Non mi è mai capitato di tornare da un viaggio e di avere già voglia di raccontarlo. In genere passano settimane, perfino mesi, prima che riesca ad elaborare attraverso la penna le sensazioni, gli stati d’animo, i paesaggi, gli umori del cielo e dell’asfalto, i sapori, gli odori e quant’altro ci ha accompagnato nel nostro girovagare su due ruote.
Ma quest’anno è diverso, probabilmente perché il destino ha voluto che gli ultimi giorni del nostro andare coincidessero con la terribile alluvione che ha colpito la Svizzera, in particolare l’Oberland bernese, dove appunto due cuori e due ruote gironzolavano felici fino a qualche attimo prima.
Ho appreso con gioia da un collega del forum che la serenità che leggevo con stupore ed ammirazione sui volti degli svizzeri di fronte a tanto sfacelo era dovuta, più ancora che al loro essere abituati a vivere secondo i ritmi della natura, alla circostanza che sono tutti lautamente assicurati contro ogni genere di evento catastrofico.
Ciò mi dà sollievo ma non cambia le sensazioni provate nel percorrere quei pochi lenti lunghi chilometri che da Grindelwald ci hanno portato a valle, dove la piena del fiume è stata ben più devastante. Siamo passati in punta di ruote, silenziosi e attoniti, pieni di rispetto verso le tante persone che maneggiavano pompe, secchi, grosse scope per svuotare dall’acqua i fienili e i cortili delle case ed accumulavano in grossi mucchi, con l’aiuto di ruspe e compressori, i tronchi d’albero e i tanti detriti portati dal fiume in piena… Non abbiamo avuto la sensazione che i soccorsi siano scattati immediatamente, anzi la lentezza con cui sono stati messi in moto ci ha fatto subito capire che l’evento che si stava scatenando era del tutto inaspettato ed eccezionale… Anche
noi abbiamo vissuto quei lunghi cinque giorni di isolamento forzato con serenità, probabilmente perché essi sono seguiti a due settimane di rilassante vacanza che hanno dato quiete ai nostri animi…
Quest’estate abbiamo sperimentato una nuova formula vacanziera: montagna, trekking e moto, a conferma che si può anche dormire sette notti nello stesso posto senza rinunciare per questo al piacere del mototurismo.
Avevamo voglia di riposarci dalle fatiche del lavoro senza affrontare gli inevitabili problemi logistici che comporta l’andare in ferie a ferragosto, così abbiamo rinunciato ad un viaggio itinerante per goderci sette giorni di Val d’Aosta e due settimane di Oberland Bernese, alternando alle passeggiate in quota goduriose sgroppate in sella.
La Val d’Aosta da questo punto di vista è stata una vera rivelazione. La nostra base era La Thuile, a pochi chilometri da Courmayeur, punto d’accesso per il bellissimo Passo del Piccolo San Bernardo, che con i suoi 2188 metri costituisce uno dei più bei valichi di confine tra Italia e Francia, ma vicino anche ad altre splendide mete motociclistiche come il Colle San Carlo, il Col de l’Iseran in territorio francese, la Valsavarenche nel Parco del Gran Paradiso, la Valgrisenche.
Già lo scorso giugno sulle Dolomiti avevamo sperimentato la formula moto e trekking, così abbiamo adattato la moto alle esigenze dell’escursionismo e in men che non si dica ci siamo trasformati da motociclisti in escursionisti: scarpe da trekking al posto degli stivaletti, comode per guidare ed anch’esse impermeabili, pile, bastoncini da montagna legati al portapacchi con un sistema di elastici, zainetti da escursionismo non rigidi e dunque pieghevoli e di ridotto ingombro. Arrivati su un passo o comunque in un punto strategico, lasciavamo la moto ed imboccavamo un sentiero a piedi, godendo del sole, di qualche fortuito e fortunato incontro ora con una lepre, ora con uno scoiattolo, ora con una saltellante e gioiosa marmotta.
Tra gli itinerari in moto che ci sono piaciuti di più quello in Valgrisenche, che parte dalla diga del lago Beaurengard e porta attraverso una stradina strettissima e panoramica al Col du Mont a 1785 metri d’altezza, tra cascate, marmotte e splendidi pendii rivestiti di morbido muschio. Indimenticabile anche
–però a piedi- la salita in cabinovia all’Anguille de Midi, sul Monte Bianco, a quota 3846 metri, complice una giornata limpida e azzurra seguita ad una notte di pioggia.
Perfino dalla moto abbiamo fatto degli avvistamenti: una dolcissima volpe che dormiva in un prato attiguo alla strada per il Colle San Carlo, un camoscio solitario e tante marmotte in Valsavarenche.
Le condizioni dell’asfalto valdostano non sono eccezionali, tuttavia le strade sono abbastanza libere e –almeno noi-abbiamo incontrato poco traffico e pochi camper ed autobus sui passi alpini.
Per spostarci dalla Val d’Aosta alla Svizzera, dove avevamo affittato a buon mercato un piccolo delizioso appartamento a Grindelwald Grund, abbiamo scelto la strada più lunga e suggestiva, impiegando ben dieci ore per percorrere poco meno di 400 chilometri: il Passo del Gran San Bernardo (2740 metri) e poi –passando per Briga e senza mai prendere l’autostrada sì da non dover appiccicare sul parabrezza della moto l’odiata vignetta svizzera, la cui colla non va più via- il Grimsel Pass, percorso a quota nuvole avvolti in una nebbia molto suggestiva che solo a pizzichi ci ha lasciato intravedere qualche vetta e qualche stralcio. Devo dire che nessun paese mi è parso tanto inospitale con i motociclisti come la Svizzera. La sorpresa più grande è stato constatare che in tutta Grindelwald non esistono parcheggi per le moto e che anzi queste pagano il parcheggio al pari delle macchine.
E’ incredibile come nell’Oberland abbiano saputo sfruttare l’immenso patrimonio paesaggistico di cui dispongono creando una fitta rete di funivie, ferrovie a cremagliera e strade chiuse al traffico e percorse esclusivamente da autobus che –senza deturpare il paesaggio (non a caso nel 2001 l’Unesco ha riconosciuto questi luoghi “patrimonio mondiale dell’umanità”)- rendono l’alta montagna alla portata di tutti.
Il trittico Eiger, Monch e Jungfrau (l’Orco, il Monaco e la Fanciulla) ci ha entusiasmato particolarmente: grazie ad un numero di Montagne dedicato interamente a loro ci siamo appassionati alle loro vicende, alle storie di coloro che per primi sono riusciti nel 1939 a raggiungerne le vette.
A Grindelwald ci è capitata un’altra cosa molto bella: l’incontro con due forumisti di Piacenza, Austria (Emanuela) e suo marito Marco, con i quali abbiamo condiviso una pizza, la gioia del viaggio, la prima pioggia da cui poi è scaturita l’alluvione. Un incontro del tutto casuale, inaspettato e molto piacevole, che ci ha resi ancora più orgogliosi di appartenere al popolo di Mototurismo.
I quattro giorni di piogge ininterrotte seguiti a questo incontro li abbiamo trascorsi col naso schiacciato dietro il vetro a seguire le operazioni di soccorso (la nostra finestra dava sul torrente straripato), a gironzolare a piedi a caccia di notizie (il black out elettrico è durato 25 ore, ancora più lungo è stato l’isolamento di telefono e televisione) su quale fosse la situazione più a valle. Ci sono voluti cinque giorni per riaprire l’unica strada che da Grindelwald porta ad Interlaken, a causa del crollo di tre grossi ponti e dell’intera ferrovia che scorreva parallela al torrente: come dicevo sopra l’abbiamo percorsa in punta di ruote, silenziosi ed attoniti, arricchiti da un’esperienza che avremmo preferito comunque non fare. Siamo rientrati dopo 15 ore di viaggio (ce ne sono volute più di tre per percorrere i primi 80 km) passando per il Sempione. Gli altri passi erano tutti chiusi e per svalicare le montagne abbiamo seguito il consiglio della Polizia e del nostro padrone di casa di caricare la moto su un treno che da Kandersted, a 1200 metri di altitudine, percorre un tunnel di 15 km che sbuca nelle vicinanze di Briga. Ora torniamo serenamente alla vita di sempre, aspettando il motoraduno di Brisighella che tra poco più di un mese ci consentirà di conoscere gli amici del forum e della redazione, un appuntamento importante al quale faremo di tutto per esserci.
Ma quest’anno è diverso, probabilmente perché il destino ha voluto che gli ultimi giorni del nostro andare coincidessero con la terribile alluvione che ha colpito la Svizzera, in particolare l’Oberland bernese, dove appunto due cuori e due ruote gironzolavano felici fino a qualche attimo prima.
Ho appreso con gioia da un collega del forum che la serenità che leggevo con stupore ed ammirazione sui volti degli svizzeri di fronte a tanto sfacelo era dovuta, più ancora che al loro essere abituati a vivere secondo i ritmi della natura, alla circostanza che sono tutti lautamente assicurati contro ogni genere di evento catastrofico.
Ciò mi dà sollievo ma non cambia le sensazioni provate nel percorrere quei pochi lenti lunghi chilometri che da Grindelwald ci hanno portato a valle, dove la piena del fiume è stata ben più devastante. Siamo passati in punta di ruote, silenziosi e attoniti, pieni di rispetto verso le tante persone che maneggiavano pompe, secchi, grosse scope per svuotare dall’acqua i fienili e i cortili delle case ed accumulavano in grossi mucchi, con l’aiuto di ruspe e compressori, i tronchi d’albero e i tanti detriti portati dal fiume in piena… Non abbiamo avuto la sensazione che i soccorsi siano scattati immediatamente, anzi la lentezza con cui sono stati messi in moto ci ha fatto subito capire che l’evento che si stava scatenando era del tutto inaspettato ed eccezionale… Anche
noi abbiamo vissuto quei lunghi cinque giorni di isolamento forzato con serenità, probabilmente perché essi sono seguiti a due settimane di rilassante vacanza che hanno dato quiete ai nostri animi…
Quest’estate abbiamo sperimentato una nuova formula vacanziera: montagna, trekking e moto, a conferma che si può anche dormire sette notti nello stesso posto senza rinunciare per questo al piacere del mototurismo.
Avevamo voglia di riposarci dalle fatiche del lavoro senza affrontare gli inevitabili problemi logistici che comporta l’andare in ferie a ferragosto, così abbiamo rinunciato ad un viaggio itinerante per goderci sette giorni di Val d’Aosta e due settimane di Oberland Bernese, alternando alle passeggiate in quota goduriose sgroppate in sella.
La Val d’Aosta da questo punto di vista è stata una vera rivelazione. La nostra base era La Thuile, a pochi chilometri da Courmayeur, punto d’accesso per il bellissimo Passo del Piccolo San Bernardo, che con i suoi 2188 metri costituisce uno dei più bei valichi di confine tra Italia e Francia, ma vicino anche ad altre splendide mete motociclistiche come il Colle San Carlo, il Col de l’Iseran in territorio francese, la Valsavarenche nel Parco del Gran Paradiso, la Valgrisenche.
Già lo scorso giugno sulle Dolomiti avevamo sperimentato la formula moto e trekking, così abbiamo adattato la moto alle esigenze dell’escursionismo e in men che non si dica ci siamo trasformati da motociclisti in escursionisti: scarpe da trekking al posto degli stivaletti, comode per guidare ed anch’esse impermeabili, pile, bastoncini da montagna legati al portapacchi con un sistema di elastici, zainetti da escursionismo non rigidi e dunque pieghevoli e di ridotto ingombro. Arrivati su un passo o comunque in un punto strategico, lasciavamo la moto ed imboccavamo un sentiero a piedi, godendo del sole, di qualche fortuito e fortunato incontro ora con una lepre, ora con uno scoiattolo, ora con una saltellante e gioiosa marmotta.
Tra gli itinerari in moto che ci sono piaciuti di più quello in Valgrisenche, che parte dalla diga del lago Beaurengard e porta attraverso una stradina strettissima e panoramica al Col du Mont a 1785 metri d’altezza, tra cascate, marmotte e splendidi pendii rivestiti di morbido muschio. Indimenticabile anche
–però a piedi- la salita in cabinovia all’Anguille de Midi, sul Monte Bianco, a quota 3846 metri, complice una giornata limpida e azzurra seguita ad una notte di pioggia.
Perfino dalla moto abbiamo fatto degli avvistamenti: una dolcissima volpe che dormiva in un prato attiguo alla strada per il Colle San Carlo, un camoscio solitario e tante marmotte in Valsavarenche.
Le condizioni dell’asfalto valdostano non sono eccezionali, tuttavia le strade sono abbastanza libere e –almeno noi-abbiamo incontrato poco traffico e pochi camper ed autobus sui passi alpini.
Per spostarci dalla Val d’Aosta alla Svizzera, dove avevamo affittato a buon mercato un piccolo delizioso appartamento a Grindelwald Grund, abbiamo scelto la strada più lunga e suggestiva, impiegando ben dieci ore per percorrere poco meno di 400 chilometri: il Passo del Gran San Bernardo (2740 metri) e poi –passando per Briga e senza mai prendere l’autostrada sì da non dover appiccicare sul parabrezza della moto l’odiata vignetta svizzera, la cui colla non va più via- il Grimsel Pass, percorso a quota nuvole avvolti in una nebbia molto suggestiva che solo a pizzichi ci ha lasciato intravedere qualche vetta e qualche stralcio. Devo dire che nessun paese mi è parso tanto inospitale con i motociclisti come la Svizzera. La sorpresa più grande è stato constatare che in tutta Grindelwald non esistono parcheggi per le moto e che anzi queste pagano il parcheggio al pari delle macchine.
E’ incredibile come nell’Oberland abbiano saputo sfruttare l’immenso patrimonio paesaggistico di cui dispongono creando una fitta rete di funivie, ferrovie a cremagliera e strade chiuse al traffico e percorse esclusivamente da autobus che –senza deturpare il paesaggio (non a caso nel 2001 l’Unesco ha riconosciuto questi luoghi “patrimonio mondiale dell’umanità”)- rendono l’alta montagna alla portata di tutti.
Il trittico Eiger, Monch e Jungfrau (l’Orco, il Monaco e la Fanciulla) ci ha entusiasmato particolarmente: grazie ad un numero di Montagne dedicato interamente a loro ci siamo appassionati alle loro vicende, alle storie di coloro che per primi sono riusciti nel 1939 a raggiungerne le vette.
A Grindelwald ci è capitata un’altra cosa molto bella: l’incontro con due forumisti di Piacenza, Austria (Emanuela) e suo marito Marco, con i quali abbiamo condiviso una pizza, la gioia del viaggio, la prima pioggia da cui poi è scaturita l’alluvione. Un incontro del tutto casuale, inaspettato e molto piacevole, che ci ha resi ancora più orgogliosi di appartenere al popolo di Mototurismo.
I quattro giorni di piogge ininterrotte seguiti a questo incontro li abbiamo trascorsi col naso schiacciato dietro il vetro a seguire le operazioni di soccorso (la nostra finestra dava sul torrente straripato), a gironzolare a piedi a caccia di notizie (il black out elettrico è durato 25 ore, ancora più lungo è stato l’isolamento di telefono e televisione) su quale fosse la situazione più a valle. Ci sono voluti cinque giorni per riaprire l’unica strada che da Grindelwald porta ad Interlaken, a causa del crollo di tre grossi ponti e dell’intera ferrovia che scorreva parallela al torrente: come dicevo sopra l’abbiamo percorsa in punta di ruote, silenziosi ed attoniti, arricchiti da un’esperienza che avremmo preferito comunque non fare. Siamo rientrati dopo 15 ore di viaggio (ce ne sono volute più di tre per percorrere i primi 80 km) passando per il Sempione. Gli altri passi erano tutti chiusi e per svalicare le montagne abbiamo seguito il consiglio della Polizia e del nostro padrone di casa di caricare la moto su un treno che da Kandersted, a 1200 metri di altitudine, percorre un tunnel di 15 km che sbuca nelle vicinanze di Briga. Ora torniamo serenamente alla vita di sempre, aspettando il motoraduno di Brisighella che tra poco più di un mese ci consentirà di conoscere gli amici del forum e della redazione, un appuntamento importante al quale faremo di tutto per esserci.