C’è una cosa che non dimenticherò mai di questo viaggio: l’incontro con Patsy Dan Rodgers, the last king of Ireland.
E’ un uomo sui settant’anni quello che si fa incontro al piccolo ferry che, dopo un’ora di navigazione impervia tra le minacciose onde dell’Atlantico, fa il suo ingresso nel porticciolo di Tory Island.
Andrea ed io, the italian journalists, siamo i primi a sbarcare e la stretta di benvenuto della sua mano è forte e calda.
Davanti a noi le casupole bianche, l’acqua della baia di un verde pallido, una piccola croce a forma di T ed una strada che si arrampica verso le scogliere.
E’ una mattinata ventosa, il cielo è quello tipico irlandese delle giornate di good weather: zeppo di nuvole bianche ma col sole che illumina di bellezza ogni pietra ed ogni ciuffo d’erba.
Quest’isoladista dalla banchina di Magheraroarty, nel Nord del Donegal, dodici chilometri,circa un’ora di traghetto. E’ lunga 5 chilometri e larga appena uno, ed è considerata un paradiso dagli amanti del birdwatching.
Su ben tre lati le sue scogliere si tuffano nel mare da 90 metri di altezza, abitate da sule, pulcinella di mare, cormorani, gabbiani e molte altre specie di volatili. E’ la stagione delle nascite e dunque avvistare gli uccelli è piuttosto facile anche senza prendere la barca.
Purtroppo la nostra è una gita che si concluderà in giornata e dunque, scambiati i convenevoli con il Re all’arrivo e presi accordi per l’intervista, ci incamminiamo veloci verso le scogliere: la brughiera sembra far rimbalzare ogni nostro passo, attutendone il peso, ma dobbiamo fare attenzione al vento ed alle sue folate improvvise e minacciose. Impieghiamo circa mezzora per arrivare on the top, dove i nostri occhi prima si perdono nella grandiosità dei panorami sull’Oceano e poi si fermano a catturare le curiose immagini dei graziosi e buffi pulcinella di mare che vivono sulle scogliere ricoperte di brughiera.
Tornati a livello del mare ci incamminiamo verso il cuore dell’isola, ammirandone le case bianche, la torre circolare, la piccola e semplice chiesa. Una sosta all’emporio che gli abitanti del posto chiamano semplicemente “the shop”: quattro chiacchiere col proprietario, un gelato veloce, la Mercedes reale che viene verso di noi, una delle poche automobili a cui è consentito di circolare sull’isola.
E’ una giornata talmente bella che sarebbe un peccato raggiungere in macchina il faro posto all’altra estremità dell’isola, e Sua Maestà ci asseconda volentieri, ansioso di parlarci della sua meravigliosa Tory.
Così scegliamo di percorrere a piedi il sentiero tra le brughiere, zeppo di conigli e di pozze d’acqua popolate da ogni genere di volatile. Ogni tanto ci sediamo sul soffice della brughiera ed ascoltiamo quest’uomo agile e forte parlare con amore, passione e veemenza della sua Tory.
E’ un destino di sofferenza e solitudine quello di quest’isola: al punto che nel 1974 il governo irlandese –dopo una tempesta durata ben otto settimane- tentò in ogni modo di evacuarla. Ma i suoi 170 abitanti resistettero orgogliosi e fieri, grazie a frate Diarmuid O Peìcìn che sensibilizzò l’opinione pubblica internazionale ed organizzò una raccolta di fondi che consentì di dotare l’isola di un collegamento regolare di traghetti con la mainland, di acquistare un generatore elettrico e di sistemare la chiesa ed altre strutture.
Ora gli abitanti fissi di Tory sono 130 e molti di loro –Patsy in testa- sono degli artisti apprezzati. Molto presto, ci racconta orgoglioso il re, nasceranno due bambini, un evento molto importante in una comunità così piccola.
Patsy ci parla del ferry, troppo piccolo per solcare le onde dell’Atlantico nei rigidi inverni; ci parla della rete telefonica e dei suoi frequenti guasti; ci parla della piccola scuola di Tory e del fatto che solo una volta ogni 15 giorni sull’isola si reca un medico in elicottero. Ci chiede di parlare di Tory e dei suoi problemi on Mototurismo magazine, è consapevole che il modo migliore per dissuadere il governo irlandese dal progetto di evacuare la sua piccola ma significativa comunità è richiamare più turisti possibili.
E’ incredibile l’amore che traspare dalla sua voce, dai suoi occhi, dal movimento delle sue mani. Poi ci parla anche dei numerosi artisti –musicisti, narratori e pittori- che traggono ispirazione dagli scenari mozzafiato di questo lembo di terra esposto alle intemperie dell’oceano, dove ancora si parla gaelico. Infine ci mostra una piccola casa all’orizzonte dove una nota pittrice ha trascorso le sue ultime 50 estati, una profonda grotta ed il luogo dove Guglielmo Marconi effettuò le prime comunicazioni telefoniche con la Scozia.
Il cielo è ora terso, l’aria è calda anche se il vento del nord continua a soffiare... purtroppo però si è fatta già l’ora di rientrare. Il re ci accompagna al ferry, dove si intrattiene anche con gli altri visitatori in partenza: sono già 19 anni che Patsy Dan Rodgers accoglie tutti coloro che per i motivi più disparati arrivano fin qui. Le sue ultime parole sono “God be with you” e ce le dice mentre ci dà due amichevoli colpetti sulle spalle.
Quando il ferry parte il mio ultimo sguardo a Tory Island si ferma ancora sul volto sorridente del suo re, fermo sulla banchina accanto alla sua mercedes nera. Alzo ed agito la mano nell’ultimo saluto ma vorrei tanto ringraziarlo ancora per quella lunga chiacchierata sul soffice della brughiera che non dimenticherò mai.
E’ un uomo sui settant’anni quello che si fa incontro al piccolo ferry che, dopo un’ora di navigazione impervia tra le minacciose onde dell’Atlantico, fa il suo ingresso nel porticciolo di Tory Island.
Andrea ed io, the italian journalists, siamo i primi a sbarcare e la stretta di benvenuto della sua mano è forte e calda.
Davanti a noi le casupole bianche, l’acqua della baia di un verde pallido, una piccola croce a forma di T ed una strada che si arrampica verso le scogliere.
E’ una mattinata ventosa, il cielo è quello tipico irlandese delle giornate di good weather: zeppo di nuvole bianche ma col sole che illumina di bellezza ogni pietra ed ogni ciuffo d’erba.
Quest’isoladista dalla banchina di Magheraroarty, nel Nord del Donegal, dodici chilometri,circa un’ora di traghetto. E’ lunga 5 chilometri e larga appena uno, ed è considerata un paradiso dagli amanti del birdwatching.
Su ben tre lati le sue scogliere si tuffano nel mare da 90 metri di altezza, abitate da sule, pulcinella di mare, cormorani, gabbiani e molte altre specie di volatili. E’ la stagione delle nascite e dunque avvistare gli uccelli è piuttosto facile anche senza prendere la barca.
Purtroppo la nostra è una gita che si concluderà in giornata e dunque, scambiati i convenevoli con il Re all’arrivo e presi accordi per l’intervista, ci incamminiamo veloci verso le scogliere: la brughiera sembra far rimbalzare ogni nostro passo, attutendone il peso, ma dobbiamo fare attenzione al vento ed alle sue folate improvvise e minacciose. Impieghiamo circa mezzora per arrivare on the top, dove i nostri occhi prima si perdono nella grandiosità dei panorami sull’Oceano e poi si fermano a catturare le curiose immagini dei graziosi e buffi pulcinella di mare che vivono sulle scogliere ricoperte di brughiera.
Tornati a livello del mare ci incamminiamo verso il cuore dell’isola, ammirandone le case bianche, la torre circolare, la piccola e semplice chiesa. Una sosta all’emporio che gli abitanti del posto chiamano semplicemente “the shop”: quattro chiacchiere col proprietario, un gelato veloce, la Mercedes reale che viene verso di noi, una delle poche automobili a cui è consentito di circolare sull’isola.
E’ una giornata talmente bella che sarebbe un peccato raggiungere in macchina il faro posto all’altra estremità dell’isola, e Sua Maestà ci asseconda volentieri, ansioso di parlarci della sua meravigliosa Tory.
Così scegliamo di percorrere a piedi il sentiero tra le brughiere, zeppo di conigli e di pozze d’acqua popolate da ogni genere di volatile. Ogni tanto ci sediamo sul soffice della brughiera ed ascoltiamo quest’uomo agile e forte parlare con amore, passione e veemenza della sua Tory.
E’ un destino di sofferenza e solitudine quello di quest’isola: al punto che nel 1974 il governo irlandese –dopo una tempesta durata ben otto settimane- tentò in ogni modo di evacuarla. Ma i suoi 170 abitanti resistettero orgogliosi e fieri, grazie a frate Diarmuid O Peìcìn che sensibilizzò l’opinione pubblica internazionale ed organizzò una raccolta di fondi che consentì di dotare l’isola di un collegamento regolare di traghetti con la mainland, di acquistare un generatore elettrico e di sistemare la chiesa ed altre strutture.
Ora gli abitanti fissi di Tory sono 130 e molti di loro –Patsy in testa- sono degli artisti apprezzati. Molto presto, ci racconta orgoglioso il re, nasceranno due bambini, un evento molto importante in una comunità così piccola.
Patsy ci parla del ferry, troppo piccolo per solcare le onde dell’Atlantico nei rigidi inverni; ci parla della rete telefonica e dei suoi frequenti guasti; ci parla della piccola scuola di Tory e del fatto che solo una volta ogni 15 giorni sull’isola si reca un medico in elicottero. Ci chiede di parlare di Tory e dei suoi problemi on Mototurismo magazine, è consapevole che il modo migliore per dissuadere il governo irlandese dal progetto di evacuare la sua piccola ma significativa comunità è richiamare più turisti possibili.
E’ incredibile l’amore che traspare dalla sua voce, dai suoi occhi, dal movimento delle sue mani. Poi ci parla anche dei numerosi artisti –musicisti, narratori e pittori- che traggono ispirazione dagli scenari mozzafiato di questo lembo di terra esposto alle intemperie dell’oceano, dove ancora si parla gaelico. Infine ci mostra una piccola casa all’orizzonte dove una nota pittrice ha trascorso le sue ultime 50 estati, una profonda grotta ed il luogo dove Guglielmo Marconi effettuò le prime comunicazioni telefoniche con la Scozia.
Il cielo è ora terso, l’aria è calda anche se il vento del nord continua a soffiare... purtroppo però si è fatta già l’ora di rientrare. Il re ci accompagna al ferry, dove si intrattiene anche con gli altri visitatori in partenza: sono già 19 anni che Patsy Dan Rodgers accoglie tutti coloro che per i motivi più disparati arrivano fin qui. Le sue ultime parole sono “God be with you” e ce le dice mentre ci dà due amichevoli colpetti sulle spalle.
Quando il ferry parte il mio ultimo sguardo a Tory Island si ferma ancora sul volto sorridente del suo re, fermo sulla banchina accanto alla sua mercedes nera. Alzo ed agito la mano nell’ultimo saluto ma vorrei tanto ringraziarlo ancora per quella lunga chiacchierata sul soffice della brughiera che non dimenticherò mai.