L’enorme e soffice distesa di nuvole bianche oltre il finestrino dell’aereo incanta i miei pensieri e li rende positivi e lievi… Stiamo realizzando un altro sogno, di quelli che ti restano impressi addosso e ti vengono incontro a portare sollievo ogni volta che rimugini sulla vita…
La mappa indica che stiamo ormai volando oltre la Bretagna, sull’oceano: in un soffio ci siamo lasciati alle spalle l’intera Europa!
Altre sette ore di volo e saremo a Toronto; da lì proseguiremo per San Francisco, dove ci attende un GS preso a noleggio che ci porterà a spasso per tre settimane attraverso gli splendid parchi dell’ovest degli Stati Uniti…in una parola il caro vecchio west dei film americani più gettonati!
Siamo emozionati. La tensione dei giorni scorsi è andata via; ci è bastato ritrovarci per tranquillizzarci a vicenda ed entrare nell’esaltante dimensione del viaggio, tenendoci per mano…
E’ la nostra prima volta da soli oltre i confini dell’Europa, ed ha il sapore incantato e la luce romantica di un viaggio di nozze… Tuttavia mille piccole cose ci fanno pensare al nostro amico Bazu, con cui abbiamo condiviso gli altri viaggi extraeuropei degli ultimi 14 mesi (Nepal e Patagonia): ci mancano un po’ le sue cazzate, la sua risata importante, la sua radiocronaca del volo e delle cose che fanno le hostess per renderlo più piacevole!
Arriviamo a San Francisco in piena notte, esausti a causa dei severi controlli e della scortesia subiti alla dogana all’aeroporto di Toronto, da dove la coincidenza è partita con un paio di ore di ritardo… Un taxi limousine ci porta al motel prenotato per la notte: niente di che, però si trova ad appena un isolato da Dubbellju, dove riposa il GS che ci farà compagnia per il vero viaggio… La stanchezza è tale che rinunciamo a cenare e sprofondiamo subito in un sonno profondo…
L’indomani di buon’ora, riposati e puliti, ci rechiamo a ritirare la moto…
Purtroppo le operazioni di noleggio si rivelano più complicate del previsto a causa di una serie di inspiegabili problemi con le carte di credito, che però ci danno modo di entrare in confidenza con il titolare del negozio, il quale –dopo aver sentito che siamo stati in Nepal in sella ad una Royal Enfield- cambia atteggiamento e si rivela prodigo di consigli… Prende una cartina dettagliata e ci segna con l’evidenziatore tutte le stradine più belle e sperdute di California, Nevada,Utah ed Arizona, quelle assolutamente da non perdere! I suoi suggerimenti si riveleranno dritte eccezionali fin dal primo giorno, portandoci spesso fuori dagli itinerari di massa, lungo strade desolate e spettacolari…
La nostra prima tappa è Mariposa, cittadina accogliente ed ottima base per esplorare lo splendido Yosemite National Park. Ci arriviamo per una strada alternativa suggerita da Wolfgang (il noleggiatore), che sale parecchio di quota (2050 metri) e ci dà l’occasione di spaziare con lo sguardo su panorami fantastici accarezzati da una luce calda e magica che assomiglia molto a quella del nord Europa nelle rare giornate terse…
L’hotel è un costoso quattro stelle prenotato dall’Italia (l’unico disponibile e il solo prenotato da casa), che ci fa subito capire quali sono le due cose di cui il turista americano non sa fare a meno: il condizionatore e la macchina del ghiaccio! Il cortile del motel è un concerto di condizionatori accesi e alla macchina del ghiaccio c’è la fila: incredibile! Noi stiamo benissimo senza entrambe le cose, siamo a circa 1000 metri di quota e non c’è umidità…
I due giorni successivi ci vedono a spasso per lo Yosemite, il parco preferito dai turisti americani…E’ molto suggestivo, pieno di cascate e di laghi turchesi, ricco di fauna e di flora, di sentieri e di stradine di alta quota…Per non parlare delle sue splendide gigantesche sequoie!
Mi pento immediatamente di aver lasciato in albergo la giacca in cordura perché la temperatura è piuttosto bassa, anche meno di dieci gradi…
Siamo partiti presto per evitare la fila all’ingresso e la scelta si è rivelata azzeccata… Come pure il consiglio di una collega di fare la tessera annuale che consente l’ingresso a tutti i parchi americani (per niente pubblicizzata in loco), grazie alla quale si può usufruire di ingressi riservati baipassando le lunghe code…
Non ci sono molte moto, quelle che incontriamo però sono tutte scenografiche e luccicanti Harley Davidson…Mi accorgo subito però che si tratta quasi sempre di moto prese a noleggio ed i cui piloti sovente guardano sospirando il nostro GS, certamente più comodo ed eclettico, soprattutto se si considera che gli Stati Uniti offrono stradine sterrate molto panoramiche e come tali imperdibili per un’appassionata di foto e riprese come me!
Ogni tanto lasciamo la nostra cavalcatura per fare qualche breve sentiero a piedi che porta a punti panoramici e a cascate la cui imponenza ci lascia senza fiato… Ovunque simpatici scoiattoli, qualche cervo, tantissimi rapaci… Rischiamo di rimanere senza benzina, ma alla fine ce la caviamo grazie al GPS!
Rientrati alla base, siamo belli rosolati di sole e felicità… Una birrozza scacciapensieri però la beviamo volentieri, col solito hamburger ed un buon cheesecake, dolce tipico di queste parti, prima di un buon sonno ristoratore! Abbiamo subito imparato una cosa: bisogna alzarsi presto al mattino, sia perché le cose da vedere sono tante, sia perché si viaggia meglio e con una luce splendida… Man mano che ci avvicinneremo al deserto la sveglia verrà portata sempre più indietro, addirittura alle cinque del mattino…d’altronde alle 11 in quelle zone la temperatura è già di 46 gradi!
E così che, attraverso il Tioga Pass (alto più di 3000 metri) arriviamo a Lone Pine, base da cui entreremo nella Death Valley…provo un brivido a scrivere di questo luogo e presto potrete capire perché…
Da sempre Andrea ed io ci sentiamo attratti da paesaggi estremi e remoti, così quando abbiamo letto di questo parco l’abbiamo subito inserito nel nostro itinerario, sebbene la guida lo presentasse come particolarmente inospitale e torrido, con temperature anche oltre i 50 gradi… Perfino l’assicurazione della moto non vale da queste parti e non è previsto il soccorso stradale!
Partiamo di buon’ora, macinando chilometri nel deserto, in uno scenario arso, bianco e maestoso che mi rapisce completamente per quanto è suggestivo ed assoluto… Le piante sono secche, la terra è sabbiosa e piena di crepe dovute alla siccità, non ci sono forme di vita, neppure insetti od uccelli…
Ci sentiamo meravigliosamente soli, e la nostra esaltazione cresce man mano che passano le ore ed andiamo avanti… Proprio questa esaltazione ci ha fatto essere pericolosamente imprudenti, trasformandosi in incoscienza quando, dopo esserci ristorati nell’unica oasi esistente (Furnace Creek), abbiamo scelto di proseguire anziché fermarci per la notte: alle due del pomeriggio (l’orario più caldo) ci siamo messi in moto per attraversare la parte più torrida, surreale e sperduta del parco, quella che ricomprende una depressione che trovasi 80 metri sotto il livello del mare… Nessuna oasi per ore, solo caldo, sabbia e polvere…
Mi domando come mai siamo l’unica moto, perché la gente ci fotografa, come mai così tante persone ci guardano e ci dicono “Hard!” con il pollice alzato…
Da italiana doc ho sottovalutato il problema “caldo”, illudendomi che bastasse qualche giorno di integratori di sali minerali ed una buona scorta d’acqua, insieme ad un paesaggio scenografico, a far sì che il mio organismo non andasse in tilt…Purtroppo così non è stato, sono andata in ipertermia a metà strada tra Furnace Creek e Shoshone, quando oramai non avevo via di scampo, con 51 gradi di temperatura ed un effetto sauna sulla moto che evidentemente rendeva la temperatura percepita ancora più elevata… Fortunatamente mi sono accorta di quello che stava succedendo ed ho trovato la forza, nonostante i brividi, di fermare l’unica auto che si era avventurata oltre noi in quell’inferno, per chiedere soccorso… Andrea per fortuna non ha avuto nessun problema, ma io me la sono davvero vista brutta: in un attimo dal mio corpo sono fuoriusciti tutti i liquidi che c’erano, lo stimolo della sete era assente, la testa girava, sono cominciati i brividi sempre più forti fino a diventare convulsioni… La giovane coppia in viaggio di nozze che mi ha aiutata la ricorderò sempre come due angeli venuti dal cielo: gli devo la vita… E se ho impiegato quattro mesi per cominciare a scrivere questo report, io che in genere sono di penna “facile”,forse è proprio perché non ce la facevo a raccontare quei momenti, così come ancora non perdono me stessa per essere stata tanto incosciente! Mi ci sono voluti un paio di giorni per riprendermi, e dunque abbiamo sfruttato le prime ore della giornata per spostarci fermandoci già alle 10 e mezza del mattino non appena la temperatura oltrepassava i 45 gradi e l’aria diventava pericolosamente torrida…
Un americano mi ha spiegato che per affrontare il caldo è importante legarsi al collo un fazzoletto zuppo d’acqua…non lo sapevo…
Comunque sia, il paesaggio del deserto è uno dei più belli e stupefacenti che io abbia mai visto… Sono un’appassionata di
piante grasse, ne ho centinaia, e trovarmi con la moto in mezzo ai cactus è stato davvero emozionante…
Piano piano, dunque, il nostro viaggio attraverso i deserti della California, del Nevada e dell’Arizona è proseguito… Dalla Death Valley siamo entrati nella Valley of Fire, dove abbiamo fatto un tuffo nel Lake Mohave a due passi dal fiume Colorado vicino a Bull Head City, prima di dirigerci verso il Gran Canyon… Abbiamo volutamente scelto di non visitare Las Vegas, sarebbe stata come un pugno nello stomaco!
Sveglia alle cinque per percorrere la Historic Route 66 fino ad Williams sfruttando le ore più fresche della giornata… Qui cominciano di nuovo gli incontri con altri motociclisti, l’aria in faccia torna gradevole, le soste diventano frequentissime per godere appieno del fascino dei luoghi… Ci fermiamo in un paio di localetti tipici davvero bizzarri e fascinosi, assaggiamo i pancakes originali zuppi di sciroppo d’acero, compriamo i gettonatissimi souvenir del posto e chiacchieriamo amabilmente con altri bikers tra le reminiscenze di vecchi ambienti western… L’atmosfera è davvero fantastica! Sembra di fare un tuffo nel passato perfino quando ci si ferma per un rifornimento di benzina! Poi il treno a vapore lunghissimo che ci cammina affianco per un tratto di strada…mi esce un urlo da pellirossa, ma è solo una manifestazione di gioia!
Da Williams ci dirigiamo a Sedona, le cui rocce rosse infuocate dal tramonto sono un altro dei ricordi indelebili che questo viaggio ha impresso nella mia memoria… Trai canyon, nel fiume Colorado, c’è un sacco di gente che fa il bagno, si tuffa da un roccione, nuota tra un salto e l’altro del fiume… Ooops, una nuvola oscura il sole e tutto si spegne! Che differenza…riaccendete l’incanto, please!
Dalla base di Williams l’indomani entriamo nel Grand Canyon National Park, che ci accoglie con un tempo incerto che ben presto si trasforma in un violento e lungo temporale…Non ho mai visto un posto così grandioso, è immensamente grande, un vero e proprio trionfo della natura…ne sono estasiata! Addirittura trai canyon vivono i puma!
Approfittiamo del cattivo tempo per approfondire la storia degli indiani nativi d’America –i Navajo- e spedire qualche cartolina… Oramai il caldo torrido è solo un ricordo e la pioggia copiosa ci costringe addirittura ad infagottarci nelle antipioggia!
Attendiamo che il tempo migliori ma non c’è speranza, le previsioni c’hanno preso in pieno! Così decidiamo di proseguire e basta poco per allontanarsi dalla perturbazione e tornare a godere di panorami turchesi tra le rocce tipicamente rosse di questa regione… Per risarcire il mio spirito fotografico del danno meteorologico, Andrea accondiscende alla mia richiesta di prendere una stradina sterrata che affianca la strada principale e in un attimo ci troviamo parte di scenari fantastici, quasi surreali… Scendendo dalla moto, lancio un urlo dovuto al violento impatto con uno spinoso cactus…ce ne sono tutti attorno, alcuni con i fiori, altri con i frutti…che spettacolo!
Ci fermiamo per la notte a Tuba City, sempre in Arizona.
L’indomani riprendiamo la strada all’alba diretti alla Monument Valley… Siamo partiti presto perché ancora una volta le previsioni del tempo sono pessime, ed in cuor nostro speriamo di goderci la Monument Valley senza pioggia… Dopo aver acquistato dei monili artigianali su una bancarella degli indiani Navajo, entriamo nello Utah…Un grosso cartello di benvenuto sullo sfondo della Monument Valley mi fa capire che quello di oggi è forse il posto più spettacolare del nostro viaggio…
Siamo la sola moto che decide di percorrere il rosso sterrato tra le montagne della Monument Valley…
Gli altri bikers scelgono i pulmini fuoristrada a venti dollari a testa, ma per chi guida una Harley Davidson la scelta è praticamente obbligata! A dire il vero, a causa della pioggia, la terra rossa diventa talmente appiccicosa che Andrea suda parecchio per tenere in piedi la moto ed io mi ritrovo costretta a fare belle salitone a piedi! Comunque lo scenario attorno a noi, anche con la pioggia ed il cielo nero, è assolutamente unico e surreale! Ad un certo punto, mentre sto fotografando Andrea, compare un cavallo al galoppo che viene verso di me: da un lato sono estasiata per la bellezza della scena, dall’altro ho paura e cerco di riavvicinarmi di corsa alla moto…Quando ecco che compare un indiano che guida un intero branco di cavalli al galoppo: che scena da film!
Se c’è un posto dove sogno di tornare è proprio la Monument Valley: voglio alzarmi all’alba e fare a piedi la pista fatta con la moto…ovviamente in una giornata di sole!
Ci fermiamo per dormire ad una quarantina di miglia dalla Monument Valley, a Mexican Hut, dove la sera assistiamo ad un concerto country in un localetto dove servono carne e fagioli ed un vecchietto vestito da cow boy cucina la carne su una gigantesca griglia che dondola sulla brace… Assomiglia a Trinchetto, personaggio di Braccio di Ferro, e va a suon di musica!
L’indomani, all’uscita da Mexican Hut, imbocchiamo una strada sterrata suggerita dalla Lonely Planet, che sale sale sale tra le rocce e ci regala scorci spettacolari sul fiume Colorado e la Monument Valley… E’ incredibile il percorso di questo fiume, l’itinerario che si è scavato tra le rocce, il colore rosso delle sue acque…
La tappa successiva è Hanksville, dove arriviamo di sera mentre comincia violentemente a piovere… Abbiamo trascorso una giornata fantastica dondolandoci su una strada da urlo tra rocce, canyon, laghi ed aquile che ci ha regalato più di un brivido… Glen Canyon – Utah, highways 261 e 95: questa strada ce l’ha suggerita un nostro amico giornalista, anche lui abruzzese, con il quale condividiamo la convinzione profonda che “Campo Imperatore è il posto più bello del mondo!”, e si rivela una vera e propria esplosione della forza della natura… Mi emoziono fino alle lacrime perché gli scenari mozzafiato si susseguono per circa 150 miglia, un’enormità!
Siamo fantasticamente soli, gli incontri con altri veicoli sono rarissimi, ci accorgiamo di essere usciti dalle rotte turistiche dei vacanzieri di agosto, prevalentemente italiani e fighetti, categoria che odiamo… Penso infatti che quando si vuol visitare un paese bisogna adattarsi alle abitudini, agli orari, alla cultura della sua gente… Provo fastidio quando sento i commenti degli italiani a tavola perché la pasta è scotta o il caffè è lungo od altre assurdità del genere… Peggio ancora a sentire i commenti su come vanno vestite le signore… In viaggio non c’è libertà maggiore del sentirsi liberi!
Il motel di stasera è una coccola: costa molto ma è lindo e confortevole, soprattutto è alle porte del Bryce Canyon e dunque ci consentirà di posticipare un pochino la sveglia all’alba!
Un altro parco – il Bryce Canyon National Park- e ancora una volta uno scenario completamente differente rispetto ai precedenti! E’incredibile questo Utah, raccoglie veri e propri gioielli! Cosicchè trascorriamo un’altra fantastica giornata in sella e a piedi, caratterizzata da voli solitari fino a 3300 metri di altitudine, numerosi incontri con i cervi all’interno del Capitol Reef National Park, la scoperta di lussureggianti foreste e l’incanto di fronte alle guglie rosse del Bryce Canyon da un punto panoramico raggiunto con un’escursioncina a piedi… Sono estasiata dal contatto con la natura, dal rendermi conto che gli animali non hanno paura dell’uomo al punto che oggi ho raggiunto un branco di camosci che pascolava in un prato e sono riuscita a riprendere con la videocamera un combattimento tra due esemplari adulti che, ogni tanto, mi guardavano incuriositi e per nulla spaventati dal mio obiettivo abbastanza indiscreto…
Il ritmo dei giorni scorsi è stato molto alto, cosicchè dopo quasi due settimane, sentiamo il bisogno di fermarci un attimo, magari sostando per due notti in uno stesso posto… E così posiamo la moto per un giorno e ci godiamo un’escursione a piedi all’interno dello Zion National Park... Quest’area protetta è un po’ diversa dalle altre, nel senso che la strada principale che attraversa il parco non è accessibile alle auto private ma solo a dei bus che si possono prendere in più punti prestabiliti… Il paesaggio è ancora una volta diverso da quello degli altri parchi, le rocce sono immensi monoliti, maestosi e bellissimi…
In questa giornata di pausa ci attende una decisione importante. Difatti, siamo partiti dall’Italia con l’itinerario solo in parte definito, ed ora va deciso appunto come trascorrere la terza settimana del viaggio: proseguire per lo Yellostone, nel Wyoming, a un migliaio di chilometri da qui, oppure goderci un po’ di America di quella vera e meno turistica?
Ci aiutano a scegliere la seconda ipotesi le previsioni del tempo (allo Yellostone per ferragosto è prevista pioggia) e la voglia di improvvisare… In questi giorni abbiamo conosciuto numerosi bikers locali che ci hanno riempito di buoni consigli, tanto più che abbiamo voglia di allontanarci dagli itinerari turistici per fare un tuffo in villaggi sperduti ed autentici, tra la gente del posto…C’è così tanto da vedere qui attorno che volare con un’autostrada fino allo Yellostone per poi prendere acqua e fare un altro tiratone d’autostrada fino a San Francisco non avrebbe senso!
E’ così che decidiamo di tornare nel Nevada attraverso la desolata hwy93 (addirittura 180 miglia di nulla tra una stazione di servizio e l’altra), fino ad Ely, fatiscente surreale cittadina piena di saloon, motel economici, casinò e localacci, stracolma di bikers statunitensi, base di partenza per percorrere la famosa hwy50, meglio nota come “la strada più solitaria d’America”… Naturalmente questo significa anche tornare a temperature più elevate, tipiche del deserto, che comunque non saranno più quelle della Death Valley!
Eureka, Austin, Middlegate ci incantano con la loro atmosfera tipicamente americana ed i loro folkloristici bikers!
Proprio a Eureka consumiamo un rito tipico dei nostri viaggi, e cioè una colazione a base di lamponi freschissimi…Ad Austin il Micio mi compra un bellissimo pendente di turchese a forma di cuore: è come se in ogni viaggio ci sposassimo, tanto il nostro legame si rafforza on the road!
Middlegate è un avamposto sulla hwy50 a dir poco pazzesco! Qui si sono dati appuntamento un sacco di bikers, di quelli un po’ matti e assai folkloristici, in mezzo al nulla! C’è solo un piccolo saloon gestito da due simpatiche signore di mezza età, con bagni chimici e tanto spazio per piantare le tende… Inoltre, sopravvivono reminiscenze del vecchio west, che sembrano più che mai attuali considerato l’abbigliamento e le movenze dei bikers che ci si muovono in mezzo! Ci sediamo un po’ in disparte nel saloon ed ordiniamo birra ed hamburger, mentre divertiti osserviamo quei meravigliosi autentici esemplari di bikers americani, tutti vestiti di pelle e con al posto del casco un cappellaccio western! Certo noi due siamo quasi un’attrazione con le nostre giacche di cordura un po’ stilizzate e da fighetti…ed infatti basta poco perché arrivi il primo saluto e il primo brindisi con una bottiglietta di birra! Che atmosfera fantastica, ragazzi! Ma se alle due del pomeriggio questo posto è così, chissà come diventerà di sera, quando tutte quelle chitarre legate sulle moto cominceranno a suonare e tutta quella birra avrà fatto il suo effetto!
Pernottiamo a Fallon, in un motel con la piscina situata all’incrocio di due strade di grossa comunicazione! Fa piuttosto caldo!
Da Fallon scendiamo a Redding, in California, in un motel gestito da un tipo completamente ubriaco, al termine di una giornata intensissima culminata nel giro del Lassen Vulcanic Park, posto spettacolare dove abbiamo conosciuto una biker canadese che incontreremo spesso nei giorni a venire, in sella alla sua Harley, di ritorno da un lunghissimo viaggio in solitaria…E’ lei a suggerirci di visitare il Crater Lake, in Oregon, dove ci rechiamo l’indomani, e poi l’Olimpic National Park, al quale però dovremo rinunciare per motivi di tempo…
Il Crater Lake è semplicemente fantastico… Oramai sono diversi giorni che non sentiamo parlare italiano!
Dal Crater Lake ci dirigiamo sulla costa dell’Oregon, fino a Portland, decisi a scendere per la strada costiera fino a San Francisco… Un biker del posto ci aveva descritto la costa dell’Oregon come spettacolare, in realtà se dovessimo suggerire a qualcuno come spendere qualche giorno sulla costa gli diremmo certamente di dedicarsi maggiormente a quella della California, che a noi è piaciuta molto di più…
A Waldport trascorro più di un’ora sul ponte ad osservare da un punto privilegiato una grossa colonia di foche proprio quando comincia ad agitarsi per il salire della marea… Adoro questi animali e riprenderli mentre giocano in acqua è esaltante!
Mi stupisce il gran freddo che fa sulla costa, la nebbia che la “nasconde”ai miei occhi curiosi, poi però un signore del posto mi spiegherà che più il tempo è bello e caldo all’interno più sulla costa arrivano freddo e nebbia!
La temperatura arriva a scendere al di sotto dei 10 gradi!
Così scendiamo per la costa fino a Bandon, un paesino delizioso come il pesce dei ristoranti sul molo e come i resort costruiti a pochi passi dal mare… Peccato che quando entri in stanza la prima cosa che vedi è un avviso che in caso di tsunami devi ricordarti di andare in alto!!
Comunque ricorderò questi ultimi giorni per i tramonti accesi sull’oceano, per le onde che schiaffeggiavano gli scogli, per le foche e i leoni marini che prendevano il sole sulla spiaggia e per le splendide curve della hwy1, la strada costiera che sembra un luna park per quanto è divertente da guidare! Avrei voluto avere un paio di giorni in più per osservare più a lungo foche, aironi, pellicani e condor e per godermi un po’ l’oceano e il suo pescato!Rientrati a San Francisco abbiamo percorso il Golden Bridge avvolto nella nebbia e sotto una pioggia sottile e fastidiosamente umida…
Lasciare il GS con il quale abbiamo percorso circa 6500 chilometri ci è dispiaciuto parecchio perché entrambi avremmo voluto continuare… Le due giornate trascorse a San Francisco sono state splendide, è una città incantevole, ma anche di fronte ai leoni marini del Pier 39 io avevo negli occhi i pellicani della hwy1 e quel benessere pieno e assoluto che è prima di tutto armonia con sé stessi, con gli altri e col mondo circostante conosciuto lungo quelle meravigliose strade…
La mappa indica che stiamo ormai volando oltre la Bretagna, sull’oceano: in un soffio ci siamo lasciati alle spalle l’intera Europa!
Altre sette ore di volo e saremo a Toronto; da lì proseguiremo per San Francisco, dove ci attende un GS preso a noleggio che ci porterà a spasso per tre settimane attraverso gli splendid parchi dell’ovest degli Stati Uniti…in una parola il caro vecchio west dei film americani più gettonati!
Siamo emozionati. La tensione dei giorni scorsi è andata via; ci è bastato ritrovarci per tranquillizzarci a vicenda ed entrare nell’esaltante dimensione del viaggio, tenendoci per mano…
E’ la nostra prima volta da soli oltre i confini dell’Europa, ed ha il sapore incantato e la luce romantica di un viaggio di nozze… Tuttavia mille piccole cose ci fanno pensare al nostro amico Bazu, con cui abbiamo condiviso gli altri viaggi extraeuropei degli ultimi 14 mesi (Nepal e Patagonia): ci mancano un po’ le sue cazzate, la sua risata importante, la sua radiocronaca del volo e delle cose che fanno le hostess per renderlo più piacevole!
Arriviamo a San Francisco in piena notte, esausti a causa dei severi controlli e della scortesia subiti alla dogana all’aeroporto di Toronto, da dove la coincidenza è partita con un paio di ore di ritardo… Un taxi limousine ci porta al motel prenotato per la notte: niente di che, però si trova ad appena un isolato da Dubbellju, dove riposa il GS che ci farà compagnia per il vero viaggio… La stanchezza è tale che rinunciamo a cenare e sprofondiamo subito in un sonno profondo…
L’indomani di buon’ora, riposati e puliti, ci rechiamo a ritirare la moto…
Purtroppo le operazioni di noleggio si rivelano più complicate del previsto a causa di una serie di inspiegabili problemi con le carte di credito, che però ci danno modo di entrare in confidenza con il titolare del negozio, il quale –dopo aver sentito che siamo stati in Nepal in sella ad una Royal Enfield- cambia atteggiamento e si rivela prodigo di consigli… Prende una cartina dettagliata e ci segna con l’evidenziatore tutte le stradine più belle e sperdute di California, Nevada,Utah ed Arizona, quelle assolutamente da non perdere! I suoi suggerimenti si riveleranno dritte eccezionali fin dal primo giorno, portandoci spesso fuori dagli itinerari di massa, lungo strade desolate e spettacolari…
La nostra prima tappa è Mariposa, cittadina accogliente ed ottima base per esplorare lo splendido Yosemite National Park. Ci arriviamo per una strada alternativa suggerita da Wolfgang (il noleggiatore), che sale parecchio di quota (2050 metri) e ci dà l’occasione di spaziare con lo sguardo su panorami fantastici accarezzati da una luce calda e magica che assomiglia molto a quella del nord Europa nelle rare giornate terse…
L’hotel è un costoso quattro stelle prenotato dall’Italia (l’unico disponibile e il solo prenotato da casa), che ci fa subito capire quali sono le due cose di cui il turista americano non sa fare a meno: il condizionatore e la macchina del ghiaccio! Il cortile del motel è un concerto di condizionatori accesi e alla macchina del ghiaccio c’è la fila: incredibile! Noi stiamo benissimo senza entrambe le cose, siamo a circa 1000 metri di quota e non c’è umidità…
I due giorni successivi ci vedono a spasso per lo Yosemite, il parco preferito dai turisti americani…E’ molto suggestivo, pieno di cascate e di laghi turchesi, ricco di fauna e di flora, di sentieri e di stradine di alta quota…Per non parlare delle sue splendide gigantesche sequoie!
Mi pento immediatamente di aver lasciato in albergo la giacca in cordura perché la temperatura è piuttosto bassa, anche meno di dieci gradi…
Siamo partiti presto per evitare la fila all’ingresso e la scelta si è rivelata azzeccata… Come pure il consiglio di una collega di fare la tessera annuale che consente l’ingresso a tutti i parchi americani (per niente pubblicizzata in loco), grazie alla quale si può usufruire di ingressi riservati baipassando le lunghe code…
Non ci sono molte moto, quelle che incontriamo però sono tutte scenografiche e luccicanti Harley Davidson…Mi accorgo subito però che si tratta quasi sempre di moto prese a noleggio ed i cui piloti sovente guardano sospirando il nostro GS, certamente più comodo ed eclettico, soprattutto se si considera che gli Stati Uniti offrono stradine sterrate molto panoramiche e come tali imperdibili per un’appassionata di foto e riprese come me!
Ogni tanto lasciamo la nostra cavalcatura per fare qualche breve sentiero a piedi che porta a punti panoramici e a cascate la cui imponenza ci lascia senza fiato… Ovunque simpatici scoiattoli, qualche cervo, tantissimi rapaci… Rischiamo di rimanere senza benzina, ma alla fine ce la caviamo grazie al GPS!
Rientrati alla base, siamo belli rosolati di sole e felicità… Una birrozza scacciapensieri però la beviamo volentieri, col solito hamburger ed un buon cheesecake, dolce tipico di queste parti, prima di un buon sonno ristoratore! Abbiamo subito imparato una cosa: bisogna alzarsi presto al mattino, sia perché le cose da vedere sono tante, sia perché si viaggia meglio e con una luce splendida… Man mano che ci avvicinneremo al deserto la sveglia verrà portata sempre più indietro, addirittura alle cinque del mattino…d’altronde alle 11 in quelle zone la temperatura è già di 46 gradi!
E così che, attraverso il Tioga Pass (alto più di 3000 metri) arriviamo a Lone Pine, base da cui entreremo nella Death Valley…provo un brivido a scrivere di questo luogo e presto potrete capire perché…
Da sempre Andrea ed io ci sentiamo attratti da paesaggi estremi e remoti, così quando abbiamo letto di questo parco l’abbiamo subito inserito nel nostro itinerario, sebbene la guida lo presentasse come particolarmente inospitale e torrido, con temperature anche oltre i 50 gradi… Perfino l’assicurazione della moto non vale da queste parti e non è previsto il soccorso stradale!
Partiamo di buon’ora, macinando chilometri nel deserto, in uno scenario arso, bianco e maestoso che mi rapisce completamente per quanto è suggestivo ed assoluto… Le piante sono secche, la terra è sabbiosa e piena di crepe dovute alla siccità, non ci sono forme di vita, neppure insetti od uccelli…
Ci sentiamo meravigliosamente soli, e la nostra esaltazione cresce man mano che passano le ore ed andiamo avanti… Proprio questa esaltazione ci ha fatto essere pericolosamente imprudenti, trasformandosi in incoscienza quando, dopo esserci ristorati nell’unica oasi esistente (Furnace Creek), abbiamo scelto di proseguire anziché fermarci per la notte: alle due del pomeriggio (l’orario più caldo) ci siamo messi in moto per attraversare la parte più torrida, surreale e sperduta del parco, quella che ricomprende una depressione che trovasi 80 metri sotto il livello del mare… Nessuna oasi per ore, solo caldo, sabbia e polvere…
Mi domando come mai siamo l’unica moto, perché la gente ci fotografa, come mai così tante persone ci guardano e ci dicono “Hard!” con il pollice alzato…
Da italiana doc ho sottovalutato il problema “caldo”, illudendomi che bastasse qualche giorno di integratori di sali minerali ed una buona scorta d’acqua, insieme ad un paesaggio scenografico, a far sì che il mio organismo non andasse in tilt…Purtroppo così non è stato, sono andata in ipertermia a metà strada tra Furnace Creek e Shoshone, quando oramai non avevo via di scampo, con 51 gradi di temperatura ed un effetto sauna sulla moto che evidentemente rendeva la temperatura percepita ancora più elevata… Fortunatamente mi sono accorta di quello che stava succedendo ed ho trovato la forza, nonostante i brividi, di fermare l’unica auto che si era avventurata oltre noi in quell’inferno, per chiedere soccorso… Andrea per fortuna non ha avuto nessun problema, ma io me la sono davvero vista brutta: in un attimo dal mio corpo sono fuoriusciti tutti i liquidi che c’erano, lo stimolo della sete era assente, la testa girava, sono cominciati i brividi sempre più forti fino a diventare convulsioni… La giovane coppia in viaggio di nozze che mi ha aiutata la ricorderò sempre come due angeli venuti dal cielo: gli devo la vita… E se ho impiegato quattro mesi per cominciare a scrivere questo report, io che in genere sono di penna “facile”,forse è proprio perché non ce la facevo a raccontare quei momenti, così come ancora non perdono me stessa per essere stata tanto incosciente! Mi ci sono voluti un paio di giorni per riprendermi, e dunque abbiamo sfruttato le prime ore della giornata per spostarci fermandoci già alle 10 e mezza del mattino non appena la temperatura oltrepassava i 45 gradi e l’aria diventava pericolosamente torrida…
Un americano mi ha spiegato che per affrontare il caldo è importante legarsi al collo un fazzoletto zuppo d’acqua…non lo sapevo…
Comunque sia, il paesaggio del deserto è uno dei più belli e stupefacenti che io abbia mai visto… Sono un’appassionata di
piante grasse, ne ho centinaia, e trovarmi con la moto in mezzo ai cactus è stato davvero emozionante…
Piano piano, dunque, il nostro viaggio attraverso i deserti della California, del Nevada e dell’Arizona è proseguito… Dalla Death Valley siamo entrati nella Valley of Fire, dove abbiamo fatto un tuffo nel Lake Mohave a due passi dal fiume Colorado vicino a Bull Head City, prima di dirigerci verso il Gran Canyon… Abbiamo volutamente scelto di non visitare Las Vegas, sarebbe stata come un pugno nello stomaco!
Sveglia alle cinque per percorrere la Historic Route 66 fino ad Williams sfruttando le ore più fresche della giornata… Qui cominciano di nuovo gli incontri con altri motociclisti, l’aria in faccia torna gradevole, le soste diventano frequentissime per godere appieno del fascino dei luoghi… Ci fermiamo in un paio di localetti tipici davvero bizzarri e fascinosi, assaggiamo i pancakes originali zuppi di sciroppo d’acero, compriamo i gettonatissimi souvenir del posto e chiacchieriamo amabilmente con altri bikers tra le reminiscenze di vecchi ambienti western… L’atmosfera è davvero fantastica! Sembra di fare un tuffo nel passato perfino quando ci si ferma per un rifornimento di benzina! Poi il treno a vapore lunghissimo che ci cammina affianco per un tratto di strada…mi esce un urlo da pellirossa, ma è solo una manifestazione di gioia!
Da Williams ci dirigiamo a Sedona, le cui rocce rosse infuocate dal tramonto sono un altro dei ricordi indelebili che questo viaggio ha impresso nella mia memoria… Trai canyon, nel fiume Colorado, c’è un sacco di gente che fa il bagno, si tuffa da un roccione, nuota tra un salto e l’altro del fiume… Ooops, una nuvola oscura il sole e tutto si spegne! Che differenza…riaccendete l’incanto, please!
Dalla base di Williams l’indomani entriamo nel Grand Canyon National Park, che ci accoglie con un tempo incerto che ben presto si trasforma in un violento e lungo temporale…Non ho mai visto un posto così grandioso, è immensamente grande, un vero e proprio trionfo della natura…ne sono estasiata! Addirittura trai canyon vivono i puma!
Approfittiamo del cattivo tempo per approfondire la storia degli indiani nativi d’America –i Navajo- e spedire qualche cartolina… Oramai il caldo torrido è solo un ricordo e la pioggia copiosa ci costringe addirittura ad infagottarci nelle antipioggia!
Attendiamo che il tempo migliori ma non c’è speranza, le previsioni c’hanno preso in pieno! Così decidiamo di proseguire e basta poco per allontanarsi dalla perturbazione e tornare a godere di panorami turchesi tra le rocce tipicamente rosse di questa regione… Per risarcire il mio spirito fotografico del danno meteorologico, Andrea accondiscende alla mia richiesta di prendere una stradina sterrata che affianca la strada principale e in un attimo ci troviamo parte di scenari fantastici, quasi surreali… Scendendo dalla moto, lancio un urlo dovuto al violento impatto con uno spinoso cactus…ce ne sono tutti attorno, alcuni con i fiori, altri con i frutti…che spettacolo!
Ci fermiamo per la notte a Tuba City, sempre in Arizona.
L’indomani riprendiamo la strada all’alba diretti alla Monument Valley… Siamo partiti presto perché ancora una volta le previsioni del tempo sono pessime, ed in cuor nostro speriamo di goderci la Monument Valley senza pioggia… Dopo aver acquistato dei monili artigianali su una bancarella degli indiani Navajo, entriamo nello Utah…Un grosso cartello di benvenuto sullo sfondo della Monument Valley mi fa capire che quello di oggi è forse il posto più spettacolare del nostro viaggio…
Siamo la sola moto che decide di percorrere il rosso sterrato tra le montagne della Monument Valley…
Gli altri bikers scelgono i pulmini fuoristrada a venti dollari a testa, ma per chi guida una Harley Davidson la scelta è praticamente obbligata! A dire il vero, a causa della pioggia, la terra rossa diventa talmente appiccicosa che Andrea suda parecchio per tenere in piedi la moto ed io mi ritrovo costretta a fare belle salitone a piedi! Comunque lo scenario attorno a noi, anche con la pioggia ed il cielo nero, è assolutamente unico e surreale! Ad un certo punto, mentre sto fotografando Andrea, compare un cavallo al galoppo che viene verso di me: da un lato sono estasiata per la bellezza della scena, dall’altro ho paura e cerco di riavvicinarmi di corsa alla moto…Quando ecco che compare un indiano che guida un intero branco di cavalli al galoppo: che scena da film!
Se c’è un posto dove sogno di tornare è proprio la Monument Valley: voglio alzarmi all’alba e fare a piedi la pista fatta con la moto…ovviamente in una giornata di sole!
Ci fermiamo per dormire ad una quarantina di miglia dalla Monument Valley, a Mexican Hut, dove la sera assistiamo ad un concerto country in un localetto dove servono carne e fagioli ed un vecchietto vestito da cow boy cucina la carne su una gigantesca griglia che dondola sulla brace… Assomiglia a Trinchetto, personaggio di Braccio di Ferro, e va a suon di musica!
L’indomani, all’uscita da Mexican Hut, imbocchiamo una strada sterrata suggerita dalla Lonely Planet, che sale sale sale tra le rocce e ci regala scorci spettacolari sul fiume Colorado e la Monument Valley… E’ incredibile il percorso di questo fiume, l’itinerario che si è scavato tra le rocce, il colore rosso delle sue acque…
La tappa successiva è Hanksville, dove arriviamo di sera mentre comincia violentemente a piovere… Abbiamo trascorso una giornata fantastica dondolandoci su una strada da urlo tra rocce, canyon, laghi ed aquile che ci ha regalato più di un brivido… Glen Canyon – Utah, highways 261 e 95: questa strada ce l’ha suggerita un nostro amico giornalista, anche lui abruzzese, con il quale condividiamo la convinzione profonda che “Campo Imperatore è il posto più bello del mondo!”, e si rivela una vera e propria esplosione della forza della natura… Mi emoziono fino alle lacrime perché gli scenari mozzafiato si susseguono per circa 150 miglia, un’enormità!
Siamo fantasticamente soli, gli incontri con altri veicoli sono rarissimi, ci accorgiamo di essere usciti dalle rotte turistiche dei vacanzieri di agosto, prevalentemente italiani e fighetti, categoria che odiamo… Penso infatti che quando si vuol visitare un paese bisogna adattarsi alle abitudini, agli orari, alla cultura della sua gente… Provo fastidio quando sento i commenti degli italiani a tavola perché la pasta è scotta o il caffè è lungo od altre assurdità del genere… Peggio ancora a sentire i commenti su come vanno vestite le signore… In viaggio non c’è libertà maggiore del sentirsi liberi!
Il motel di stasera è una coccola: costa molto ma è lindo e confortevole, soprattutto è alle porte del Bryce Canyon e dunque ci consentirà di posticipare un pochino la sveglia all’alba!
Un altro parco – il Bryce Canyon National Park- e ancora una volta uno scenario completamente differente rispetto ai precedenti! E’incredibile questo Utah, raccoglie veri e propri gioielli! Cosicchè trascorriamo un’altra fantastica giornata in sella e a piedi, caratterizzata da voli solitari fino a 3300 metri di altitudine, numerosi incontri con i cervi all’interno del Capitol Reef National Park, la scoperta di lussureggianti foreste e l’incanto di fronte alle guglie rosse del Bryce Canyon da un punto panoramico raggiunto con un’escursioncina a piedi… Sono estasiata dal contatto con la natura, dal rendermi conto che gli animali non hanno paura dell’uomo al punto che oggi ho raggiunto un branco di camosci che pascolava in un prato e sono riuscita a riprendere con la videocamera un combattimento tra due esemplari adulti che, ogni tanto, mi guardavano incuriositi e per nulla spaventati dal mio obiettivo abbastanza indiscreto…
Il ritmo dei giorni scorsi è stato molto alto, cosicchè dopo quasi due settimane, sentiamo il bisogno di fermarci un attimo, magari sostando per due notti in uno stesso posto… E così posiamo la moto per un giorno e ci godiamo un’escursione a piedi all’interno dello Zion National Park... Quest’area protetta è un po’ diversa dalle altre, nel senso che la strada principale che attraversa il parco non è accessibile alle auto private ma solo a dei bus che si possono prendere in più punti prestabiliti… Il paesaggio è ancora una volta diverso da quello degli altri parchi, le rocce sono immensi monoliti, maestosi e bellissimi…
In questa giornata di pausa ci attende una decisione importante. Difatti, siamo partiti dall’Italia con l’itinerario solo in parte definito, ed ora va deciso appunto come trascorrere la terza settimana del viaggio: proseguire per lo Yellostone, nel Wyoming, a un migliaio di chilometri da qui, oppure goderci un po’ di America di quella vera e meno turistica?
Ci aiutano a scegliere la seconda ipotesi le previsioni del tempo (allo Yellostone per ferragosto è prevista pioggia) e la voglia di improvvisare… In questi giorni abbiamo conosciuto numerosi bikers locali che ci hanno riempito di buoni consigli, tanto più che abbiamo voglia di allontanarci dagli itinerari turistici per fare un tuffo in villaggi sperduti ed autentici, tra la gente del posto…C’è così tanto da vedere qui attorno che volare con un’autostrada fino allo Yellostone per poi prendere acqua e fare un altro tiratone d’autostrada fino a San Francisco non avrebbe senso!
E’ così che decidiamo di tornare nel Nevada attraverso la desolata hwy93 (addirittura 180 miglia di nulla tra una stazione di servizio e l’altra), fino ad Ely, fatiscente surreale cittadina piena di saloon, motel economici, casinò e localacci, stracolma di bikers statunitensi, base di partenza per percorrere la famosa hwy50, meglio nota come “la strada più solitaria d’America”… Naturalmente questo significa anche tornare a temperature più elevate, tipiche del deserto, che comunque non saranno più quelle della Death Valley!
Eureka, Austin, Middlegate ci incantano con la loro atmosfera tipicamente americana ed i loro folkloristici bikers!
Proprio a Eureka consumiamo un rito tipico dei nostri viaggi, e cioè una colazione a base di lamponi freschissimi…Ad Austin il Micio mi compra un bellissimo pendente di turchese a forma di cuore: è come se in ogni viaggio ci sposassimo, tanto il nostro legame si rafforza on the road!
Middlegate è un avamposto sulla hwy50 a dir poco pazzesco! Qui si sono dati appuntamento un sacco di bikers, di quelli un po’ matti e assai folkloristici, in mezzo al nulla! C’è solo un piccolo saloon gestito da due simpatiche signore di mezza età, con bagni chimici e tanto spazio per piantare le tende… Inoltre, sopravvivono reminiscenze del vecchio west, che sembrano più che mai attuali considerato l’abbigliamento e le movenze dei bikers che ci si muovono in mezzo! Ci sediamo un po’ in disparte nel saloon ed ordiniamo birra ed hamburger, mentre divertiti osserviamo quei meravigliosi autentici esemplari di bikers americani, tutti vestiti di pelle e con al posto del casco un cappellaccio western! Certo noi due siamo quasi un’attrazione con le nostre giacche di cordura un po’ stilizzate e da fighetti…ed infatti basta poco perché arrivi il primo saluto e il primo brindisi con una bottiglietta di birra! Che atmosfera fantastica, ragazzi! Ma se alle due del pomeriggio questo posto è così, chissà come diventerà di sera, quando tutte quelle chitarre legate sulle moto cominceranno a suonare e tutta quella birra avrà fatto il suo effetto!
Pernottiamo a Fallon, in un motel con la piscina situata all’incrocio di due strade di grossa comunicazione! Fa piuttosto caldo!
Da Fallon scendiamo a Redding, in California, in un motel gestito da un tipo completamente ubriaco, al termine di una giornata intensissima culminata nel giro del Lassen Vulcanic Park, posto spettacolare dove abbiamo conosciuto una biker canadese che incontreremo spesso nei giorni a venire, in sella alla sua Harley, di ritorno da un lunghissimo viaggio in solitaria…E’ lei a suggerirci di visitare il Crater Lake, in Oregon, dove ci rechiamo l’indomani, e poi l’Olimpic National Park, al quale però dovremo rinunciare per motivi di tempo…
Il Crater Lake è semplicemente fantastico… Oramai sono diversi giorni che non sentiamo parlare italiano!
Dal Crater Lake ci dirigiamo sulla costa dell’Oregon, fino a Portland, decisi a scendere per la strada costiera fino a San Francisco… Un biker del posto ci aveva descritto la costa dell’Oregon come spettacolare, in realtà se dovessimo suggerire a qualcuno come spendere qualche giorno sulla costa gli diremmo certamente di dedicarsi maggiormente a quella della California, che a noi è piaciuta molto di più…
A Waldport trascorro più di un’ora sul ponte ad osservare da un punto privilegiato una grossa colonia di foche proprio quando comincia ad agitarsi per il salire della marea… Adoro questi animali e riprenderli mentre giocano in acqua è esaltante!
Mi stupisce il gran freddo che fa sulla costa, la nebbia che la “nasconde”ai miei occhi curiosi, poi però un signore del posto mi spiegherà che più il tempo è bello e caldo all’interno più sulla costa arrivano freddo e nebbia!
La temperatura arriva a scendere al di sotto dei 10 gradi!
Così scendiamo per la costa fino a Bandon, un paesino delizioso come il pesce dei ristoranti sul molo e come i resort costruiti a pochi passi dal mare… Peccato che quando entri in stanza la prima cosa che vedi è un avviso che in caso di tsunami devi ricordarti di andare in alto!!
Comunque ricorderò questi ultimi giorni per i tramonti accesi sull’oceano, per le onde che schiaffeggiavano gli scogli, per le foche e i leoni marini che prendevano il sole sulla spiaggia e per le splendide curve della hwy1, la strada costiera che sembra un luna park per quanto è divertente da guidare! Avrei voluto avere un paio di giorni in più per osservare più a lungo foche, aironi, pellicani e condor e per godermi un po’ l’oceano e il suo pescato!Rientrati a San Francisco abbiamo percorso il Golden Bridge avvolto nella nebbia e sotto una pioggia sottile e fastidiosamente umida…
Lasciare il GS con il quale abbiamo percorso circa 6500 chilometri ci è dispiaciuto parecchio perché entrambi avremmo voluto continuare… Le due giornate trascorse a San Francisco sono state splendide, è una città incantevole, ma anche di fronte ai leoni marini del Pier 39 io avevo negli occhi i pellicani della hwy1 e quel benessere pieno e assoluto che è prima di tutto armonia con sé stessi, con gli altri e col mondo circostante conosciuto lungo quelle meravigliose strade…