Le cose più belle son quelle che arrivano all’improvviso e in un attimo accendono l’entusiasmo, la curiosità, la gioia di vivere e, per noi, la moto… proprio come questo viaggio in Turchia che, a lungo sognato ma mai realmente programmato per ragioni di tempo e di caldo, si è materializzato all’improvviso, insieme all’opportunità di due settimane di ferie fuori stagione.
Così eccoci al porto di Ancona in una giornata di fine aprile, con la Minnie carica di bagagli e di sogni, viaggiatori solitari in una nave che ospita ben tre gruppi in partenza con l’associazione Motovacanze. Tra loro l’amico Brag, diretto a Dubai via Iran insieme alla sua fedele Coatta.
La traversata è piuttosto lunga, ma grazie alla cabina accogliente e alla possibilità di chiacchierare con altri motoviaggiatori, passa piuttosto in fretta.
Sbarchiamo ad Igoumenitza in Grecia intorno alle 10.30 e, dopo un buon caffè espresso ed un incontro con una grossa cicogna, imbocchiamo un’autostrada panoramica che verso sera ci vedrà con 613 chilometri sotto le ruote ad Alessandropoli, a circa 40 chilometri dalla dogana turca.
Dobbiamo spingere perché la strada da fare è tanta ed il tempo a disposizione poco: siamo consapevoli che il nostro sarà un viaggio piuttosto impegnativo in quanto a percorrenze ma siamo belli carichi, decisi a goderci ogni momento ed ogni panorama.
Attacchiamo la frontiera di primo mattino. Ci fanno aprire i bagagli contenuti nei bauli laterali e rompono un pochino, ma alla fine –dopo cinque posti di controllo- intorno alle 9.30 esultiamo davanti al cartello che ci augura il benvenuto in Turchia.
Un’ora e mezza dopo siamo ad Eclabat dove ci imbarchiamo sulla grossa chiatta che attraversa lo stretto dei Dardanelli. Poi l’Asia, con le sue luci più accese, le città più colorate, le strade più gremite di gente e di ambulanti, e soprattutto quel cielo che sembra più turchese ed immenso che altrove.
Così eccoci al porto di Ancona in una giornata di fine aprile, con la Minnie carica di bagagli e di sogni, viaggiatori solitari in una nave che ospita ben tre gruppi in partenza con l’associazione Motovacanze. Tra loro l’amico Brag, diretto a Dubai via Iran insieme alla sua fedele Coatta.
La traversata è piuttosto lunga, ma grazie alla cabina accogliente e alla possibilità di chiacchierare con altri motoviaggiatori, passa piuttosto in fretta.
Sbarchiamo ad Igoumenitza in Grecia intorno alle 10.30 e, dopo un buon caffè espresso ed un incontro con una grossa cicogna, imbocchiamo un’autostrada panoramica che verso sera ci vedrà con 613 chilometri sotto le ruote ad Alessandropoli, a circa 40 chilometri dalla dogana turca.
Dobbiamo spingere perché la strada da fare è tanta ed il tempo a disposizione poco: siamo consapevoli che il nostro sarà un viaggio piuttosto impegnativo in quanto a percorrenze ma siamo belli carichi, decisi a goderci ogni momento ed ogni panorama.
Attacchiamo la frontiera di primo mattino. Ci fanno aprire i bagagli contenuti nei bauli laterali e rompono un pochino, ma alla fine –dopo cinque posti di controllo- intorno alle 9.30 esultiamo davanti al cartello che ci augura il benvenuto in Turchia.
Un’ora e mezza dopo siamo ad Eclabat dove ci imbarchiamo sulla grossa chiatta che attraversa lo stretto dei Dardanelli. Poi l’Asia, con le sue luci più accese, le città più colorate, le strade più gremite di gente e di ambulanti, e soprattutto quel cielo che sembra più turchese ed immenso che altrove.
Visitiamo la città di Troia, ma non ci entusiasma più di tanto. Inoltre ancora una volta incrociamo la strada dell'amico Brag e del gruppo di Motovacanze. Arriviamo a Selkuc, dove abbiamo prenotato un hotel ottomano, che son quasi le nove di sera, con sotto le ruote 596 chilometri. Siamo cotti e felici e ci godiamo una gustosissima cena nel ristorante dell’hotel a base di arrosticini di agnello e dolci “pelosi”.
Siamo ad appena tre chilometri dall’antica Efeso. La sosta per la notte è stata ben ponderata, ci consentirà di visitare Efeso di primo mattino per evitare il più possibile i folti gruppi sputati dalle navi da crociera ed il caldo che qui si fa sentire più che altrove.
In realtà, per quanto possiamo essere mattinieri, anche la stanchezza si fa sentire, e unita all' ospitalità dell’albergo, alla squisita colazione, alle aiuole di rose fiorite e alle tante tartarughe che le abitano, alcune enormi ed altre appena nate, fa sì che in realtà arriviamo ad Efeso che sono ormai le 9 passate. Ancora una volta incrociamo il gruppone di motociclisti italiani.
Lasciamo la moto e con un taxi ci facciamo portare all’ingresso superiore in maniera tale da percorrere l’itinerario turistico in discesa. La città è splendida e ci riempe gli occhi di meraviglia, però è già molto affollata. La visitiamo con calma ed è circa mezzogiorno quando riprendiamo la strada diretti a Pamukkale per ammirare la montagna bianca.
In realtà, per quanto possiamo essere mattinieri, anche la stanchezza si fa sentire, e unita all' ospitalità dell’albergo, alla squisita colazione, alle aiuole di rose fiorite e alle tante tartarughe che le abitano, alcune enormi ed altre appena nate, fa sì che in realtà arriviamo ad Efeso che sono ormai le 9 passate. Ancora una volta incrociamo il gruppone di motociclisti italiani.
Lasciamo la moto e con un taxi ci facciamo portare all’ingresso superiore in maniera tale da percorrere l’itinerario turistico in discesa. La città è splendida e ci riempe gli occhi di meraviglia, però è già molto affollata. La visitiamo con calma ed è circa mezzogiorno quando riprendiamo la strada diretti a Pamukkale per ammirare la montagna bianca.
Giunti sul posto, mentre parcheggiamo, vediamo Brag che -già di ritorno dall'escursione- ci saluta sbracciandosi. Ci togliamo le scarpe e godendoci l’acqua termale seguiamo l’itinerario turistico rilassandoci sotto il sole cocente ed il cielo turchese che esalta il bianco della roccia. Non me lo aspettavo così questo posto: nonostante sia affollato è meraviglioso, ci sono delle grosse vasche di acqua calda, gente in parapendio, parecchie rovine di epoca greca. Scendere si rivela più impegnativo perché il flusso dell’acqua è talmente forte che ogni passo è lento e bellissimo! Vorremmo non ripartire, goderci il tramonto in questo luogo magico, pernottare pigri in uno dei tanti alberghi di Pamukkale ma significherebbe compromettere il giro e dunque riprendiamo la strada masticando un chewingum per scacciare via la sonnolenza...
In occasione della sosta benzina chiediamo la cortesia di usare il wi-fi del distributore per prenotare un hotel a Fethiye: si rivela una mossa azzeccata dato che, a causa di un cartello stradale messo lì forse per sbaglio, ci ritroviamo a percorrere una strada di montagna piuttosto lunga ed impegnativa di notte ed arriviamo a destinazione stanchissimi intorno alle 22. Un’esperienza che ci saremmo evitati volentieri, sebbene interessante. Solo qualche giorno dopo scopriremo che anche Brag ed altri del suo gruppo sono passati di là, a 1600 metri di quota e con tratti di desolato e polveroso sterrato…proprio come noi.
398 i chilometri complessivi della giornata.
398 i chilometri complessivi della giornata.
L’indomani dopo la solita abbondante colazione a base di frutta, verdura e dolci, ci dirigiamo dapprima nell’incantevole e turistica Kas, dove ancora una volta incontriamo il “gruppo organizzato” e poi fino ad Analya, una inquietante città piena di luci, alberghi a grattacielo e traffico. Arriviamo che è già notte in quanto passiamo la giornata dapprima a dondolarci lungo la costa, tra camion e calette turchesi, e poi imbottigliati nel traffico infernale di Antalya. Inoltre facciamo una sosta per visitare i fuochi di Chimera: una sola pazzesca se si considera l’arrampicata che bisogna fare per arrivarci! Senza contare che solo oggi, in 465 chilometri, avremo incontrato più di cento semafori rossi!
Lasciata Analya e l’hotel da 20 euro a notte con le asciugamani al posto delle lenzuola (solo poi scopriremo che si usa proprio così), ci troviamo immersi in enormi piantagioni di frutta, soprattutto banane. L’aria profuma in modo incredibile e così alla prima occasione acquistiamo delle banane per strada e ce le divoriamo: sono davvero buonissime! La strada costiera si snoda in una moltitudine di curve panoramiche, di calette turchesi e montagne di roccia rossastra, così le soste fotografiche sono molteplici. Ci concediamo anche una divagazione per stradine di campagna alla ricerca della foce di non so quale fiume, per ammirare gli uccelli acquatici. Anziché i volatili, troviamo immensi campi di fragole mature, che profumano l’aria fino ad inebriarci i sensi. Così ci fermiamo per strada da un contadino e nel bauletto posteriore trova posto una cassettina di rossi frutti che divoreremo più tardi appena arrivati in albergo.
Fa parecchio caldo e il traffico è impressionante. La strada è sempre la stessa (D400 si chiama) ed è zeppa di puzzolenti autotreni e di grossi furgoni che qua sostituiscono gli autobus. Immancabili una quantità esagerata di semafori, con il loro conto alla rovescia che in taluni incroci dura addirittura un minuto e quaranta secondi!
Poi l’ansia per la Polizia con i tele laser, appostata praticamente ovunque, in presenza di limiti di velocità ridicoli ma dovuti presumibilmente al fatto che le strade sono trafficate e ci sono parecchi pedoni che attraversano.
Fa parecchio caldo e il traffico è impressionante. La strada è sempre la stessa (D400 si chiama) ed è zeppa di puzzolenti autotreni e di grossi furgoni che qua sostituiscono gli autobus. Immancabili una quantità esagerata di semafori, con il loro conto alla rovescia che in taluni incroci dura addirittura un minuto e quaranta secondi!
Poi l’ansia per la Polizia con i tele laser, appostata praticamente ovunque, in presenza di limiti di velocità ridicoli ma dovuti presumibilmente al fatto che le strade sono trafficate e ci sono parecchi pedoni che attraversano.
Arriviamo in hotel nella caotica Mersin intorno alle 19. Purtroppo Minnie ha un parcheggio che ci inquieta non poco, in un’area di autolavaggio dove viene presa di mira da folte schiere di bambini e di passanti abituali (infatti l’allarme suonerà!) e questo, nonostante le rassicurazioni dell’albergatore, ci preoccupa un bel po’. Siamo al sesto piano di un hotel centralissimo e molto confortevole, in una città caotica ma per niente turistica, così seguiamo i consigli dell’albergatore e ci rechiamo per cena in un ristorante dove mangiamo ottima carne e verdure per una cifra davvero irrisoria. Ci stupiscono gli enormi piatti di prezzemolo che servono a tavola, come fosse insalata!
L’indomani si rivela una giornata un po’ complicata: dapprima perché non c’è verso di fare il telepass per la moto (unica modalità per utilizzare le autostrade turche) e poi perché, in un attimo di distrazione, becchiamo una multa per eccesso di velocità (3 chilometri oltre il limite) da circa 80 euro e non pagabile subito. La burocrazia turca è allucinante, non sappiamo davvero come fare per metterci in regola con autostrada e Polizia, sappiamo che probabilmente le multe non ci arriveranno a casa decuplicate ma vorremmo comunque saldare perché vorremmo evitare problemi in frontiera dato che qui siamo schedatissimi (al punto che ogni pieno di benzina viene registrato on line con la targa del mezzo) e considerato che ci piacerebbe tornare a breve per visitare il confinante Iran.
Comunque la strada da fare a livello di chilometri è piuttosto breve e così prima di pranzo arriviamo in Cappadocia a Goreme. Qui il sapore dell’Asia è più forte, tutti indossano i tipici pantaloni turchi, attraversiamo luoghi poveri e, ad un semaforo, un bambino ci lancia addosso senza prenderci una pietra. Mi stupisce e mi addolora l’istintività del gesto, immediata e molto cattiva. Non riesco a spiegarmi il perché, cosa debba aver vissuto o provato quella creatura così piccola e indifesa per vederci come un pericolo.
Alloggiamo a Goreme per tre notti, in un hotel del centro ricavato in una cava, originale e panoramico oltre che piuttosto economico (40 euro a notte). Il proprietario si rivela prodigo di buoni consigli e ci fornisce anche indicazioni su come pagare la multa, per la quale però ancora più prezioso si rivela il cameriere di un ristorantino dove ci fermiamo per pranzo che addirittura il lunedì successivo ci accompagnerà a Nevsehir all’Ufficio delle Tasse dove lavora suo fratello per consentirci di pagare la multa godendo di uno sconto celerità.
La Cappadocia è un mondo a parte, ci affascina incredibilmente con la sua luce bianca, l’atmosfera antica e i panorami che si svelano all’improvviso regalando magiche suggestioni. Ci sono tantissime cose da vedere e noi siamo belli carichi, decisi a goderci al massimo queste intense giornate di primavera e a scoprire gli angoli più nascosti e desolati di questa regione tanto decantata dalle guide turistiche. E non ci facciamo mancare nulla infatti: tante spremute di melograni per combattere il caldo (32°), il pranzo su una capanna piena di tappeti sospesa sul letto di un fiume, la soffocante visita ad una città sotterranea di ben otto piani, una suggestiva escursione a piedi attraverso la Valle dell’Amore, il tramonto tra le tipiche formazioni raukar della Cappadocia. E poi ancora i monasteri nella roccia, il Museo a cielo aperto di Goreme, i camini delle fate, la visita ad una bellissima fabbrica di tappeti dove un tizio ci propone di barattare Minnie con un tappeto, la Valle delle Rose, la visita ad un suggestivo caravanserraglio, l'incontro con alcuni operai che hanno appena scavato un pozzo sotterraneo per l'estrazione di acqua e, soprattutto, un magico volo in mongolfiera fatto di primo mattino.
L’indomani si rivela una giornata un po’ complicata: dapprima perché non c’è verso di fare il telepass per la moto (unica modalità per utilizzare le autostrade turche) e poi perché, in un attimo di distrazione, becchiamo una multa per eccesso di velocità (3 chilometri oltre il limite) da circa 80 euro e non pagabile subito. La burocrazia turca è allucinante, non sappiamo davvero come fare per metterci in regola con autostrada e Polizia, sappiamo che probabilmente le multe non ci arriveranno a casa decuplicate ma vorremmo comunque saldare perché vorremmo evitare problemi in frontiera dato che qui siamo schedatissimi (al punto che ogni pieno di benzina viene registrato on line con la targa del mezzo) e considerato che ci piacerebbe tornare a breve per visitare il confinante Iran.
Comunque la strada da fare a livello di chilometri è piuttosto breve e così prima di pranzo arriviamo in Cappadocia a Goreme. Qui il sapore dell’Asia è più forte, tutti indossano i tipici pantaloni turchi, attraversiamo luoghi poveri e, ad un semaforo, un bambino ci lancia addosso senza prenderci una pietra. Mi stupisce e mi addolora l’istintività del gesto, immediata e molto cattiva. Non riesco a spiegarmi il perché, cosa debba aver vissuto o provato quella creatura così piccola e indifesa per vederci come un pericolo.
Alloggiamo a Goreme per tre notti, in un hotel del centro ricavato in una cava, originale e panoramico oltre che piuttosto economico (40 euro a notte). Il proprietario si rivela prodigo di buoni consigli e ci fornisce anche indicazioni su come pagare la multa, per la quale però ancora più prezioso si rivela il cameriere di un ristorantino dove ci fermiamo per pranzo che addirittura il lunedì successivo ci accompagnerà a Nevsehir all’Ufficio delle Tasse dove lavora suo fratello per consentirci di pagare la multa godendo di uno sconto celerità.
La Cappadocia è un mondo a parte, ci affascina incredibilmente con la sua luce bianca, l’atmosfera antica e i panorami che si svelano all’improvviso regalando magiche suggestioni. Ci sono tantissime cose da vedere e noi siamo belli carichi, decisi a goderci al massimo queste intense giornate di primavera e a scoprire gli angoli più nascosti e desolati di questa regione tanto decantata dalle guide turistiche. E non ci facciamo mancare nulla infatti: tante spremute di melograni per combattere il caldo (32°), il pranzo su una capanna piena di tappeti sospesa sul letto di un fiume, la soffocante visita ad una città sotterranea di ben otto piani, una suggestiva escursione a piedi attraverso la Valle dell’Amore, il tramonto tra le tipiche formazioni raukar della Cappadocia. E poi ancora i monasteri nella roccia, il Museo a cielo aperto di Goreme, i camini delle fate, la visita ad una bellissima fabbrica di tappeti dove un tizio ci propone di barattare Minnie con un tappeto, la Valle delle Rose, la visita ad un suggestivo caravanserraglio, l'incontro con alcuni operai che hanno appena scavato un pozzo sotterraneo per l'estrazione di acqua e, soprattutto, un magico volo in mongolfiera fatto di primo mattino.
Quest’ultima esperienza si rivela davvero straordinaria, probabilmente grazie anche all’abilità del nostro pilota, l’inglese Mike Green, primo uomo a volare in mongolfiera in Cappadocia una ventina di anni fa. Mike è un motociclista su KTM990 e difatti entriamo subito in sintonia e, una volta a terra, chiacchieriamo a lungo davanti ad un bicchiere di champagne con le fragole.
Volare su questi giganteschi palloni è dolcissimo, non si percepisce minimamente il vento, è come essere accarezzati piano dal mondo in cui si sta volando. Grazie a Mike, che vola piuttosto basso, riesco a scattare delle foto molto belle. Noto che si mantiene piuttosto lontano dagli altri palloni e comprendo subito che è per ragioni di sicurezza: infatti il cielo è pieno di mongolfiere, alcune sembrano quasi sfiorarsi. Ripenso alle parole dell’albergatore, che ci ha subito dissuasi dal volare con compagnie economiche in mano a piloti inesperti, ed ora che siamo a casa già da un po’ ripenso al recente incidente che proprio a Goreme è costato la vita ad alcuni turisti. Mike inoltre ci spiega che chi guida il pallone può decidere soltanto se salire o scendere di quota, ma non può controllarne né la direzione né la velocità: è per questo che ogni mattina prima del decollo si studia la direzione dei venti e si decide da quale punto partire.
Volare su questi giganteschi palloni è dolcissimo, non si percepisce minimamente il vento, è come essere accarezzati piano dal mondo in cui si sta volando. Grazie a Mike, che vola piuttosto basso, riesco a scattare delle foto molto belle. Noto che si mantiene piuttosto lontano dagli altri palloni e comprendo subito che è per ragioni di sicurezza: infatti il cielo è pieno di mongolfiere, alcune sembrano quasi sfiorarsi. Ripenso alle parole dell’albergatore, che ci ha subito dissuasi dal volare con compagnie economiche in mano a piloti inesperti, ed ora che siamo a casa già da un po’ ripenso al recente incidente che proprio a Goreme è costato la vita ad alcuni turisti. Mike inoltre ci spiega che chi guida il pallone può decidere soltanto se salire o scendere di quota, ma non può controllarne né la direzione né la velocità: è per questo che ogni mattina prima del decollo si studia la direzione dei venti e si decide da quale punto partire.
Scesi dalla mongolfiera entusiasti abbiamo l’intera giornata davanti e così con la Minnie ci dedichiamo a scoprire altri posti dei dintorni, con un’andatura più rilassata e lenta rispetto al giorno prima. Siamo talmente appagati che tutto ci appare ancora più incantevole.
Il lunedì, risolto il problema multa grazie al nostro amico turco, riprendiamo la strada diretti ad Ankara, dove riusciamo a risolvere anche il problema telepass, dopo non so quante firme e dopo aver girato diversi uffici. La gente è disponibile, vorrebbero aiutarci tutti, ma il fatto che non capiscono una parola di Inglese si rivela un ostacolo difficile da superare.
Tra Goreme e Ankara un gigantesco lago salato ed un altro incontro amichevole con la gente del posto: in una fabbrica di sale dove ci fermiamo per fotografare il panorama. Nel baule trovano posto due boccette bianche omaggio dei nostri simpatici ammiratori.
Tra Goreme e Ankara un gigantesco lago salato ed un altro incontro amichevole con la gente del posto: in una fabbrica di sale dove ci fermiamo per fotografare il panorama. Nel baule trovano posto due boccette bianche omaggio dei nostri simpatici ammiratori.
Ankara è una capitale poco turistica. Inoltre nel 2011 è stata distrutta da un fortissimo terremoto e dunque la parte vecchia è ancora piena di macerie.
Saliamo a piedi alla cittadella, percorrendo una vera e propria scalata di cui le mie ginocchia risentiranno per diversi giorni. In alto troviamo strade rotte e bucate, tanta polvere e miseria, ma un panorama incredibile sulla città che, vista dall’alto, è davvero immensa.
Saliamo a piedi alla cittadella, percorrendo una vera e propria scalata di cui le mie ginocchia risentiranno per diversi giorni. In alto troviamo strade rotte e bucate, tanta polvere e miseria, ma un panorama incredibile sulla città che, vista dall’alto, è davvero immensa.
Dopo un giro a piedi nudi nella moschea, in un vicolo pieno di negozi di lampadari vediamo un tendone al cui interno alcune signore vestite di bianco stendono un impasto lievitato ricavando delle grosse piade da cuocere su una gigantesca piastra elettrica: ne assaggiamo una in due, che ci servono arrotolata in un foglio di carta leggera. Vanno a ruba, la gente del posto le mangia con lo yogurth, noi le degustiamo seduti su un muretto mentre osserviamo i passanti. Si chiamano "sade gozleme" e sono semplicemente squisite. Un vecchietto di ritorno dalla spesa appoggia a terra le grosse buste e ne addenta una farcita con gli spinaci con espressione beata.
Prima di rientrare in hotel ci concediamo una cena a base di donald kebab: quello vero, autentico, che profuma e non rimane per niente sullo stomaco. Unito alla gustosa baklava del pomeriggio, ci rende satolli e felici.
Mangiano bene questi turchi: la colazione è ricchissima ma comincia sempre con una insalata a base di pomodori, sedano, rucola, olive, formaggio e yogurth. La carne è squisita ma i grandi protagonisti della tavola sono sempre frutta e verdura cruda, e poi il pane cotto alla piastra, servito caldo ed in grosse quantità. La carne è squisita, e i dolci super calorici perchè farciti sempre con mandorle, nocciole e tantissimi pistacchi: una goduria!
Il viaggio prosegue in direzione Istanbul. Ad un autogrill rincontriamo i viaggiatori di Motovacanze e chiacchieriamo a lungo. L'amico Brag finalmente ha preso la direzione per cui è partito, l'Iran.
Arriviamo in città verso le 14, dopo 446 km e l'attraversamento del trafficato e bellissimo ponte sul Bosforo, ma rimaniamo imprigionati per un paio d’ore in un traffico bestiale, costretti a fermare Minnie per fare raffreddare il motore che non ce la fa più e puzza di bruciato. L’albergo è a un tiro di schioppo dalla Moschea Blu e, anche se ci ha venduto a peso d’oro un pezzo di strada come fosse un parcheggio privato, è parecchio confortevole. Abbiamo anche l’idromassaggio in stanza ma non ci entusiasma. Al contrario di Istanbul che si rivela ancora più bella di come la immaginavamo.
Avendo appena un giorno e mezzo a disposizione ci diamo subito da fare per vivere la città il più possibile: ce la godiamo abbastanza, anche se ci sarebbe voluto almeno un altro giorno intero per poterla visitare decentemente. Fa caldo ma c'è una brezza fresca che arriva dal mare e rende particolarmente piacevole passeggiare.
Una delle cose che più ci entusiasma è la Moschea Blu, immensa e bellissima. Vi si respira un’atmosfera unica ed indescrivibile. Ma anche Aya Sofya e Palazzo Topkapi con il gigantesco e coloratissimo harem del sultano sono di una bellezza impressionante. Per non parlare del gigantesco Gran Bazar, del trafficatissimo lungomare e del mercato delle spezie. Anche il parco è meraviglioso: pieno di aironi e traboccante di peonie e di coloratissimi tulipani.
Baklava e kebab a profusione, naturalmente! Mangiamo in strada perchè i ristoranti per turisti sono cari e poco attraenti.
Mi porto a casa un souvenir particolare: un paio di orecchini in argento e ceramica turchese dipinta con i tipici disegni bizantini. Li pago un occhio in un negozietto molto ricercato ma sono davvero belli.
Mangiano bene questi turchi: la colazione è ricchissima ma comincia sempre con una insalata a base di pomodori, sedano, rucola, olive, formaggio e yogurth. La carne è squisita ma i grandi protagonisti della tavola sono sempre frutta e verdura cruda, e poi il pane cotto alla piastra, servito caldo ed in grosse quantità. La carne è squisita, e i dolci super calorici perchè farciti sempre con mandorle, nocciole e tantissimi pistacchi: una goduria!
Il viaggio prosegue in direzione Istanbul. Ad un autogrill rincontriamo i viaggiatori di Motovacanze e chiacchieriamo a lungo. L'amico Brag finalmente ha preso la direzione per cui è partito, l'Iran.
Arriviamo in città verso le 14, dopo 446 km e l'attraversamento del trafficato e bellissimo ponte sul Bosforo, ma rimaniamo imprigionati per un paio d’ore in un traffico bestiale, costretti a fermare Minnie per fare raffreddare il motore che non ce la fa più e puzza di bruciato. L’albergo è a un tiro di schioppo dalla Moschea Blu e, anche se ci ha venduto a peso d’oro un pezzo di strada come fosse un parcheggio privato, è parecchio confortevole. Abbiamo anche l’idromassaggio in stanza ma non ci entusiasma. Al contrario di Istanbul che si rivela ancora più bella di come la immaginavamo.
Avendo appena un giorno e mezzo a disposizione ci diamo subito da fare per vivere la città il più possibile: ce la godiamo abbastanza, anche se ci sarebbe voluto almeno un altro giorno intero per poterla visitare decentemente. Fa caldo ma c'è una brezza fresca che arriva dal mare e rende particolarmente piacevole passeggiare.
Una delle cose che più ci entusiasma è la Moschea Blu, immensa e bellissima. Vi si respira un’atmosfera unica ed indescrivibile. Ma anche Aya Sofya e Palazzo Topkapi con il gigantesco e coloratissimo harem del sultano sono di una bellezza impressionante. Per non parlare del gigantesco Gran Bazar, del trafficatissimo lungomare e del mercato delle spezie. Anche il parco è meraviglioso: pieno di aironi e traboccante di peonie e di coloratissimi tulipani.
Baklava e kebab a profusione, naturalmente! Mangiamo in strada perchè i ristoranti per turisti sono cari e poco attraenti.
Mi porto a casa un souvenir particolare: un paio di orecchini in argento e ceramica turchese dipinta con i tipici disegni bizantini. Li pago un occhio in un negozietto molto ricercato ma sono davvero belli.
Lasciamo Istanbul un po’ a malincuore e, passata la frontiera senza intoppi nè controlli ossessivi, entriamo in Grecia. Dopo complessivi 600 km facciamo tappa a Salonicco, in un hotel gestito da una signora dai tacchi alti e traballanti che ci accoglie con un gustoso Espresso italiano. Parliamo a lungo del Berlusca, della crisi che attanaglia i nostri due paesi e lei si dice ottimista per l’Italia ma molto meno per la Grecia. Ci suggerisce un ristorante di pesce frequentato dalla gente del posto, dove la sera mangiamo un'ottima razza al limone con poca spesa.
La moto è già carica di frutta secca (albicocche, mirtilli, uva passa, mandorle e pistacchi), che in Turchia si trova ovunque ed è squisita. Aggiungiamo anche delle grosse brioches acquistate nella più antica pasticceria di Salonicco a completare il carico. In Grecia infatti è il venerdì santo, dopodomani è Pasqua ed il loro dolce tipico è una profumata brioches addobbata con uova rosse.
Per il resto Salonicco non ci entusiasma: è una città sporca ed anche un po’ caotica. Il mare non è niente di che e da vedere c’è molto poco. Però è piena di giovani, di gente seduta nei locali e nei bar sul lungomare, insomma c’è parecchia vita.
L’indomani è l’ultimo giorno, quello che terminerà con l’imbarco a Igoumeniza.
Ci godiamo la giornata alla grande visitando le celebri Meteore, spettacolari monasteri nella roccia, in taluni casi chiusi a causa del sabato santo. Ci sono salite ovunque, e non mancano incontri simpatici dato che con la moto si "acchiappa" sempre perchè si colpisce la curiosità della gente. Salutiamo la Grecia allo scoccare della mezzanotte, in compagnia di mototuristi austriaci e giapponesi che tornano anche loro in Italia, i secondi su moto a noleggio.
La moto è già carica di frutta secca (albicocche, mirtilli, uva passa, mandorle e pistacchi), che in Turchia si trova ovunque ed è squisita. Aggiungiamo anche delle grosse brioches acquistate nella più antica pasticceria di Salonicco a completare il carico. In Grecia infatti è il venerdì santo, dopodomani è Pasqua ed il loro dolce tipico è una profumata brioches addobbata con uova rosse.
Per il resto Salonicco non ci entusiasma: è una città sporca ed anche un po’ caotica. Il mare non è niente di che e da vedere c’è molto poco. Però è piena di giovani, di gente seduta nei locali e nei bar sul lungomare, insomma c’è parecchia vita.
L’indomani è l’ultimo giorno, quello che terminerà con l’imbarco a Igoumeniza.
Ci godiamo la giornata alla grande visitando le celebri Meteore, spettacolari monasteri nella roccia, in taluni casi chiusi a causa del sabato santo. Ci sono salite ovunque, e non mancano incontri simpatici dato che con la moto si "acchiappa" sempre perchè si colpisce la curiosità della gente. Salutiamo la Grecia allo scoccare della mezzanotte, in compagnia di mototuristi austriaci e giapponesi che tornano anche loro in Italia, i secondi su moto a noleggio.
Ci sarebbe piaciuto poter dire che non avevamo preso acqua per l’intero viaggio ma il pomeriggio greco è stato in realtà piovoso, tant’è che ci siamo chiusi dalle tre alle 5 in un ristorante prima di riprendere la strada con l'antipioggia addosso.
Sbarchiamo dopo un lungo sonno in una comoda cabina di una nave quasi vuota, intorno alle 18.45. In meno di due ore siamo a casa, contenti e appagati ma anche dispiaciuti perchè il viaggio è già finito.
5085 i chilometri percorsi in moto, 14 i giorni complessivi a disposizione, spesi all inclusive 1487 euro a testa (di cui 357 per dormire, 250 di traghetto, 150 di volo in mongolfiera).
La benzina in Turchia è carissima poichè sfiora i 2,35 euro al litro.
Sbarchiamo dopo un lungo sonno in una comoda cabina di una nave quasi vuota, intorno alle 18.45. In meno di due ore siamo a casa, contenti e appagati ma anche dispiaciuti perchè il viaggio è già finito.
5085 i chilometri percorsi in moto, 14 i giorni complessivi a disposizione, spesi all inclusive 1487 euro a testa (di cui 357 per dormire, 250 di traghetto, 150 di volo in mongolfiera).
La benzina in Turchia è carissima poichè sfiora i 2,35 euro al litro.