Per noi che siamo posizionati praticamente al centro dello Stivale, ad andare un po’ più a sud ci vuole poco, e così eccoci in sella in un assolato sabato di maggio col manubrio puntato verso quella strana “cerniera” in cui Puglia, Calabria e Basilicata si intersecano l’una all’altra.
Dopo un breve e veloce tratto autostradale lasciamo l’A14 all’altezza di Foggia per prendere la statale piena di buche e raggiungere i laghi di Monticchio, in provincia di Potenza. La giornata è calda e luminosa, il cielo terso ci regala bei panorami ed attorno a noi la primavera esplode rigogliosa con le sue mille profumate fioriture.
In giro c’è poca gente, qualche famigliola in assetto da pic nic ci guarda curiosa dai tavoli di cui è zeppo il bosco che si trova ai margini della strada che costeggia il lago grande ed arriva fino al piccolo. In quest’ultimo, più visibile dalla strada, spicca la bella Badia San Michele, aperta al pubblico e dalle cui finestre si riesce a “saltare” la fitta barriera della vegetazione per poter abbracciare con un unico sguardo il panorama di entrambi i laghi.
Dopo un breve e veloce tratto autostradale lasciamo l’A14 all’altezza di Foggia per prendere la statale piena di buche e raggiungere i laghi di Monticchio, in provincia di Potenza. La giornata è calda e luminosa, il cielo terso ci regala bei panorami ed attorno a noi la primavera esplode rigogliosa con le sue mille profumate fioriture.
In giro c’è poca gente, qualche famigliola in assetto da pic nic ci guarda curiosa dai tavoli di cui è zeppo il bosco che si trova ai margini della strada che costeggia il lago grande ed arriva fino al piccolo. In quest’ultimo, più visibile dalla strada, spicca la bella Badia San Michele, aperta al pubblico e dalle cui finestre si riesce a “saltare” la fitta barriera della vegetazione per poter abbracciare con un unico sguardo il panorama di entrambi i laghi.
Terminata la prima divagazione della giornata, dopo un piatto di pasta, riprendiamo la strada in direzione di Castellaneta, in provincia di Taranto, dove abbiamo prenotato una stanza in una masseria situata a pochi metri da una gravina e perciò denominata appunto “Masseria La Gravina”. Ma prima di giungere a destinazione, dopo qualche foto alle Dolomiti Lucane che spuntano lungo la strada con le loro punte frastagliate, facciamo un’altra divagazione per ammirare dall’alto le chiese rupestri di Matera, che ci sono quasi di strada. Abbiamo avuto altre occasioni di vederle, ma ogni volta lo spettacolo ci lascia senza fiato. Ed anche se la luce per fotografarle non è proprio delle migliori, scatto a più non posso.
Alla masseria, situata ad una trentina di chilometri appena dalle case rupestri, il Sig. Franco ci accoglie assieme al suo simpatico cane Balù, e subito si rivela prodigo di ottimi consigli su come trascorrere il tempo a nostra disposizione.
Il giardino della masseria è incantevole, ci sono piante grasse stupende e un albero di rose profumatissime cattura la mia attenzione più di ogni altra cosa.
Il giardino della masseria è incantevole, ci sono piante grasse stupende e un albero di rose profumatissime cattura la mia attenzione più di ogni altra cosa.
Per sera decidiamo di fare l’esperienza del “fornello equino”. In pratica si tratta di acquistare della carne di cavallo, tipica di queste zone, in una macelleria dotata nelle vicinanze di una sala al cui interno sorge un forno a legna che consente, per la sua altezza, di cucinare i vari tagli di carne ad altezze differenti così che rendano al massimo. Andrea non ha mai mangiato carne di cavallo, tuttavia si lascia facilmente convincere a fare questa esperienza. Ed anche di fronte al carpaccio, guardando me che lo assaporo beata, vince ogni resistenza, assaggia prima e poi divora!
In paese c’è la festa del santo patrono, così musica, bancarelle, luci e gente benvestita ci accompagnano nella nostra lenta digestione, che –una volta tornati a casa- sarà resa ancor più facile da un bicchiere di mirto artigianale fatto dalla moglie del Sig. Franco.
L’indomani a colazione ci attendono altre ghiottonerie, e su tutte spicca una ricotta freschissima spolverata di polvere di caffè che gustiamo cosparsa di un delicato e profumatissimo miele locale.
Sono circa le 9.15 quando, all’incrocio con la Basentana, ci incontriamo con l’amico Bagnatozuppo, che ci guiderà alla scoperta della Sila e ci accompagnerà fino in Basilicata. Come promesso, si presenta all’appuntamento con un paffuto vassoio in cui sono adagiati sei golosi pasticciotti leccesi: nello stomaco c’è un posticino per uno di loro, gli altri trovano posto nella borsa frigorifero che ho portato con me apposta, ma dureranno appena una giornata.
Sono circa le 9.15 quando, all’incrocio con la Basentana, ci incontriamo con l’amico Bagnatozuppo, che ci guiderà alla scoperta della Sila e ci accompagnerà fino in Basilicata. Come promesso, si presenta all’appuntamento con un paffuto vassoio in cui sono adagiati sei golosi pasticciotti leccesi: nello stomaco c’è un posticino per uno di loro, gli altri trovano posto nella borsa frigorifero che ho portato con me apposta, ma dureranno appena una giornata.
Il tempo di un caffè e ci spariamo d’un fiato i quasi duecento chilometri veloci che ci separano da Camigliatello Silano (Cosenza), la base da noi scelta per esplorare il Parco Nazionale della Sila.
Prendiamo una stanza allo spartano hotel Cozza e, lasciati i bagagli, incominciamo a gironzolare per le tranquille strade del parco nazionale. La vegetazione è fitta, si viaggia quasi sempre immersi nel verde, ma di rado lo sguardo cattura la roccia. Insomma il paesaggio non ha nulla del nostro Appennino, è dolce e lussureggiante, zeppo di alberi e di boschi. Ed anche i laghi danno l’idea di essere in Svizzera più che in Calabria.
In realtà prima di immergerci nella natura facciamo due soste tecniche: la prima alle porte del paese per vedere se, presso la stazione ferroviaria dismessa, è ancora possibile mangiare un boccone. Non è un caso che la stazione si chiami proprio “Moccone”, ma non c’è nessuno, tutto sembra abbandonato.
In realtà prima di immergerci nella natura facciamo due soste tecniche: la prima alle porte del paese per vedere se, presso la stazione ferroviaria dismessa, è ancora possibile mangiare un boccone. Non è un caso che la stazione si chiami proprio “Moccone”, ma non c’è nessuno, tutto sembra abbandonato.
Il nostro amico non si rassegna e così, qualche chilometro dopo, eccoci su un’altra rotaia, in un ristorante che si chiama appunto “La locomotiva” perché situato all’interno di un treno dismesso: non ci fermiamo per pranzo ma prenotiamo un tavolo per la sera, decisi a condividere questa singolare esperienza col Bazu che l’ha fatta già qualche tempo prima e ne è rimasto entusiasta.
Con sorpresa mi accorgo che l’altimetro segna 1350 metri: non sembra di stare così in alto, forse perché la vegetazione fitta non ti fa vedere quello che c’è attorno. Il nostro itinerario ci consente di ammirare i tre bellissimi laghi del parco, nell’ordine Arvo, Ampollino (dove facciamo un rapido pasto sfizioso) e Cecita. E’ incredibile come questi luoghi siano rilassanti e come il tempo passi in fretta quando si sta in moto ed in buona compagnia.
Uno scoiattolo cattura la nostra attenzione a bordo strada e manda quasi in tilt l’esposimetro della mia reflex per quanto è scuro!
Quello che non ci entusiasma affatto sono i paesi del parco, tutti molto anonimi e mal tenuti. Non c’è un solo buon motivo per farvi una sosta, a parte la pausa caffè.
Rientriamo in albergo giusto il tempo di una pipì perché è già ora di cena.
Dieci chilometri ancora, poi parcheggiamo la moto e saliamo in carrozza per un’esperienza culinaria interessante ma non esaltante come pensavamo. Ci delude soprattutto il vino, piuttosto acidulo, ma nonostante stasera andiamo ad acqua ci facciamo un sacco di risate! Siamo proprio un bel trio, la nostra amicizia è autentica e solida, oramai ci conosciamo così in profondità che siamo del tutto liberi l’uno di fronte all’altro, e ci vogliamo un gran bene.
Rientriamo in albergo giusto il tempo di una pipì perché è già ora di cena.
Dieci chilometri ancora, poi parcheggiamo la moto e saliamo in carrozza per un’esperienza culinaria interessante ma non esaltante come pensavamo. Ci delude soprattutto il vino, piuttosto acidulo, ma nonostante stasera andiamo ad acqua ci facciamo un sacco di risate! Siamo proprio un bel trio, la nostra amicizia è autentica e solida, oramai ci conosciamo così in profondità che siamo del tutto liberi l’uno di fronte all’altro, e ci vogliamo un gran bene.
L’indomani, col cielo velato, lasciamo la Sila per dirigerci verso il mare. Scendiamo pigri lungo la costa, ma il primo tratto ci delude parecchio: l’uomo, con le case vacanze tutte uguali vendute a poche migliaia di euro, ha finito col deturpare un paesaggio poco interessante già di suo.
Inoltre c’è un gran fermento per la campagna elettorale in corso e le facce che ci ammiccano dai muri sono davvero inquietanti. Dalle macchine gli altoparlanti propongono i candidati a sindaco locali con slogan irripetibili!
Ci fermiamo a Diamante per vedere i suoi famosi murales, e qui facciamo conoscenza con un indiano del Bangladesh che vive in Italia da quasi trent’anni che guardando Olivia ci dice che al suo paese non ci sono “motorini” così grandi!
Inoltre c’è un gran fermento per la campagna elettorale in corso e le facce che ci ammiccano dai muri sono davvero inquietanti. Dalle macchine gli altoparlanti propongono i candidati a sindaco locali con slogan irripetibili!
Ci fermiamo a Diamante per vedere i suoi famosi murales, e qui facciamo conoscenza con un indiano del Bangladesh che vive in Italia da quasi trent’anni che guardando Olivia ci dice che al suo paese non ci sono “motorini” così grandi!
Poi pausa pranzo a base di pesce a Praia a mare, da dove la costa si fa più interessante ma appartiene alla Basilicata anzicchè alla Calabria.
Ho prenotato per pochi euro un bellissimo albergo a tre chilometri da Maratea: abbiamo il terrazzo che offre una splendida veduta del Golfo di Policastro e ce lo godiamo sorseggiando un caffè fatto con la moka dal Bazu prima di ripartire in moto per esplorare il suggestivo tratto della statale 18 tirrenica inferiore che da Maratea conduce a Sapri.
Le soste fotografiche sono molteplici, anche se la giornata cupa e dal cielo velato non consente foto spettacolari.
Le soste fotografiche sono molteplici, anche se la giornata cupa e dal cielo velato non consente foto spettacolari.
Sulla via del ritorno ci fermiamo a Maratea Marina e qui, seduti all’aperto ai tavoli dell’unica pizzeria sulla piazza, ci godiamo il tramonto chiacchierando con il simpatico gestore, molto interessato al nostro punto di vista sui luoghi visitati in moto. Bazu è felice come un bambino davanti ad una scapece magistralmente preparata, e noi altri ci godiamo una gustosa pizza mozzarella e pachino.
Penso che se fosse stata estate questa piazza non avrebbe avuto la stessa luce, lo stesso silenzio e la stessa luna, e ancora una volta mi dico che non c’è periodo migliore per ammirare i posti di mare delle mezze stagioni. Mi sento una privilegiata ad essere lì con Andrea e il Bazu, con le moto parcheggiate a pochi passi da noi ed il mare che sussurra piano alla luna un messaggio di pace e serenità. Non ci siamo neppure lavati e cambiati per la cena, non ce n’è stato il tempo, e non ce n’è stata la necessità: anche questa è una libertà che forse in estate non mi sarei saputa prendere.
Penso che se fosse stata estate questa piazza non avrebbe avuto la stessa luce, lo stesso silenzio e la stessa luna, e ancora una volta mi dico che non c’è periodo migliore per ammirare i posti di mare delle mezze stagioni. Mi sento una privilegiata ad essere lì con Andrea e il Bazu, con le moto parcheggiate a pochi passi da noi ed il mare che sussurra piano alla luna un messaggio di pace e serenità. Non ci siamo neppure lavati e cambiati per la cena, non ce n’è stato il tempo, e non ce n’è stata la necessità: anche questa è una libertà che forse in estate non mi sarei saputa prendere.
La nostra breve vacanza è finita.
Ripartiamo all’indomani col cielo a tratti nuvoloso.
Ripartiamo all’indomani col cielo a tratti nuvoloso.
Con Giovanni ci lasciamo all’altezza della Salerno/Reggio Calabria per prendere direzioni diverse: questi arrivederci hanno sempre un qualcosa di solenne, forse perché ci sarebbe piaciuto stare ancora un po’ insieme ed invece il nostro tempo è passato in fretta.
Uno scroscio di pioggia ci prende sulla statale, a circa 90 km dall’imbocco dell’A14 Foggia, proprio mentre siamo fermi in un’area di servizio per infilarci la cerata, poi cielo cupo ma niente pioggia fino a casa, dove arriviamo che sono quasi le tre, con complessivi 1496 chilometri sotto le ruote e nel cuore.
Questi quattro giorni sono stati speciali, ci hanno lasciato un gusto dentro che assomiglia a quello dei grandi viaggi: li rumineremo piano fino alla prossima avventura che, al momento, non sappiamo ancora dove sarà.
Uno scroscio di pioggia ci prende sulla statale, a circa 90 km dall’imbocco dell’A14 Foggia, proprio mentre siamo fermi in un’area di servizio per infilarci la cerata, poi cielo cupo ma niente pioggia fino a casa, dove arriviamo che sono quasi le tre, con complessivi 1496 chilometri sotto le ruote e nel cuore.
Questi quattro giorni sono stati speciali, ci hanno lasciato un gusto dentro che assomiglia a quello dei grandi viaggi: li rumineremo piano fino alla prossima avventura che, al momento, non sappiamo ancora dove sarà.