Voglio raccontarvi una storia. Di quelle in cui ti imbatti per caso in un’afosa domenica pomeriggio di metà estate, e ti rapiscono occhi e cuore.
Il protagonista si chiama Marco Ultimo, e a guardarlo vien da pensare che in quel cognome è scritto il suo destino. E’ infatti uno degli ultimi pastori che vivono sulla Montagna Madre, padroni del cielo e delle stelle ma raminghi e senza fissa dimora.
Ultimo è spuntato dal bosco dietro al suo gregge, con in mano un bastone e le redini di Filippo, il suo cavallo. Ha gli occhi azzurri, vivi, sereni ed un sorriso di pochi denti ma pieno di allegria.
Il protagonista si chiama Marco Ultimo, e a guardarlo vien da pensare che in quel cognome è scritto il suo destino. E’ infatti uno degli ultimi pastori che vivono sulla Montagna Madre, padroni del cielo e delle stelle ma raminghi e senza fissa dimora.
Ultimo è spuntato dal bosco dietro al suo gregge, con in mano un bastone e le redini di Filippo, il suo cavallo. Ha gli occhi azzurri, vivi, sereni ed un sorriso di pochi denti ma pieno di allegria.
E’ di Pacentro, il paese d’origine della rock star Madonna, e la sua vita è faticosa ma bella, perché il suo è un mestiere duro che si può fare solo se hai passione, come lui stesso puntualizza.
Ci racconta della montagna, delle nevicate fuori stagione, dei lupi e dei camosci, di come un pastore meno esperto qualche anno fa sia rimasto vittima della bufera. Ci racconta che anche lui quando piove si mette la tuta impermeabile come noi motociclisti.
Ci parla dei suoi cavalli, Filippo e Primavera, di uno zingaro che voleva comprargli il primo per quattro soldi per farlo macellare, ignorando che lui con quel cavallo lì ci gira da trentadue anni e gli vuol bene. E poi ci racconta della sua famiglia, di suo padre, di quando da ragazzo partecipava a piedi scalzi alla celebre corsa degli zingari che ogni anno a settembre si svolge nel suo paese.
Ma il suo sguardo si fa più luminoso quando ci parla dell’”Ultima Estate”, il libro fotografico di cui è protagonista, uscito a inizio anno e a lui dedicato da un fotografo che l’ha seguito al pascolo per tutta la scorsa estate. E’ un pastore VIP il nostro Ultimo, e infatti non si offende quando anch’io gli chiedo di lasciarsi riprendere dal mio obiettivo. Vorrei essere più invadente ma non ci riesco, ho troppo rispetto per quell’uomo che ho di fronte, per quella luce che vedo nei suoi occhi chiari, per quella natura che mi sta parlando attraverso di lui, generosa e prodiga. Perché, come insegna il nostro amico, non ci sono montagne assassine ma solo uomini inesperti o sfortunati.
Ci racconta della montagna, delle nevicate fuori stagione, dei lupi e dei camosci, di come un pastore meno esperto qualche anno fa sia rimasto vittima della bufera. Ci racconta che anche lui quando piove si mette la tuta impermeabile come noi motociclisti.
Ci parla dei suoi cavalli, Filippo e Primavera, di uno zingaro che voleva comprargli il primo per quattro soldi per farlo macellare, ignorando che lui con quel cavallo lì ci gira da trentadue anni e gli vuol bene. E poi ci racconta della sua famiglia, di suo padre, di quando da ragazzo partecipava a piedi scalzi alla celebre corsa degli zingari che ogni anno a settembre si svolge nel suo paese.
Ma il suo sguardo si fa più luminoso quando ci parla dell’”Ultima Estate”, il libro fotografico di cui è protagonista, uscito a inizio anno e a lui dedicato da un fotografo che l’ha seguito al pascolo per tutta la scorsa estate. E’ un pastore VIP il nostro Ultimo, e infatti non si offende quando anch’io gli chiedo di lasciarsi riprendere dal mio obiettivo. Vorrei essere più invadente ma non ci riesco, ho troppo rispetto per quell’uomo che ho di fronte, per quella luce che vedo nei suoi occhi chiari, per quella natura che mi sta parlando attraverso di lui, generosa e prodiga. Perché, come insegna il nostro amico, non ci sono montagne assassine ma solo uomini inesperti o sfortunati.
Intanto uno dei “ferocissimi” cani di Ultimo mi si è acciambellato vicino ai piedi e dorme come un sasso dopo una giornata di duro lavoro al pascolo. Sento il suo calore e mi fa una grande tenerezza. Un altro si è messo a mollo nella fontana. Li conto e mi accorgo che sono in sette. Oltre a 370 tra pecore e capre.
Si avvicina una coppia di romani di passaggio, hanno paura dei cani e chiedono a me come possono fare a bere alla fontana. Gli faccio da intermediaria e col pastore ci incamminiamo verso la fonte, loro riempiono una bottiglina e restano per qualche minuto ad ascoltare i nostri discorsi. Non riescono a sintonizzarsi, a cogliere il senso di quell’incontro, ogni tanto mi sussurrano commenti un po’ ironici, ad esempio sulla pulizia o sui cani. Sono fastidiosi come le mosche che fanno dannare Filippo e Primavera! Sono i commenti insulsi di cittadini che non si rendono conto di essere ospiti di Ultimo e della Maiella, e che si sentono padroni di qualcosa che in realtà non sanno cogliere e che proprio per questo a loro non apparterrà mai.
Si avvicina una coppia di romani di passaggio, hanno paura dei cani e chiedono a me come possono fare a bere alla fontana. Gli faccio da intermediaria e col pastore ci incamminiamo verso la fonte, loro riempiono una bottiglina e restano per qualche minuto ad ascoltare i nostri discorsi. Non riescono a sintonizzarsi, a cogliere il senso di quell’incontro, ogni tanto mi sussurrano commenti un po’ ironici, ad esempio sulla pulizia o sui cani. Sono fastidiosi come le mosche che fanno dannare Filippo e Primavera! Sono i commenti insulsi di cittadini che non si rendono conto di essere ospiti di Ultimo e della Maiella, e che si sentono padroni di qualcosa che in realtà non sanno cogliere e che proprio per questo a loro non apparterrà mai.
Passiamo più di un’ora a chiacchierare tra l’erba, vicino alla fonte. Ad un paio di chilometri appena dallo stazzo di Ultimo e dei suoi due soci.
Le pecore, guidate da alcuni dei cani, sono quasi arrivate a destinazione, ed allora il nostro amico sale in sella e le raggiunge, dopo una forte stretta di mano e l’invito ad andare a vedere il rito della mungitura manuale che si svolge due volte al giorno, mattino e sera.
Rifletto che poco prima, quando ci eravamo presentati, ci aveva dato il polso e non la mano dicendo che aveva toccato gli animali; sono felice che ora non ci veda più come solo due cittadini in gita a Passo San Leonardo!
Le pecore, guidate da alcuni dei cani, sono quasi arrivate a destinazione, ed allora il nostro amico sale in sella e le raggiunge, dopo una forte stretta di mano e l’invito ad andare a vedere il rito della mungitura manuale che si svolge due volte al giorno, mattino e sera.
Rifletto che poco prima, quando ci eravamo presentati, ci aveva dato il polso e non la mano dicendo che aveva toccato gli animali; sono felice che ora non ci veda più come solo due cittadini in gita a Passo San Leonardo!
Con Andrea restiamo fermi a guardare il pastore raggiungere il gregge, poi ci incamminiamo verso il bosco a cercare un po’ d’ombra e magari qualche fragolina. Sappiamo già che verso le sette saremo allo stazzo per continuare quella chiacchierata e che torneremo a casa col buio e le stelle. Quelle stelle che solo il cielo di montagna ti fa vedere così numerose, e che noi oggi abbiamo ritrovato negli occhi di Ultimo.
Quando arriviamo allo stazzo neppure i cani ci abbaiano perché ormai conoscono il nostro odore. Ci viene incontro un ragazzo al quale spieghiamo che siamo amici di Marco Ultimo. Lo chiama, ci fa entrare nel recinto tra le bestiole e ci presenta i suoi soci.
Uno è un ex operaio che a cinquant’anni si è trovato senza lavoro e si è messo a fare il pastore. E’ un uomo molto cordiale e butta subito la conversazione sulla politica. Ci racconta che ogni giorno deve fare un sacco di chilometri in più per portare il latte a destinazione perché la strada per Pacentro è chiusa oramai da parecchi mesi a causa di una frana e che i 50.000 euro che servirebbero a metterla in sicurezza in mano ai politici sono diventati 700.000, per cui non si trovano! Ride dicendo che se fosse lui il politico che comanda oltre alla strada riaprirebbe anche le case chiuse!
L’altro è un omone dritto, baffuto e arcigno, mette paura solo a guardarlo e a detta dei suoi soci “se lo incontri è meglio che scappi!”. Ogni tanto brontola ma di quello che dice capisco poco, a parte il racconto della terribile bufera di neve in cui morì un pastore già sentito da Ultimo. Ci parla a distanza, non si avvicina e ogni tanto prende una capra per le corna.
Aprono la stalla e in un attimo corrono fuori una ventina di agnellini affamati. Si attaccano bramosi alle mammelle delle madri e succhiano il latte. Realizzo che sono lì in mezzo a loro, nello stesso recinto con i cani, ma non ho minimamente paura, non sento cattivi odori ed anzi è tutto bellissimo.
Quando arriviamo allo stazzo neppure i cani ci abbaiano perché ormai conoscono il nostro odore. Ci viene incontro un ragazzo al quale spieghiamo che siamo amici di Marco Ultimo. Lo chiama, ci fa entrare nel recinto tra le bestiole e ci presenta i suoi soci.
Uno è un ex operaio che a cinquant’anni si è trovato senza lavoro e si è messo a fare il pastore. E’ un uomo molto cordiale e butta subito la conversazione sulla politica. Ci racconta che ogni giorno deve fare un sacco di chilometri in più per portare il latte a destinazione perché la strada per Pacentro è chiusa oramai da parecchi mesi a causa di una frana e che i 50.000 euro che servirebbero a metterla in sicurezza in mano ai politici sono diventati 700.000, per cui non si trovano! Ride dicendo che se fosse lui il politico che comanda oltre alla strada riaprirebbe anche le case chiuse!
L’altro è un omone dritto, baffuto e arcigno, mette paura solo a guardarlo e a detta dei suoi soci “se lo incontri è meglio che scappi!”. Ogni tanto brontola ma di quello che dice capisco poco, a parte il racconto della terribile bufera di neve in cui morì un pastore già sentito da Ultimo. Ci parla a distanza, non si avvicina e ogni tanto prende una capra per le corna.
Aprono la stalla e in un attimo corrono fuori una ventina di agnellini affamati. Si attaccano bramosi alle mammelle delle madri e succhiano il latte. Realizzo che sono lì in mezzo a loro, nello stesso recinto con i cani, ma non ho minimamente paura, non sento cattivi odori ed anzi è tutto bellissimo.
Poi, risistemati i piccoli e le mamme nella stalla di lamiera, comincia la mungitura. E’ rigorosamente manuale perché i vincoli del parco non consentono di avere né energia elettrica né costruzioni in muratura. E difatti lo stazzo è un po’ improvvisato, rudimentale. C’è una casetta di legno e fuori una fontana e una brace. Dico ad Andrea che fintanto che il formaggio lo faranno così io voglio continuare a mangiarlo, al diavolo il colesterolo! Sì, perché quanto potrà durare ancora tutto questo? Non molto, temo.
Inizia la mungitura e l’aria profuma improvvisamente di latte. Scatto foto ma ho paura di essere invadente e dunque mi freno un po’ consapevole che se cambio posizione spavento le bestiole e disturbo le operazioni di mungitura.
Le capre e le pecore entrano in dei piccoli gabbiotti di legno: Ultimo e uno dei soci le bloccano con un bastone a forma di fionda rovesciata tirata da una fune all’altezza del collo e le mungono in un secchio di metallo. Poi, quando il secchio è pieno, filtrano il latte schiumoso con un telo di cotone a più strati per togliere peli, terra od altri residui, ed il latte viene messo in un grosso barattolo di metallo.
Restano fuori le pecore incinte, il passaggio per loro è troppo stretto. Imparo inoltre che le puerpere non si mungono.
Inizia la mungitura e l’aria profuma improvvisamente di latte. Scatto foto ma ho paura di essere invadente e dunque mi freno un po’ consapevole che se cambio posizione spavento le bestiole e disturbo le operazioni di mungitura.
Le capre e le pecore entrano in dei piccoli gabbiotti di legno: Ultimo e uno dei soci le bloccano con un bastone a forma di fionda rovesciata tirata da una fune all’altezza del collo e le mungono in un secchio di metallo. Poi, quando il secchio è pieno, filtrano il latte schiumoso con un telo di cotone a più strati per togliere peli, terra od altri residui, ed il latte viene messo in un grosso barattolo di metallo.
Restano fuori le pecore incinte, il passaggio per loro è troppo stretto. Imparo inoltre che le puerpere non si mungono.
E’ quasi buio quando decidiamo di lasciare lavorare in pace i nostri amici e ci congediamo. Con il desiderio di raccogliere l’altro invito di Marco e recarci presto a Pacentro per vedere la trasformazione del latte in formaggio.
Accanto a Olivia la brace accesa profuma già di arrosto.
Un bellissimo tramonto fa capolino durante la discesa a valle. L’inconfondibile sagoma rosa del Gran Sasso ci regala un’ultima incantevole cartolina. Ci sentiamo come quando torniamo da un lungo viaggio, pur essendo stati in giro per poche ore e ad appena una quarantina di chilometri da casa. E questa sensazione di aver ricevuto un immenso regalo ci accompagnerà per parecchi giorni ancora, insieme ad una profonda immensa gratitudine verso la Montagna Madre che ci ha parlato attraverso Ultimo ed i suoi amici, facendoci vedere dal di dentro un pezzettino del loro mondo fatto di fatica e di stelle.
Accanto a Olivia la brace accesa profuma già di arrosto.
Un bellissimo tramonto fa capolino durante la discesa a valle. L’inconfondibile sagoma rosa del Gran Sasso ci regala un’ultima incantevole cartolina. Ci sentiamo come quando torniamo da un lungo viaggio, pur essendo stati in giro per poche ore e ad appena una quarantina di chilometri da casa. E questa sensazione di aver ricevuto un immenso regalo ci accompagnerà per parecchi giorni ancora, insieme ad una profonda immensa gratitudine verso la Montagna Madre che ci ha parlato attraverso Ultimo ed i suoi amici, facendoci vedere dal di dentro un pezzettino del loro mondo fatto di fatica e di stelle.