loro impermeabilità ed io mi ritrovi così con i piedi zuppi!
Un gigantesco cumulo di macerie che non sembra neppure più un paese...uno scenario apocalittico e devastante. Ci fermiamo sul cavalcavia, e lo stesso fanno le altre due auto di passaggio oltre noi: è impossibile non fermarsi, l'immagine è scioccante!
E quell'immagine purtroppo ci ha accompagnato fino a casa, triste e amara, indescrivibile.
L'album completo delle foto cliccando su questo link:
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