Ho ancora negli occhi il fragore delle onde che impetuose si rompono sulla scogliera…Gabbiani, sule, cormorani si alzano in volo rumorosi per non farsi rubare la scena… Ed io lì, infinitamente piccola di fronte ad un orizzonte che mi penetra il cuore, spettatrice privilegiata di un qualcosa di infinitamente grande…
La Norvegia mi è apparsa proprio così: infinitamente grande…Nel continuo susseguirsi di panorami differenti, che cambiano nel giro di pochi chilometri, finisci con il percorrerne migliaia di chilometri, senza che la meraviglia lasci i tuoi occhi, ammaliato da una luce che ha qualcosa di magico e di straordinario… Non c’è un colore dominante, ma tutto è un’esplosione di tonalità diverse dell’azzurro, del verde, del rosso… Le casette di legno, rorbuer o hitter che siano, splendono come gemme incastonate in una cornice preziosa; le renne ciondolano in riva ad un mare color cobalto o nel piazzale di Nordkapp che a mezzanotte è più che mai acceso di sole; piccole barche solcano immensi fiordi alimentati da copiose cascate e sovrastati da giganteschi ghiacciai che, come in un’era primordiale, spuntano dall’acqua che ne riflette il bianco abbagliante… Ed io sempre lì, in contemplazione eppure in continuo movimento, rapita, ammaliata, vinta da cotanta meraviglia e forza.
Da tanto tempo sognavamo questo viaggio, più volte rimandato per rincorrere altri sogni…Ora posso dire che proprio la lunga attesa e la maturità nel frattempo raggiunta attraversando altre mete hanno fatto sì che la realtà superasse il sogno, regalandoci una serenità e una gioia che le precedenti esperienze non hanno mai conosciuto…
In questa cornice la nostra moto ha compiuto i centomila, festeggiati sotto la pioggia lungo la E6 con un dolce di marzapane e il desiderio che i chilometri da festeggiare diventino presto milioni…miliardi! Con questa stessa gioia semplice, intima, che fa muovere le ruote sotto il nostro sedere e rende ogni giorno di viaggio un giorno da ricordare…
E’ un’afosa alba di inizio agosto quella in cui puntiamo il manubrio della nostra mukka nella sola direzione che abbiamo in testa: Nord. Attraversiamo l’Italia fino al Brennero, poi l’Austria (dove scopriamo che non siamo gli unici in Europa ad avere quell’entità mostruosa che chiamasi “esodo”), la Germania, la Danimarca, che ci accoglie con un vento terribile, la Svezia, la Finlandia e, dopo sette giorni di sella e circa 5000 chilometri, eccoci in Norvegia…
In realtà ci siamo sentiti in viaggio già dal primo giorno, e questo ci ha consentito di godere di ogni chilometro del viaggio di trasferimento senza mai smettere di guardarci attorno per cogliere il più possibile dei paesi che stavamo attraversando… Mi sento ancora sulla pelle il traffico tedesco, il vento danese, la pioggia della Svezia, il gelo della Lapponia, ma anche queste sono diventate sensazioni positive poiché ci sono stati piacevoli incontri con altri viaggiatori a rendere le code in autostrada più sopportabili, ci sono stati il marzapane e gli aironi della Danimarca ad addolcire la paura del vento e ad affievolire lo spavento della moto caduta sul traghetto da Puttgarden alla Danimarca, la splendida giornata trascorsa in un camping per appassionati di pesca al salmonein Svezia e le prime renne in Finlandia a far dimenticare che il termometro segnava appena tre gradi…
Abbiamo scelto di puntare dritti a Capo Nord, e di scendere pian piano fino a dove si poteva tenuto conto che avevamo a disposizione solo tre settimane, convinti che ai fiordi bisogna dedicare un viaggio a parte…
Così eccoci a Mageroya, la splendida isola che ospita quello che erroneamente è stato definito il punto più settentrionale dell’Europa continentale… Devo dire che il tratto di strada che conduce a Capo Nord è uno dei più belli che io abbia mai percorso… I tanti racconti letti e/o ascoltati parlavano di nebbia, di colate di cemento, di pedaggi salati pagati solo per fare la foto col mappamondo, ed invece –complice anche la bella giornata di sole- davanti ai miei occhi ci sono panorami mozzafiato, piccole isole, scogliere, laghi, ghiacciai, fiori di peluche che in Norvegia spuntano a 300 metri di altitudine e che io prima d’ora ho visto solo sui nostri passi alpini, e tutto è appunto infinitamente grande…ed infinitamente bello, aggiungo.
Nonostante sia agosto, non c’è molta gente in giro: poche moto, tanti camper parcheggiati nel piazzale del Nordkapphallen, un simpatico pazzo che con un cinquantino dall’Italia è arrivato fin qui con un equipaggiamento di fortuna, qualche autobus che però non incrociamo per strada, parecchie renne e qualche rapace…
Quella meravigliosa sensazione di intimità con cui siamo arrivati fin qui persiste, placidi e sereni attendiamo la mezzanotte mentre pian piano l’orizzonte si tinge di rosa… Un fitto e basso strato di nuvole impedisce alla palla di fuoco del sole di farsi scorgere mentre sta per toccare il mare, ma il paesaggio attorno a noi è splendido e, nonostante il freddo, ci godiamo i trenta chilometri di strada fino al camping col motore che gira appena e numerose soste per foto e riprese… E’ incredibile, è passata la mezzanotte e ancora c’è luce, al punto che riesco a fotografare a mano libera e a filmare dalla moto renne, cascate, laghi e orizzonti rosa… Nell’ultimo tratto di strada mi stringo ad Andrea per ringraziarlo di condividere con me questa passione per la moto e per i viaggi, che mi fa sentire viva e felice e che ci unisce più che mai…
E’ l’una di notte, il termometro segna due gradi, ma io non invidio neppure un po’ chi percorre queste strade in auto: solo il contatto con l’aria e con gli elementi mi dà la piena consapevolezza di stare vivendo fino in fondo il posto in cui mi trovo, e se potessi camminerei a piedi per toccare la neve, per capire se quei vapori che vedo fuoriuscire dai laghi sono caldi o cosa…
Dopo qualche ora di sonno, accucciati nel nostro sacco a pelo, ed un paio di caffè all’italiana rigorosamente fai da te, riprendiamo la strada… Per ora c’è il sole, l’amico Thomas è ancora nei paraggi e dove c’è lui non piove mai… Percorriamo strade semideserte in un sali e scendi che sa di alta montagna ma non supera mai i 150 metri di altitudine… Siamo diretti alla seconda vera meta del nostro viaggio, le isole Lofoten.
Giorgio (Alp3225) e Sandra ci hanno comunicato via sms di averle appena visitate con uno splendido sole e noi speriamo tanto che il tempo regga anche per noi… Speranza vana…Arriviamo sotto una pioggia fitta che non accenna a smettere… Nonostante acqua e foschia però, ci accorgiamo subito della magia di questi luoghi, fatti di montagne innevate che spuntano direttamente dal mare e di acque trasparenti e dai colori sgargianti…Non posso fare a meno di immaginare quali bagliori il sole possa regalare a queste baie bianche, ai villaggi incantati di Reine e di A, alle barche colorate che si specchiano nel mare… Qui alle Lofoten tutto è luce, anche con il cattivo tempo. Per il mio occhio fotografico è un po’ una sfida, così mi riprometto di non ripartire fino a quando non spunterà un raggio di sole! Dopo tre giorni a malincuore devo rompere la mia promessa e lasciare questo paradiso percorso in lungo e in largo… Ma faccio a me stessa una promessa ben più impegnativa: tornare nella casetta numero 6 del camping situato all’estrema punta meridionale dell’isola, quella “con l’orizzonte dentro casa”, per un periodo ben più lungo, magari per scrivere il mio primo romanzo e per mangiare nuovamente la bistecca di balena arrosto insieme ai gabbiani…
E’ l’unica hitte dove siamo stati per due notti e non avrei voluto lasciarla mai perché in quei pochi metri quadrati ho trovato un luogo ideale per il mio spirito libero, come dire“mi sono sentita a casa”, cosa che finora mi era capitata in un solo altro luogo, da lì abbastanza lontano (Irlanda, Portmagee, di fronte alle isole Skellig).
Seguendo i consigli dell’amico Thomas e di altri bikers conosciuti per strada, senza neppure la brochure con gli orari dei traghetti, lasciandoci guidare dall’istinto, decidiamo di percorrere la E17, la Kystriksveien o strada costiera… E’ un continuo scattare foto, ammutoliti di fronte a ghiacciai, a fiordi alti e profondi e a panorami pieni di isole e di colori sgargianti… Il sali e scendi dai traghetti rende la nostra andatura molto lenta ma ci consente di godere ancora meglio del paesaggio straordinario che ci circonda, complice il sole che sembra essersi ricordato che in giro per la Norvegia ci sono due poveri sfigati con la tuta antipioggia perennemente addosso…
Proprio su un traghetto, a bordo del quale oltrepassiamo il circolo polare artico, ritroviamo Thomas, il nostro amico tedesco, e con lui condividiamo la strada per le successive 36 ore, durante le quali avremo un sole spettacolare… Come d’incanto, dopo aver patito tanto il freddo, sento la pelle bruciare piano accarezzata dal sole, ed è una scoperta bellissima, la sensazione che avverto ha in sé qualcosa di primordiale… Confesso che più volte durante questo viaggio mi è capitato di pensare a quanto poco basta per essere felice, e a quanto invece siamo schiavi di una società dove l’immagine e l’opulenza sono purtroppo il primo biglietto da visita… Ogni volta che torno da un viaggio così lungo e apro il mio armadio a sei ante zeppo di vestiti mi sento quasi a disagio e mi vergogno di me stessa…
I fiordi settentrionali ci accolgono nuovamente con il maltempo, ma le temperature sono decisamente meno rigide di quelle dell’estremo Nord e dunque la nostra cavalcata è più piacevole… Puntiamo a sud di Andalsnes, decisi a percorrere la spettacolare Trollstigen e i meravigliosi paesaggi di montagna che la circondano…
Superfluo dire che quando il signore del camping mi annuncia che è previsto cattivo tempo mi incupisco un po’, ma Andrea mi dice“E se si sbagliasse?”… Penso a Thomas, mi dico che forse ha cambiato idea ed è da queste parti, perché man mano che saliamo la scala dei Troll, avvolti in scenari meravigliosi e fiabeschi, il cielo diventa sempre più azzurro…La giornata che ci attende è un vero regalo! In tredici ore percorriamo meno di 170 chilometri… ma che chilometri! Ogni cosa ha un colore speciale, ed in questo lento girovagare il mio fiuto comincia ad annusare un profumo intenso di fragole… Mi guardo attorno e noto che gli immensi campi che riempiono la vallata sono tutti coltivati a fragole…Lungo la strada ci sono tavolini con vaschette piene di fragole ed un cestino dove chi le prende lascia l’obolo… Non posso fare a meno di pensare che una cosa del genere in Italia non potrà mai esistere, e come ci resto male quando un camper davanti a noi prende l’ultimo cestino e ci lascia a bocca asciutta!
Ma proprio di fronte ad un gigantesco campo di fragole, circa sei chilometri prima di Andalsnes, scorgo un accogliente locale con l’insegna raffigurante fragole e vasi pensili pieni di piante di fragole, lo Jordbaerstova… Ci fermiamo a pranzo e degustiamo la più buona torta di fragole che io abbia mai mangiato!
Ad Andalsnes con l’abbiocco del dopo pranzo e intontiti dall’aver mangiato all’aperto sotto al sole, decidiamo di fare la minicrociera da Valldal a Geiranger e così carichiamo la mukkona sul traghetto e ci godiamo due ore e mezzo di traversata su quello che è il più famoso fiordo norvegese, con i delfini che saltano a branchi, le cascate che scendono da alte rupi, le fattorie ormai disabitate per raggiungere le quali non esistono strade… Scesi dalla nave fuggiamo dalle orde dei turisti che affollano il fiordo attraverso la Rv63 o “strada delle aquile”,che si arrampica con undici stretti tornanti regalando ad ogni curva spettacolari vedute sul fiordo… Attorno il paesaggio muta continuamente, compaiono laghi, chiazze di neve, ghiacciai… Ci arrampichiamo lungo una strada sterrata a pedaggio fino al punto più alto, che tocca quota 1500 ma presenta tutte le caratteristiche dei nostri en più alti passi alpini…
Custodisco nella tasca la stampa di una mail che ci è arrivata qualche giorno prima dal caro amico Zia Fè, ci suggerisce una strada o meglio ci dice che non dobbiamo perdercela “per nessuna ragione al mondo”… Anche se è tardi e la rotta ci porterebbe altrove, consapevoli che i consigli di Giorgio sono assolutamente imperdibili, percorriamo una strada che pian piano sale solitaria, avvolta in una luce che ha qualcosa di magico… Non ho mai visto un posto del genere con questa luce: ci sono montagne rosse coperte di chiazze di neve che sispecchiano in laghi color turchese mentre il cielo acquista sfumature rosa, conil sottofondo di cascate altissime che impetuose vengono giù…e il paesaggio èquesto per circa trenta chilometri!
Dopo i primi chilometri, mi abbandonano le batterie di videocamera e macchina fotografica, ma ne sono quasi contenta perché questo paesaggio fantastico voglio godermelo così, in punta di ruote, stretta al mio Andrea, in un silenzio che ha qualcosa di sacro e di immensamente puro…
I giorni a seguire sono fatti di altri fiordi, di pioggia, di lunghe tappe di trasferimento fino a casa, dei gustosi piatti di carne mangiati in Germania, dell’esodo senza precedenti sul Brennero fino a compiere il km 10.156, l’ultimo di questo fantastico viaggio… Porto nel cuore tanta gioia per aver visitato questo fantastico paese, per le persone conosciute, le emozioni condivise in un inglese povero ma pieno di significato, e non posso fare a meno di ripensare all’intervista a Ted Simocomparsa su un recente numero di Mototurismo e condividerne ancora più a fondo il significato, soprattutto quando dice che vivere veramente un posto significa “sporcarsi” con esso… Non ho avuto abbastanza tempo per sporcarmi di Norvegia, ma me ne sono sentita parte, e questa consapevolezza per me è già tanto…
La Norvegia mi è apparsa proprio così: infinitamente grande…Nel continuo susseguirsi di panorami differenti, che cambiano nel giro di pochi chilometri, finisci con il percorrerne migliaia di chilometri, senza che la meraviglia lasci i tuoi occhi, ammaliato da una luce che ha qualcosa di magico e di straordinario… Non c’è un colore dominante, ma tutto è un’esplosione di tonalità diverse dell’azzurro, del verde, del rosso… Le casette di legno, rorbuer o hitter che siano, splendono come gemme incastonate in una cornice preziosa; le renne ciondolano in riva ad un mare color cobalto o nel piazzale di Nordkapp che a mezzanotte è più che mai acceso di sole; piccole barche solcano immensi fiordi alimentati da copiose cascate e sovrastati da giganteschi ghiacciai che, come in un’era primordiale, spuntano dall’acqua che ne riflette il bianco abbagliante… Ed io sempre lì, in contemplazione eppure in continuo movimento, rapita, ammaliata, vinta da cotanta meraviglia e forza.
Da tanto tempo sognavamo questo viaggio, più volte rimandato per rincorrere altri sogni…Ora posso dire che proprio la lunga attesa e la maturità nel frattempo raggiunta attraversando altre mete hanno fatto sì che la realtà superasse il sogno, regalandoci una serenità e una gioia che le precedenti esperienze non hanno mai conosciuto…
In questa cornice la nostra moto ha compiuto i centomila, festeggiati sotto la pioggia lungo la E6 con un dolce di marzapane e il desiderio che i chilometri da festeggiare diventino presto milioni…miliardi! Con questa stessa gioia semplice, intima, che fa muovere le ruote sotto il nostro sedere e rende ogni giorno di viaggio un giorno da ricordare…
E’ un’afosa alba di inizio agosto quella in cui puntiamo il manubrio della nostra mukka nella sola direzione che abbiamo in testa: Nord. Attraversiamo l’Italia fino al Brennero, poi l’Austria (dove scopriamo che non siamo gli unici in Europa ad avere quell’entità mostruosa che chiamasi “esodo”), la Germania, la Danimarca, che ci accoglie con un vento terribile, la Svezia, la Finlandia e, dopo sette giorni di sella e circa 5000 chilometri, eccoci in Norvegia…
In realtà ci siamo sentiti in viaggio già dal primo giorno, e questo ci ha consentito di godere di ogni chilometro del viaggio di trasferimento senza mai smettere di guardarci attorno per cogliere il più possibile dei paesi che stavamo attraversando… Mi sento ancora sulla pelle il traffico tedesco, il vento danese, la pioggia della Svezia, il gelo della Lapponia, ma anche queste sono diventate sensazioni positive poiché ci sono stati piacevoli incontri con altri viaggiatori a rendere le code in autostrada più sopportabili, ci sono stati il marzapane e gli aironi della Danimarca ad addolcire la paura del vento e ad affievolire lo spavento della moto caduta sul traghetto da Puttgarden alla Danimarca, la splendida giornata trascorsa in un camping per appassionati di pesca al salmonein Svezia e le prime renne in Finlandia a far dimenticare che il termometro segnava appena tre gradi…
Abbiamo scelto di puntare dritti a Capo Nord, e di scendere pian piano fino a dove si poteva tenuto conto che avevamo a disposizione solo tre settimane, convinti che ai fiordi bisogna dedicare un viaggio a parte…
Così eccoci a Mageroya, la splendida isola che ospita quello che erroneamente è stato definito il punto più settentrionale dell’Europa continentale… Devo dire che il tratto di strada che conduce a Capo Nord è uno dei più belli che io abbia mai percorso… I tanti racconti letti e/o ascoltati parlavano di nebbia, di colate di cemento, di pedaggi salati pagati solo per fare la foto col mappamondo, ed invece –complice anche la bella giornata di sole- davanti ai miei occhi ci sono panorami mozzafiato, piccole isole, scogliere, laghi, ghiacciai, fiori di peluche che in Norvegia spuntano a 300 metri di altitudine e che io prima d’ora ho visto solo sui nostri passi alpini, e tutto è appunto infinitamente grande…ed infinitamente bello, aggiungo.
Nonostante sia agosto, non c’è molta gente in giro: poche moto, tanti camper parcheggiati nel piazzale del Nordkapphallen, un simpatico pazzo che con un cinquantino dall’Italia è arrivato fin qui con un equipaggiamento di fortuna, qualche autobus che però non incrociamo per strada, parecchie renne e qualche rapace…
Quella meravigliosa sensazione di intimità con cui siamo arrivati fin qui persiste, placidi e sereni attendiamo la mezzanotte mentre pian piano l’orizzonte si tinge di rosa… Un fitto e basso strato di nuvole impedisce alla palla di fuoco del sole di farsi scorgere mentre sta per toccare il mare, ma il paesaggio attorno a noi è splendido e, nonostante il freddo, ci godiamo i trenta chilometri di strada fino al camping col motore che gira appena e numerose soste per foto e riprese… E’ incredibile, è passata la mezzanotte e ancora c’è luce, al punto che riesco a fotografare a mano libera e a filmare dalla moto renne, cascate, laghi e orizzonti rosa… Nell’ultimo tratto di strada mi stringo ad Andrea per ringraziarlo di condividere con me questa passione per la moto e per i viaggi, che mi fa sentire viva e felice e che ci unisce più che mai…
E’ l’una di notte, il termometro segna due gradi, ma io non invidio neppure un po’ chi percorre queste strade in auto: solo il contatto con l’aria e con gli elementi mi dà la piena consapevolezza di stare vivendo fino in fondo il posto in cui mi trovo, e se potessi camminerei a piedi per toccare la neve, per capire se quei vapori che vedo fuoriuscire dai laghi sono caldi o cosa…
Dopo qualche ora di sonno, accucciati nel nostro sacco a pelo, ed un paio di caffè all’italiana rigorosamente fai da te, riprendiamo la strada… Per ora c’è il sole, l’amico Thomas è ancora nei paraggi e dove c’è lui non piove mai… Percorriamo strade semideserte in un sali e scendi che sa di alta montagna ma non supera mai i 150 metri di altitudine… Siamo diretti alla seconda vera meta del nostro viaggio, le isole Lofoten.
Giorgio (Alp3225) e Sandra ci hanno comunicato via sms di averle appena visitate con uno splendido sole e noi speriamo tanto che il tempo regga anche per noi… Speranza vana…Arriviamo sotto una pioggia fitta che non accenna a smettere… Nonostante acqua e foschia però, ci accorgiamo subito della magia di questi luoghi, fatti di montagne innevate che spuntano direttamente dal mare e di acque trasparenti e dai colori sgargianti…Non posso fare a meno di immaginare quali bagliori il sole possa regalare a queste baie bianche, ai villaggi incantati di Reine e di A, alle barche colorate che si specchiano nel mare… Qui alle Lofoten tutto è luce, anche con il cattivo tempo. Per il mio occhio fotografico è un po’ una sfida, così mi riprometto di non ripartire fino a quando non spunterà un raggio di sole! Dopo tre giorni a malincuore devo rompere la mia promessa e lasciare questo paradiso percorso in lungo e in largo… Ma faccio a me stessa una promessa ben più impegnativa: tornare nella casetta numero 6 del camping situato all’estrema punta meridionale dell’isola, quella “con l’orizzonte dentro casa”, per un periodo ben più lungo, magari per scrivere il mio primo romanzo e per mangiare nuovamente la bistecca di balena arrosto insieme ai gabbiani…
E’ l’unica hitte dove siamo stati per due notti e non avrei voluto lasciarla mai perché in quei pochi metri quadrati ho trovato un luogo ideale per il mio spirito libero, come dire“mi sono sentita a casa”, cosa che finora mi era capitata in un solo altro luogo, da lì abbastanza lontano (Irlanda, Portmagee, di fronte alle isole Skellig).
Seguendo i consigli dell’amico Thomas e di altri bikers conosciuti per strada, senza neppure la brochure con gli orari dei traghetti, lasciandoci guidare dall’istinto, decidiamo di percorrere la E17, la Kystriksveien o strada costiera… E’ un continuo scattare foto, ammutoliti di fronte a ghiacciai, a fiordi alti e profondi e a panorami pieni di isole e di colori sgargianti… Il sali e scendi dai traghetti rende la nostra andatura molto lenta ma ci consente di godere ancora meglio del paesaggio straordinario che ci circonda, complice il sole che sembra essersi ricordato che in giro per la Norvegia ci sono due poveri sfigati con la tuta antipioggia perennemente addosso…
Proprio su un traghetto, a bordo del quale oltrepassiamo il circolo polare artico, ritroviamo Thomas, il nostro amico tedesco, e con lui condividiamo la strada per le successive 36 ore, durante le quali avremo un sole spettacolare… Come d’incanto, dopo aver patito tanto il freddo, sento la pelle bruciare piano accarezzata dal sole, ed è una scoperta bellissima, la sensazione che avverto ha in sé qualcosa di primordiale… Confesso che più volte durante questo viaggio mi è capitato di pensare a quanto poco basta per essere felice, e a quanto invece siamo schiavi di una società dove l’immagine e l’opulenza sono purtroppo il primo biglietto da visita… Ogni volta che torno da un viaggio così lungo e apro il mio armadio a sei ante zeppo di vestiti mi sento quasi a disagio e mi vergogno di me stessa…
I fiordi settentrionali ci accolgono nuovamente con il maltempo, ma le temperature sono decisamente meno rigide di quelle dell’estremo Nord e dunque la nostra cavalcata è più piacevole… Puntiamo a sud di Andalsnes, decisi a percorrere la spettacolare Trollstigen e i meravigliosi paesaggi di montagna che la circondano…
Superfluo dire che quando il signore del camping mi annuncia che è previsto cattivo tempo mi incupisco un po’, ma Andrea mi dice“E se si sbagliasse?”… Penso a Thomas, mi dico che forse ha cambiato idea ed è da queste parti, perché man mano che saliamo la scala dei Troll, avvolti in scenari meravigliosi e fiabeschi, il cielo diventa sempre più azzurro…La giornata che ci attende è un vero regalo! In tredici ore percorriamo meno di 170 chilometri… ma che chilometri! Ogni cosa ha un colore speciale, ed in questo lento girovagare il mio fiuto comincia ad annusare un profumo intenso di fragole… Mi guardo attorno e noto che gli immensi campi che riempiono la vallata sono tutti coltivati a fragole…Lungo la strada ci sono tavolini con vaschette piene di fragole ed un cestino dove chi le prende lascia l’obolo… Non posso fare a meno di pensare che una cosa del genere in Italia non potrà mai esistere, e come ci resto male quando un camper davanti a noi prende l’ultimo cestino e ci lascia a bocca asciutta!
Ma proprio di fronte ad un gigantesco campo di fragole, circa sei chilometri prima di Andalsnes, scorgo un accogliente locale con l’insegna raffigurante fragole e vasi pensili pieni di piante di fragole, lo Jordbaerstova… Ci fermiamo a pranzo e degustiamo la più buona torta di fragole che io abbia mai mangiato!
Ad Andalsnes con l’abbiocco del dopo pranzo e intontiti dall’aver mangiato all’aperto sotto al sole, decidiamo di fare la minicrociera da Valldal a Geiranger e così carichiamo la mukkona sul traghetto e ci godiamo due ore e mezzo di traversata su quello che è il più famoso fiordo norvegese, con i delfini che saltano a branchi, le cascate che scendono da alte rupi, le fattorie ormai disabitate per raggiungere le quali non esistono strade… Scesi dalla nave fuggiamo dalle orde dei turisti che affollano il fiordo attraverso la Rv63 o “strada delle aquile”,che si arrampica con undici stretti tornanti regalando ad ogni curva spettacolari vedute sul fiordo… Attorno il paesaggio muta continuamente, compaiono laghi, chiazze di neve, ghiacciai… Ci arrampichiamo lungo una strada sterrata a pedaggio fino al punto più alto, che tocca quota 1500 ma presenta tutte le caratteristiche dei nostri en più alti passi alpini…
Custodisco nella tasca la stampa di una mail che ci è arrivata qualche giorno prima dal caro amico Zia Fè, ci suggerisce una strada o meglio ci dice che non dobbiamo perdercela “per nessuna ragione al mondo”… Anche se è tardi e la rotta ci porterebbe altrove, consapevoli che i consigli di Giorgio sono assolutamente imperdibili, percorriamo una strada che pian piano sale solitaria, avvolta in una luce che ha qualcosa di magico… Non ho mai visto un posto del genere con questa luce: ci sono montagne rosse coperte di chiazze di neve che sispecchiano in laghi color turchese mentre il cielo acquista sfumature rosa, conil sottofondo di cascate altissime che impetuose vengono giù…e il paesaggio èquesto per circa trenta chilometri!
Dopo i primi chilometri, mi abbandonano le batterie di videocamera e macchina fotografica, ma ne sono quasi contenta perché questo paesaggio fantastico voglio godermelo così, in punta di ruote, stretta al mio Andrea, in un silenzio che ha qualcosa di sacro e di immensamente puro…
I giorni a seguire sono fatti di altri fiordi, di pioggia, di lunghe tappe di trasferimento fino a casa, dei gustosi piatti di carne mangiati in Germania, dell’esodo senza precedenti sul Brennero fino a compiere il km 10.156, l’ultimo di questo fantastico viaggio… Porto nel cuore tanta gioia per aver visitato questo fantastico paese, per le persone conosciute, le emozioni condivise in un inglese povero ma pieno di significato, e non posso fare a meno di ripensare all’intervista a Ted Simocomparsa su un recente numero di Mototurismo e condividerne ancora più a fondo il significato, soprattutto quando dice che vivere veramente un posto significa “sporcarsi” con esso… Non ho avuto abbastanza tempo per sporcarmi di Norvegia, ma me ne sono sentita parte, e questa consapevolezza per me è già tanto…